Capitolo 46

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"I-io non so che dire" blatero cercando di rigettare indietro le lacrime: mi sembra un' eternità che non faccio altro che ripetere sempre le stesse cose. Ma non riesco davvero a dire altro. Quando avevo perso la sciarpa, mi ero sentita come se una parte di me fosse andava via con essa. Tutti i bei ricordi, le emozioni, legate a quell' oggetto così speciale per me, mi erano scivolati via. Pensavo che mai nulla sarebbe riuscito a rimpiazzarla, ero contraria all'idea di prendertene un'altra.Quella non era una semplice sciarpa:era la testimonianza,la prova che ogni giorno mi ricordava del mio incontro con Eren. Un ricordo così importante, così indelebile che rivivevo ogni volta che stringevo la sciarpa o assaporavo il suo profumo. Molti mi avranno presa anche per matta: insomma, chi porterebbe una sciarpa anche con trentacinque gradi all'ombra? Ma non mi è mai importato: il mio terrore più grande era quello di perderla e, di conseguenza, perdere anche una traccia di quel momento così fondamentale della mia vita. Ma adesso, mentre stringo forte la stoffa tra le dita,con gli occhi umidi e lo sguardo confuso di Eren fisso su di me, capisco che anche questa sciarpa sarà testimone di un momento fantastico.
"No, no, no" dico asciugandomi le guance con le maniche della maglia "non è colpa tua". Nonostante glielo abbia già ripetuto un paio di volte, Eren non è ancora molto convinto: non riesce a capire perchè stia piangendo e, in un certo senso, meglio così. "Davvero stai bene?" mi chiede titubante ed io osservo i suoi occhi da cerbiatto fissarmi preoccupati. "Si, non sono mai stata meglio" lo rassicuro ed è vero: questo è uno dei pomeriggi migliori della mia vita. "Mi sono preoccupato, pensavo di aver sbagliato qualcosa..." mi dice con l'aria di chi si sente responsabile per aver commesso qualcosa. "Eren, tu non c'entri nulla. Davvero. Questo è un regalo così ...". Non riesco a trovare le parole: tutta l'euforia e la commozione che sto provando non possono essere racchiuse in qualche semplice parola. Qualsiasi termine non renderebbe abbastanza l'idea. "Così indescrivibile" concludo io, leggermente rattristata dal fatto che non riesca a fargli capire cosa sto provando. Lui sembra soddisfatto di quel commento ed io spero che possa iniziare a capire la natura di quel pianto. Restiamo in silenzio un po', entrambi con gli occhi fissi sulla sciarpa. Vorrei sapere cosa sta pensando, se anche lui prova quello che sento io guardando quella sciarpa. A volte mi piace pensare che anche lui abbia un oggetto che gli ricorda me, che gli evoca un momento importante per lui in cui compaio anche io. A volte mi piace credere che anche lui abbia una mia "sciarpa rossa".
"Sono ottimi" si complimenta con me, tra un boccone e un altro "sei davvero una brava cuoca Mikasa!". Io sorrido compiaciuta e gli verso un po' di Coca Cola. "Sicura di non volerne? Li hai fatti tu e non ne hai preso nemmeno un pezzetto piccolo piccolo" mi rimprovera allungando il braccio prendendo un altro biscotto. "Stai tranquillo e mangia pure" gli rispondo io sorridendo, anche perchè dopo tutte quelle emozioni mi si è chiuso lo stomaco. È buffo da dire, ma è come se la felicità mi avesse saziato.
"Mi sa che devo andare" lo sento dire a malincuore, dopo il settimo biscotto "anche perchè se sto ancora un po' dovrò fare degli allenamenti extra per smaltire tutto questo cibo" "Ma se sei magro come un chiodo!" si intromette mia madre all'improvviso ed io inizio a chiedermi da quanto stesse ascoltando. Lui fa una breve risata e scuote la testa. Io non commento, anche se so di essere perfettamente d'accordo con mia madre. "Ti vado a prendere lo zaino!" dico invece e scappo prima che possa replicare. In camera avevo preparato un sacchettino con dei biscotti: ero quasi certa che gli sarebbero piaciuti e so anche perfettamente che non gli accetterebbe. Così li infilo di nascosto nello zaino e spero che non si metta a cercare qualcosa al suo interno. "Grazie, non dovevi" mi dice lui con tono leggermente arrabbiato "Mi sembra sempre di sfruttarti..." "Piantala con questa storia" ribatto io, visto che mi fa solo piacere fargli queste piccole cortesie. "Okay" dice lui con tono arreso e si mette lo zaino sulle spalle: è il segnale che deve andare. "Ci vediamo domani allora" gli dico sulla porta, forse con un tono troppo drammatico. "A domani" mi saluta di rimando lui e comincia ad avviarsi. Lo osservo allontarsi sulla strada,con la luce del sole al tramonto che proietta la sua ombra allungata sull'asfalto. E intanto gioco con un filo della sciarpa.

Buonjour, scusate se ieri non ho postato😫 domani provo a scrivere due capitoli per recuperare 💪cmq ci avviciniamo alle 3000 letture 😍😍😍 non l'ho ancora realizzato: come Mikasa in questo capitolo, anche io non riesco a trovare le parole per descrivere la gioia e la commozione che provo. Grazie💗
Byeee

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