Capitolo 99

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Osservo la portiera dell'auto della polizia chiudersi. Mentre la guardo allontanarsi verso la centrale, ripercorro i pochi istanti appena trascorsi con in sottofondo la melodia assordante delle sirene. Vedere Sayo, la sua leccapiedi, Rainer e Annie venire portarti via come dei criminali è qualcosa che non ha prezzo, uno spettacolo che mai mi sarei persa. Il loro negare l'evidenza, cercare di discolparsi, tentare di fuggire dalle tanto non considerate conseguenze : tutto è stato perfettamente inutile. Sono stati prelevati, scortati e condotti alle auto della polizia nella maniera che si può ritrovare in qualsiasi film americano che si rispetti. Tutto sotto il mio sguardo attonito, incredulo, che dietro celava un sollievo indescrivibile. Uno sguardo. Anche Sayo me ne ha rivolto uno, ben diverso da quello che troneggiava sul mio viso: odio, solo odio ho visto bruciare in quelle perfide pupille. Nulla di più. Sinceramente mi sarei aspettata che mi urlasse contro, mi insultasse, come aveva fatto con il sovrintendente: e invece niente. Si è limitata a fulminarmi con un paio di sguardi, che lasciavano intendere chissà quali parole di odio. Nemmeno io le ho parlato. Pensavo che sarei andata lì con qualche frase d' effetto, che la segnasse per sempre. Insomma quel genere di frasi che la protagonista rivolge al cattivo prima di farlo fuori. Ma, nuovamente, le mie fantasie sono rimaste tali: non credo sarei riuscita a pronunciare neppure il mio nome in quel momento. Probabilmente, avrei persino dovuto pensare a quale fosse il mio nome. Ero attonita, in balia di un tornado di emozioni che non riesco tutt'ora a decifrare. Neanche Rainer ha rispettato i miei scenari immaginari: quello che credevo avrebbe avuto un migliore autocontrollo, si è rivelato il più bambino di tutti. Mentre lo portavano via tentava in maniera patetica di scappare dal poliziotto, urlando frasi ripetitive e inutili come "sono innocente!". Ad un tratto sono quasi convinta che piangesse. Chi avrebbe mai detto che un ragazzo così possente e forte, almeno apparentemente, potesse essere in realtà un simile piagnucolone. Quando si dice tanto fumo e niente arrosto. Qualcuno che però non si è smentito c'è stato: Misa, che come ci si sarebbe aspettato ha cominciato a balbettare in maniera incomprensibile per poi cadere in una fase di trans, e lei, Annie. Non sono rimasta stupita nel vederla portare via mentre lei teneva la sua tipica espressione indifferente. Non ha opposto resistenza, non ha provato a difendersi dalle accuse, non si è mostrata spaventata o arrabbiata o qualsiasi cosa dovrebbe essere una persona con dei sentimenti davanti ad una situazione simile. Non ha sbattuto ciglio, come se stesse andando in biblioteca o chissà dove. Questo, devo ammetterlo, mi ha quasi dato fastidio: vederla così indifferente, così fredda, così Annie  anche in quel momento, come se volesse dimostrare che nulla possa ferirla. Sebbene sapessi perfettamente che si sarebbe comportata in questa maniera, la parte più vendicativa di me sperava ancora nel cogliere anche solo un briciolo di debolezza in quei due occhi di ghiaccio. Ma sono rimasta a bocca asciutta. Scuoto leggermente la testa, come per risvegliarmi dai miei pensieri e mi accorgo che ormai non si sente neppure più il frastuono delle sirene. Ho ancora lo sguardo fisso dove prima si trovava l'auto, su cui era salito il sovrintendente. Mentre conducevano via Sayo e gli altri deve avermi parlato parecchio: ricordo il ronzio ininterrotto della sua voce, ma non una sola parola. Mi sento in colpa per questo, è grazie a lui se è stata fatta giustizia... più o meno. So benissimo chi non potrò mai finire di ringraziare. E so anche benissimo che lui non vorrà mai i miei ringraziamenti. Sento dei passi avvicinarsi a me: sono lenti, leggeri. Chiunque sia, non vuole disturbarmi o farmi sapere della sua presenza. Non mi va di voltarmi, non ancora. La persona si siede accanto a me: per quanto impercettibile, mi arriva il profumo di té nero che lo contraddistingue. Non dice niente. Se non sarò io parlare, potremmo restare in silenzio per ore. Provo a cercare nella mia mente le parole con cui rompere il silenzio, che possano esprimere almeno in parte la gratitudine che ho nei suoi confronti. Non mi viene in mente nessuna parola adatta, se non quella che mi esce profonda e sincera, senza che me nemmeno me ne accorga: "Grazie". "Non sono venuto qui per i tuoi ringraziamenti, ma per darti questa": il suo tono è quello di sempre, ma non così disinteressato e freddo come al solito. Mi volto verso di lui e per poco non mi viene un colpo. Resto a fissarla, senza nemmeno riuscire a sfiorarla. "Il sovrintendente l'ha trovata nell'armadietto di quel bastar-  tsk, di Rainer" mi spiega alzandosi e si allontana senza aggiungere altro. Sa perfettamente quanto gli sia grata e non sopporta le dimostrazioni d'affetto: sta scappando da una situazione che potrebbe rivelarsi troppo dolce o commovente per i suoi limiti. Rimango nuovamente sola. Finalmente trovo il coraggio di prenderla in mano: mentre stringo la lana rossa tra le dita, affondo il naso tra in quella morbidezza. Così, con il viso incastonato tra quei fili infuocati e l'animo libero da qualsiasi pensiero, piango in silenzio, con sola certezza che quelle a scendere sono lacrime di gioia. 

Buonasera!💗 Lo so, sembra impossibile, ma no, non state sognando: ho postato due volte in una settimana WOAHHH😆😋Sono proud di me stessa lol Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a lasciare la vostra opinione nei commenti💗💗 Spero di riuscire a postare prossimamente😙
Byeeee

Ps: ma quanto è brutto il numero 99? I mean, mi da un senso di incompletezza assoluta lol Sarà uno stimolo per postare al più presto il capitolo 100

Tell Me You Love Me [Completa]Where stories live. Discover now