Capitolo 92

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Apro lentamente gli occhi, tentando di mettere a fuoco le figure sfocate e confuse che ho davanti. Dove mi trovo? Che è successo? Provo a muovermi: una fitta lancinante mi blocca. Solo ora mi accorgo che la testa mi pulsa e che il mio corpo è tutto indolenzito. Come il dolore, anche i ricordi iniziano ad arrivare piano piano: poche e precise immagini, che riportano a galla nella mia mente i momenti passati prima di svenire. Comincio anche a realizzare dove sia in questo momento: le lenzuola immacolate, un muro verde chiaro, due grandi finestroni che fanno entrare la luce, qualche sedia vicino al letto, un rumore di passi e voci nel sottofondo, mischiato a quello del macchinario al quale sono collegata tramite un tubicino. Tutto questo porta ad un solo posto: ospedale. 

Probabilmente non dovrei farlo, ma non mi importa. Stacco il tubicino dal braccio, ignorando a cosa mi possa servire. Non ci vorrà molto, mi basterà anche solo qualche minuto. Ogni piccolo movimento mi provoca un dolore atroce, ma non mi arrendo. Mi metto con le gambe che penzolano dal bordo del letto: resto così qualche istante, a fissarle. Provo a farle oscillare e loro rispondono ai miei comandi, seppure a fatica. Poso un piede a terra. Ho un piccolo brivido non appena le dita entrano in contatto con la superficie fredda del pavimento, ma ne sono felice: vuol dire che riesco ancora a sentire qualcosa oltre a questo dolore. Poso anche l'altro piede, con un fare talmente cauto che faccio quasi fatica a riconoscermi. Respiro profondamente, affondando le mani nel materasso. Devo farcela, lo devo chiamare. Faccio per alzarmi, ma le gambe troppo deboli non riescono a reggermi. Ricado subito sul letto. Accidenti. Stupide gambe. Mi ritiro su, pronta a riprovarci... ma non a fallire. "Ascoltatemi" dico a bassa voce fissandole "ora voi vi alzerete e vi muovere. Avete capito?". Respiro nuovamente e mi alzo di scatto. Resto ferma, in piedi. Sento che tremano per lo sforzo, ma continuano a reggermi. Okay, ora devo solo muovermi. Faccio un passo: seppure piccolo, mi sento come se ne avessi appena fatti altri mille. Me la pagheranno quei bastardi. Ma prima lui. Mi avvicino gradualmente e lentamente alla porta: appena la raggiungo, mi ci appoggio subito. Mi accorgo che sto ansimando, ansimando perchè ho fatto nemmeno due metri. Ora più che mai ho bisogno di lui. Abbasso la maniglia e apro a fatica la porta. Subito i miei occhi cadono sul telefono dell' ospedale. Non è troppo lontano, se procedo rasente al muro posso farcela. Inizio a camminare, tenendo lo sguardo fisso sul mio obbiettivo. Ignoro il dolore, a cui mi sto evidentemente abituando. "Signorina, cosa sta facendo?". Una voce dietro di me: è femminile, giovane, non ha un tono arrabbiato, direi preoccupato. Un' infermiera. Accelero, per quanto possa farlo. Non mi fermerà proprio ora. "Signorina, la prego, si fermi.Non dovrebbe essere qui." continua a rimproverarmi lei e me la ritrovo di fianco. Dimenticavo di essere una tartaruga al momento. "Perchè è uscita dalla sua stanza? Non mi pare abbia un' autorizzazione... nelle sue condizioni dovreb-" "Una telefonata" la interrompo secca. Lei rimane un attimo spiazzata ed io ne approfitto subito. "Ci vorrà un secondo, lo giuro" dico tentando di proseguire, ma non riesco a muovermi : mi sta tenendo il braccio, ecco perchè. Non mi fa male, ma la stretta è decisa. Non ha intenzioni di mollarmi. "La prego" la supplico io "Mi servono due minuti". Mi squadra e scuote la testa. "Signorina lei sta molto male, non dovrebbe nemmeno essersi alzata dal letto. Il suo corpo è debole e lei deve riprendersi". Sento che inizia a portarmi verso la stanza. Eh no stronza, col cazzo che torno indietro dopo tutta sta fatica. Mi impunto, cerco di opporre resistenza. "Mi lasci!" sbotto alzando leggermente la voce: al diavolo le buone maniere. "Potrà fare tutte le telefonate del mondo non appena si sarà ripresa" mi tranquillizza lei, aprendo la porta della mia stanza. Solo adesso mi rendo conto di quanto mi ci sia voluto per percorrere uno spazio così minuscolo. "I-Io..." inizio a balbettare, sentendomi sopraffatta dalla stanchezza e dallo sforzo "Volevo sentire la sua voce...". Sento le gambe cedermi: avete comunque fatto un buon lavoro, grazie. La vista inizia ad appannarsi di nuovo. Oh, no. Sento l'infermiera che tenta di rialzarmi e blatera qualcosa di rassicurante. Poi un grido. Conosco quella parola. La persona la ripete di nuovo, ma sta volta mi pare più vicina. I suoni mi arrivano ovattati. Una nuova figura arriva davanti a me. Continua a ripetere quella parola. Provo a capire chi abbia davanti, ma i miei occhi sembrano non voler collaborare. Occhi. Gli occhi della persona che ho davanti sono bellissimi. Sono così... verdi. Finalmente tutto mi appare lucido. Quello che ho davanti è il mio Eren e la parola che mi suonava così familiare è il mio nome. Mikasa. Ecco cosa gridava. Mikasa.

Salve a tutti!😀Questo è il nuovo capitolo e spero vi piaccia😏 Ho sofferto a scriverlo, vi giuro: mi sento in colpa per ciò che ho fatto  a Mikasa . Anyway, lasciatemi la vostra opinione nei commenti  💕
Byee

Tell Me You Love Me [Completa]Where stories live. Discover now