- 3- Michele

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- Sei una comunicante, è per questo che sei stata attaccata

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- Sei una comunicante, è per questo che sei stata attaccata. - tentò di spiegarmi l'uomo sconosciuto. Strabuzzai gli occhi a quella affermazione, come se mi stessi appena ridestando da un sogno ad occhi aperti.

- No, ti sbagli! Sono una barista, al massimo una cameriera, ma niente di quello che hai detto! E poi cosa avresti detto? Comunicante?-Risi senza motivo, una risata tremante, acuta, isterica. Sicuramente non ero divertita dalla situazione assurda in cui mi trovavo.

- Ezechiele, ascoltami! Non è un gioco.- mi ammonì lui.

- No, ascoltami tu! Comunicante e aggredita da uno sconosciuto? Mi prendi in giro? Io non mi chiamo Ezechiele e poi chi mi assicura che non sei stato tu ad aggredirmi?-Lo attaccai brusca.

Ero stanca di quel gioco. Doveva essere uno squilibrato. Senza dubbio un pazzo, forse scappato da un manicomio, dovevo fuggire via da lì.

- Non ricordi il suo viso?- chiese visibilmente preoccupato.

- No, ricordo il modo delicato con cui mi ha stretta e l'odio con cui mi parlava, ma non riesco a mettere a fuoco l'immagine del suo volto.

Guardai le lenzuola morbide del letto su cui ero stesa e strinsi ancora di più i pugni. I muscoli cominciavano a risvegliarsi. Avevo bisogno di un piano di fuga.

- Non pensarci neanche. Non fuggirai da qui. Ho impiegato molto tempo per trovarti, non posso lasciarti andar via adesso. Solo così potrò proteggerti.

Scrutava i miei occhi e origliava fra i miei pensieri.

Come è possibile? Deve essere un sogno. No, un incubo. Svegliati Bianca, svegliati! Maledizione! 

- Non ricordi proprio nulla, eh? -un sorriso sghembo gli rigò le labbra. Si alzò dal letto e lo aggirò, fermandosi di fronte, ai suoi piedi. 

Sembrò quasi un tentativo gentile per tranquillizzarmi, mettendo fra noi delle distanze. In parte ebbe l'effetto desiderato, ma non cambiava il fatto che fossi senza forze in un letto sconosciuto, in un appartamento troppo lussuoso per essere situato in periferia. Non gli staccai gli occhi di dosso. Il modo in cui si muoveva era aggraziato, quasi affascinante, come se ogni movimento accarezzasse l'aria e i suoi tratti delicati poi, avrebbero ingannato ogni donna che lo avesse incontrato per strada. Sembrava un angelo.

I boccoli biondi gli ricaddero in  avanti lungo le guance bronzee quando si voltò. La chioma riccioluta risplendeva sotto i timidi raggi del sole che osavano filtrare dalle veneziane e brillavano come lo zafferano appena raccolto, combinandosi perfettamente con le iridi ambrate dei suoi occhi, occhi fieri e orgogliosi, screziati da filamenti dorati così sottili e numerosi da sembrare delle piccole crepe nelle iridi. Riempiva divinamente la maglia di lino che gli accarezzava il torace muscoloso ma snello, messo ancora più in risalto dal bianco del tessuto. Solo i suoi discorsi insensati stonavano nel quadro angelico che avevo davanti.

Dark plumeWhere stories live. Discover now