- 8 - Raffaele

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Devo essere in paradiso

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Devo essere in paradiso. Me lo aspettavo più luminoso, ma vedo dei bambini alati proprio di fronte a me, deve essere il paradiso. 

Aprii bene le palpebre e realizzai che i bambini alati, per quanto reali potevano sembrarmi, erano immobili ed inanimati davanti ai miei occhi. Volteggiavano felici tra le volte, racchiusi in lucidi intrecci dai disegni geometrici.

Una chiesa? Cosa ci faccio in una chiesa? 

- Non temere, siamo arrivati. - il timbro basso della sua voce fece eco fra i soffitti alti arcuati, rimbalzando fra le spesse pareti.

Mi guardai intorno, tre navate sorrette da colonne di marmo, tenevano su le mura di quella che sembrava un'antica chiesa medievale. Pochi dipinti, ma tutti parevano avere gran valore, rendevano quel luogo un piccolo e sobrio gioiello, immerso in vistosi ed eccentrici diamanti. Semplice e silenziosa, infondeva un forte senso di pace con la sua discrezione e sacralità, un luogo unico non anonimo per lo stile pomposo di Milano.

Michele mi aiutò a sollevarmi dal gelido pavimento e mi fece sedere su una delle scure e dure panchine di fronte all'altare. Persino questo era casto, decorato solo con pochi candelieri in argento e corone di calle; lì accanto, sotto la luce fioca delle candele, una grossa croce di legno custodiva la pace di quel luogo, donandogli però un aspetto sinistro. Pareva essere molto antica, come se fosse piantata in quel posto da secoli, come se ci risiedesse da prima della chiesa stessa. Forse aveva un qualche valore storico, ma io non ero un'esperta di storia dell'arte e tutto quello che notai furono due patene in metallo e un calice sulla lastra scura dell'altare. 

Ero molto debole e sentivo le laceranti ferite bruciare, come se stessi andando letteralmente a fuoco.

- Dove siamo? Perché una chiesa può guarirmi? - dissi tra i gemiti di dolore che non riuscivo a trattenere. L'adrenalina non sortiva il suo effetto o semplicemente il mio corpo non la produceva più, lasciandomi in preda a violenti spasmi, che sembravano contorcere ogni singolo muscolo.

- Ezechiele, così mi offendi! Non è la chiesa che può guarirti, ma il suo umile guardiano. - Una voce vivace e soffice accarezzò le mie orecchie.

Era un uomo, ma non aveva il tono profondo e basso che contraddistingue il genere maschile. Sbucò da dietro il pulpito e si avvicinò a me, fermandosi a poco più di mezzo metro. Mi si inginocchiò di fronte, portando le nostre facce alla stessa altezza. Allungò una mano nella mia direzione e prese una ciocca dei miei anonimi capelli castani fra le dita, non mi aspettavo che lo facesse, anzi nessuno prima lo aveva mai fatto, ma avvicinò le sue labbra ai sottili fili scuri e disse:

- In questa vita sei davvero splendida.

Mi conosceva? Anzi, mi aveva già conosciuta? Ma soprattutto, chi poteva fare un complimento di quel tipo a una donna agonizzante ricoperta di sangue?

Lasciò scivolare via i lunghi capelli e fissò i miei occhi con le sue iridi azzurre. I filamenti chiari che gli ricoprivano la testa gli si mossero dietro al collo, quando sollevò il viso per guardarmi, lasciando scoperto il candido volto dai lineamenti morbidi e quasi femminili. Persino le sue labbra erano armoniose come l'ovale del suo volto e formavano un piccolo e morbido cuore appena sopra il mento.

Che essere affascinante ed angelico

La ciocca mi ricadde sulla spalla insanguinata e si incollò alla pelle.

-Raffaele, la stai spaventando - La ruvida voce di Michele interruppe la mia contemplazione, la sua mano accerchiò il mio polso, tirandolo via verso di lui. 

Strisciai il sedere sulla panchina per la forza con cui mi aveva allontanata dall'altro uomo e mi ritrovai seduta all'estremità opposta di questa.

- Non sono spaventata. - replicai, staccando gli occhi da quell'angelico uomo, per posarli sull'enigmatico guerriero celeste.

-Certo che lo sei, l'ho visto. - affermò infastidito.

- Avrai visto male. E poi voglio che la smetti di frugare tra i miei pensieri!- provai a sollevare il braccio per puntargli un dito contro come avvertimento ma subito lo abbassai, gemendo per il dolore.

- Allora non guardarlo negli occhi.

La dolce voce di Raffaele mi raggiunse e, come se mi avesse attratta nella sua direzione, girai il volto di scatto verso di lui e Michele fece lo stesso. Eravamo entrambi incantati a bocca aperta a fissare il delicato volto del guardiano della chiesa, ma con sentimenti contrapposti. Michele sbuffò scocciato, mentre io spalancai un radioso sorriso, nonostante il bruciante dolore ai muscoli.

- Fratello, non glielo avevi detto? Non è carino spiare, dovresti saperlo! - Il tono divertito di Raffaele non era casuale, dovevano punzecchiarsi spesso.

- In questa vita è più testarda delle altre. - rispose Michele calciando un sasso invisibile sul pavimento.

- Come ti permetti, Maledetto uccellaccio! Sei stato tu a rapirmi, non vorrai che ti ringrazi per avermi sequestrata! - replicai velenosa. 

Non avevo perso il mio spirito combattivo, almeno quello era un buon segno.

- Uccellaccio? Come osi? Sono una delle più riuscite creature di Dio!- affermò lui orgoglioso, tornato a puntarmi con stizza.

- Credevo avessi detto che fossimo noi comunicanti, le creature migliori del disegno divino! - sentenziai vittoriosa, azzittendolo.

Michele mi guardò infuriato, forse nessuno in tutti questi secoli aveva osato chiamare uccellaccio un arcangelo, ma lui aveva invaso la mia vita, i miei pensieri e si rifiutava di farmi tornare a vivere a casa mia. Non ero giustificata?

- Okay, va bene ragazzi! Che ne dite di pensare prima alle ferite di Ezechiele? Poi voi innamorati potrete continuare con i vostri litigi di coppia.

Raffaele aveva poggiato una mano sul petto di entrambi, posizionandosi al centro fra il fratello e la panchina su cui ero seduta. Michele si voltò dandoci le spalle e si allontanò di qualche passo, lasciando a noi due un momento di riservatezza.

- Vedo che non temi la furia di Michele. - disse sorridendo.

- È lui che dovrebbe temere la mia! - risposi rissosa, lanciandogli un'occhiata arrogante.

- Sì, probabilmente con questo temperamento anche tu saresti riuscita a sgominare le truppe di Satana.

Scoppiò in una fragorosa risata che si propagò velocemente in tutta la Chiesa, provocando un assordante effetto eco, che irritò maggiormente Michele.

- Raffaele, muoviti a guarirla! - ordinò con un ringhio gutturale.

L'angelo mi mandò un'occhiata d'intesa, alla quale sorrisi di rimando, poi tornò improvvisamente serio e i suoi occhi cominciarono a brillare, illuminando persino le volte della piccola chiesa.

Chiusi le palpebre d'istinto e fui avvolta da una calda brezza, proprio come quelle che ti accarezzano il volto nelle prime giornate di estate, calde e vellutate, accoglienti e rilassanti, delicate e rigeneranti. Un formicolio piacevole mi fece vibrare ogni muscolo, rilassandomi, come una leggera carezza. Non avrei saputo dire quanto tempo fosse durato, ma a me sembrò comunque troppo poco e quando il flebile vento si calmò, sentii subito la mancanza del suo tocco.

Fu in quel momento che capii cosa intendeva il guerriero di Dio con soffio guaritore di Raffaele.

Fu in quel momento che capii cosa intendeva il guerriero di Dio con soffio guaritore di Raffaele

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