- 29 - Gelosia

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Spalancai gli occhi e inspirai tanto profondamente da costringere la mia schiena ad inarcarsi al massimo, come se il mio spirito fosse stato risucchiato dal corpo che ne reclamava il ritorno

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Spalancai gli occhi e inspirai tanto profondamente da costringere la mia schiena ad inarcarsi al massimo, come se il mio spirito fosse stato risucchiato dal corpo che ne reclamava il ritorno.

Ero di nuovo nella vita reale, nella casa che dividevo con Michele.
Mi guardai intorno cercando proprio lui, ma ero da sola. Mi sollevai dal letto senza poca fatica, risistemandomi il chemisier lungo i fianchi e mi incamminai verso la sala da pranzo ancora scalza.

 Non capivo a cosa servisse questa stanza, non la usava mai nessuno. Io pranzavo sempre prima di iniziare il turno a lavoro, placando la fame col solito toast e, prima di tornare a casa, io e Susanna mangiavamo insieme a Carlo e Carmen le patatine fritte o le alette di pollo alla paprica che nessun cliente aveva comprato, mentre lui... Lui pareva non mangiare affatto. 

Quella sala quindi sembrava un inutile spreco di spazio. Era dotata di una componibile grigio fumo, fornita di elettrodomestici di ogni tipo, dal forno a microonde alla lavastoviglie, mentre un tavolo della stessa tinta era abbandonato nel lato opposto. La stanza era davvero grande, sembrava che avessero unito due camere formandone una sola e, al centro, sotto l'arco che le congiungeva, due colonne in marmo rosa sostenevano il soffitto. Forse l'unico pasto che era stato poggiato su quel tavolo era stato la mia colazione, il giorno in cui le arpie ci avevano attaccati. L'unico elettrodomestico che era stato realmente usato era la macchinetta del caffè, ma quella potevamo metterla ovunque, persino in bagno. 

Sentivo dei suoni provenire dalla cucina e riconobbi subito il timbro del guerriero. Sembrava parlare silenziosamente con qualcuno, ma percepivo solo la sua voce. Mi avvicinai ancora, attraversando il corto corridoio che congiungeva la zona giorno alle camere da letto, fino a fermarmi sotto la soglia della stanza in cui era. Mi affacciai e ne restai stupita. Non c'era nessun altro con lui.

Era lì immobile da solo di fronte alle grandi colonne di marmo rosa che sostenevano il soffitto della spaziosa sala, ma la cosa che mi stupì di piu' era la luce accecante che invadeva ogni cosa. Ogni oggetto lì presente pareva avere un colore diverso, più acceso, come se quei raggi, passandogli attraverso, riuscissero ad enfatizzarne le tonalità, persino le tazzine marroni da caffè risplendevano, creando, insieme alle altre luci, un insolito riflesso colorato, come un arcobaleno dopo la pioggia. E io mi sentii improvvisamente in pace.

 Michele sembrava incosciente, potevo vedere solo la sua schiena nuda risplendere di un chiarore insolito per il suo colorito bronzeo e i boccoli dorati, oramai resi quasi bianchi, ricadergli appena sulle larghe spalle. L'angelo era inginocchiato con una mano sul torace all'altezza del cuore e teneva il capo chino in segno di rispetto, come se di fronte a lui ci fosse qualcuno di importante, un potente re. Era un'immagine ammaliante dotata di eterea bellezza.

-Come desideri. Sarò sempre ai tuoi ordini. Illumina il mio cammino e schiarisci la mia mente, guida la mia mano e segui i miei passi in questa via oscura e tortuosa, affinché io non possa perdermi e la mia anima smarrirsi. Padre, aiuta il tuo umile servo e figlio, e io sempre sarò al tuo comando.

Dark plumeWhere stories live. Discover now