- 13 - Anche gli angeli preferiscono la metro

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Avevo chiamato mia madre e le avevo dato la reale spiegazione dei fatti accaduti negli ultimi due giorni, insomma quella che poteva avvicinarsi ad una realtà accettabile per una comune impiegata di banca

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Avevo chiamato mia madre e le avevo dato la reale spiegazione dei fatti accaduti negli ultimi due giorni, insomma quella che poteva avvicinarsi ad una realtà accettabile per una comune impiegata di banca.

Avevo pensato di nuovo alla mia famiglia, dopo due giorni di storie folli ed al limite anche della fantasia, avevo ripensato a come era vivere all'oscuro di tutto.

Mi piaceva la mia vita. Mi piaceva la mia famiglia. Ma cosa erano? Non potevo pensare che tutto fosse un'illusione. Un idillio creato apposta per me da Dio, il mio confidente personale.

L'amore dei miei genitori ed il calore della mia famiglia non potevano essere una mera finzione. Mi rifiutavo di credere di aver vissuto in una bolla di sapone, lucente e avvolgente dentro, ma fragile e volubile fuori.

Mi ero creduta libera, perché non ero riuscita a vedere le catene, ma di una cosa ero certa: La mia vita era stata reale.

Le persone che avevo conosciuto erano vere. Il loro amore nei miei confronti era sincero.

Almeno questo era quello che avevo bisogno di credere.

Il cellulare squillò fra le mie mani, risvegliandomi da quei pensieri.

Il nome Susanna apparve sul display del telefonino ed io risposi.

La voce della mia collega mi raggiunse attraverso l'apparecchio squillante e briosa come sempre. Come lei.

-Bia, stai bene? - mi chiese preoccupata dopo aver sentito il mio tono di voce spento.

- Sì, Susi, perdonami ma ho avuto molto da fare.- cercai di giustificarmi, mordendomi la guancia colpevole.

- Ma non eri malata?- mi chiese sospettosa. - non sembri appena uscita da un'influenza non hai nemmeno la voce rauca.

Giusto, la storiella di Michele per spiegare la mia assenza dal lavoro!

-Sì, ma adesso sto molto meglio - dissi, mentendo spudoratamente. - domani verrò di certo.

 I sensi di colpa mi fecero aggrovigliare lo stomaco. Susanna non meritava tutte quelle bugie. Era stata sempre gentile con me, fin da quando due mesi prima avevamo incominciato a lavorare al bar. Eravamo andate subito d'accordo, lei era sempre solare e spigliata mentre io ero solitaria prima di conoscerla. C'era sintonia fra noi. Era una mia amica e ci divertivamo tanto insieme.

-Allora ci vediamo domani!- disse speranzosa, facendomi pensare di esserle mancata.

-Sai Carlo e Carmen sono simpatici, ma tu sei tu. 

 Il lavoro doveva essere stato una vera noia senza di me e Carmen non era certo una gran chiacchierona, anzi, per la gran parte del tempo non ti accorgevi nemmeno della sua presenza. Solo Carlo, di tanto in tanto riusciva a strapparle qualche parola, giusto un sì o un no, fra una domanda e l'altra. L'idea che forse la sua timidezza fosse dovuta all'infatuazione per lui mi fece sorridere. Probabilmente non sarebbe mai riuscita a fargli accorgere dei suoi sentimenti a quell'omone castano dai capelli a spazzola o forse era solo una mia supposizione, magari era silenziosa perché odiava passare del tempo con lui, erano spesso in turno insieme, come io ero spesso con Susi, per questo eravamo riuscite a legare tanto.

Dark plumeWhere stories live. Discover now