- 31 - Lo so che origliare è sbagliato

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Uscii dallo studio del capo e mi appoggiai alla porta

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Uscii dallo studio del capo e mi appoggiai alla porta. Era stato comprensivo, non era poi così rigido in fondo, mi aveva persino dato una pacca di incoraggiamento. La notizia dei miei genitori sembrava avergli riportato in superficie un briciolo di umanità.

Presi un profondo respiro e guardai il quadro elettrico generale che avevo di fronte. Da lì il corridoio portava nel retro, dove sistemavamo tutta la merce da vendere.

Sentii bisbigliare e mi addentrai curiosa nel corridoio. Un forte rumore arrivò dal magazzino, come se dei grossi scatoloni fossero rotolati giù da uno scaffale. Mi avvicinai alla soglia e spiai all'interno.

-Carmen, che diavolo fai! - urlò Carlo contro la lunga mora. 

Lei cercò di farfugliare qualcosa mentre provava a raccogliere delle bottiglie da terra, ma non riuscì a formulare una frase di senso compiuto.

-Sei sempre la solita! Potresti scendere dalle nuvole e unirti a noi comuni mortali ogni tanto?- La rimproverò duro. 

Perché si comportava così? Lui era sempre comprensivo con tutti, invece trattava la più dolce e indifesa delle sue colleghe in quel modo.

La donna lasciò andare le bottiglie e si rimise dritta, non riuscendo comunque a guardarlo in viso.

-M-mi dispiace. -riuscì a biascicare Carmen, mentre si sfregava i palmi sui fianchi. 

La stava facendo cedere, era già una persona timida e ansiosa con qualsiasi estraneo, ma con Carlo diventava particolarmente silenziosa e remissiva, mentre lui sembrava accanirsi contro di lei. Più Carmen si mostrava debole, più Carlo la trattava con durezza.

Che uomo senza cuore! Ora entro e ti faccio vedere io!

Il comportamento del mio collega mi lasciava interdetta. Non potevo credere che quel gigante buono potesse essere così spietato.

-La smetti di balbettare? Non hai un po' di carattere?

Vidi gli occhi della giovane donna riempirsi di lacrime e le guance pallide arrossarsi e sollevarsi nel tentativo di reprimerle. Sarebbe scoppiata, era questione di secondi e sarebbe esplosa in un pianto a dirotto.

-Sei debole Carmen! Terribilmente debole! - Infierì e lei sgranò gli occhi scuri sotto la frangia corta. -Ogni cliente vedendoti così cercherà di umiliarti, te ne rendi conto?

Gli occhi cervoni di Carlo erano duri e spietati, per nulla impietositi dalla fragilità della ragazza di fronte a lui.

-Non sei fatta per un lavoro come questo! Devi darti una svegliata!

Non resistetti più. Dovevo fermarlo. Si comportava da vero idiota e lei era una stupida ad essersi infatuata di lui. Nessuno aveva capito che tipo di persona fosse. Carmen lasciò andare la stoffa del grembiule e scattò. Prese a correre e lasciò spazio alle lacrime che stava così tanto faticosamente cercando di reprimere. Stavo per correre verso di lei, ma mi bloccai sui miei passi. Carlo l'aveva raggiunta prima di me e l'aveva afferrata per la vita, bloccandole le braccia sotto le sue.

-Mi dispiace - disse col suo timbro forte e con le labbra schiacciate sui capelli bruni di lei. -non volevo ferirti.

Gli occhi scuri della donna grondavano di lacrime e tirava su' col naso tra un singhiozzo e l'altro.

-Quando una questione mi interessa particolarmente, divento duro senza motivo.

Sorrisi e mi accarezzai le guance con le mani.

-Carlo, mi dispiace.- farfugliò la mora ancora con le braccia bloccate sotto quelle grandi e muscolose di lui. Aveva una certa fissazione per la palestra, doveva passarci ore per avere dei bicipiti come quelli.

-Carmen, quello che volevo dire è che se non impari a fregartene resterai sempre male per le reazioni altrui. Io stesso volevo solo spronarti a essere meno docile.

-Ho capito.- disse lei calmandosi.

-Potevi anche mandarmi al diavolo, ma non dovevi lasciarti trattare in quel modo!

Poggiò la fronte sulla testa di lei.

- O perlomeno, non prendertela sul personale, lascia andare ogni commento, non ascoltarlo se questo è sgarbato. Carmen, fregatene e basta!

Dovevo andarmene da lì, se si fossero accorti di me avrei fatto la figura dell'impicciona con i miei colleghi. Indietreggiai cauta, guardando vicino ai miei piedi. Non dovevo colpire nulla. Non dovevo fare rumore. Dovevo lasciarli da soli e smettere di origliare la loro conversazione o, conoscendo Carmen, non sarebbe stata più capace di guardarmi in faccia per la vergogna. E poi anche io avevo il mio bel da fare, dovevo affrontare un lungo viaggio in cerca di un essere chiamato tessitrice e soprattutto dovevo trovare il coraggio di affrontare Michele dopo quello che c'era stato tra noi.

 E poi anche io avevo il mio bel da fare, dovevo affrontare un lungo viaggio in cerca di un essere chiamato tessitrice e soprattutto dovevo trovare il coraggio di affrontare Michele dopo quello che c'era stato tra noi

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Dark plumeWhere stories live. Discover now