- 23 - Eterno come il fuoco greco

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Gli inferi, il giorno dello scontro con Belial:


Le fiaccole ardevano ai lati della buia galleria. Illuminavano il mio cammino lungo lo stretto passaggio che mi avrebbe portato alla sala del trono. Mi fermai sotto la soglia della stanza e accarezzai la ruvida porta di argento che era all'entrata. Era finemente decorata su tutta la sua lunghezza con foglie d'oro e piena di intarsi rappresentanti figure umane e animali al centro di quella cornice gialla. Feci scivolare la mano sulle figure umane presenti e al mio tocco, queste presero a muoversi e a lamentarsi. Erano dannati a cui avevo posto io stesso fine. Si contorcevano di dolore ed emanavano lamenti strazianti. Un fumo scuro cominciò a fuoriuscire da quelle immagini lamentose, la mia mano infuocava la loro pelle, anche se non la possedevano quasi più, e al solo tatto riuscivo a percepire il dolore lacerante che gli provocavo, un dolore che avrebbero patito in eterno. Sorrisi al solo pensiero. 

Traditori, smidollati, esseri inutili.

Spinsi la porta facendola aprire e questa si spalancò completamente mostrandomi l'aula dove la mia autorità era unica e indiscussa. Vuota e scura, illuminata solo da poche fiammelle di fuoco greco, che continuavano a ondeggiare senza darsi tregua, come se combattessero contro un continuo vento che le faceva traballare senza sosta. Erano le grida dei dannati a provocare quel flusso d'aria sottile e costante, come il loro lamento. Quei suoni mi cullavano durante le mie giornate, facendomi compagnia nell'attesa della vittoria, attesa che si era dimostrata molto lunga.

Entrai nella sala del trono con il mio passo leggero, non toccando quasi il lucido marmo nero sotto i miei piedi, e mi avvicinai al seggio riccamente decorato al centro della stanza. La sentii avvicinarsi, il suo profumo era inconfondibile, sapeva di terra bagnata e primule in fiore.

-Core, finalmente...

La donna si inchinò davanti ai miei piedi rispettosa, ma solo nell'atteggiamento formale, il suo sguardo continuava ad essere pieno di disprezzo e odio anche dopo tutti quei secoli.

-Continua così... amo il tuo sguardo, mi ricorda la vittoria.

La donna abbassò il volto senza rispondere e io continuai. Sapeva come non farsi punire dopo tutti questi secoli in cui le avevo fatto infliggere logoranti torture per riuscire a piegare il suo animo combattivo, tipico di una dea.

-Presto avrò bisogno di te. Non dimenticarti il nostro patto.

-Non abbiamo un patto! - affermò sprezzante.

-Che dici piccola dea, non ricordi? Se ti comporterai come devi, ti farò rivedere Raffaele. Questo è un patto! E il diavolo rispetta sempre i suoi contratti.

Il mio tono suadente, tendeva sempre ad avere un retrogusto perfido.

La donna non rispose, era tornata a fissare il pavimento sotto la sua testa.

Dark plumeWhere stories live. Discover now