- 22 - La trappola e l'inganno

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Continuavo a fissare quella stanza vuota, Bianca non sarebbe più tornata di sua spontanea volontà

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Continuavo a fissare quella stanza vuota, Bianca non sarebbe più tornata di sua spontanea volontà. Niente ci univa e il suo orologio vitale era legato ad un filo. Se non fossi riuscito a ridarle il suo destino, si sarebbe trasformata in un anemone, ma ora il reale problema era che lei non rivoleva il suo fato, non voleva essere legata a me.

Il viaggio nelle bianche Cicladi si era rivelato un buco nell'acqua, una ingegnosa trappola di Lucifero. Il subdolo anemone era stato molto furbo, ma non abbastanza da uccidermi. Avevo intuito che qualcosa non andava, avevo trovato la grotta della tessitrice troppo facilmente. Le tessitrici erano creature schive e furbe, si nascondevano accuratamente da ogni essere da quando in troppi le perseguitavano per i loro rari poteri. Non potevo credere che la sua spelonca fosse così esposta. Una volta varcata la soglia di quella roccia bianca, mi ero ritrovato di fronte ad un cumulo di ossa, era già morta, crudelmente assassinata. Le ossa della sua lunga coda erano rotte, alcune sbriciolate quasi ridotte in polvere, mentre la testa era quasi staccata dal collo; si potevano ancora vedere le scheggiature lasciate dai denti dei demoni sugli anelli della spina dorsale; Belfagor, era opera sua, ne ero certo.

Mi ero ritrovato circondato da almeno una dozzina di Anemoni pochi secondi dopo.

Non avevo avuto paura di loro, ma la lotta non era stata per niente facile; avevo riportato qualche ferita ed una delle mie costole ne era uscita incrinata, ma la cosa che mi faceva più male era la scoperta della morte della tessitrice. Per la prima volta nella mia esistenza mi ero sentito impotente. Belfagor era stato più veloce.

Ficcai una mano fra i capelli frustrato. Non potevo perdere altro tempo prezioso e non potevo neanche lasciare sola Bianca di nuovo, era troppo esposta e poi la sua testardaggine aveva rifiutato le cure di Raffaele, costringendoci a portarla in un ospedale. Era rimasta incosciente per giorni, prima che potessimo risvegliarla; il dolore che avrebbe provato e le sue gravi ferite avevano convinto il medico a tenerla sotto osservazione per quasi due settimane ed ora andava in giro con un braccio ingessato ed una massiccia dose di epinefrina nelle vene. Fortunatamente l'adrenalina e un farmaco, avevano bloccato lo shock anafilattico che aveva avuto a causa della mela. Non sapevo ne fosse allergica, ma pareva che l'immediata reazione delle vie esofagee a quel frutto, l'avesse salvata dalla dannazione, provocando un rigonfiamento della gola, impedendo a Bianca di ingoiare il boccone avvelenato. Ma non c'era farmaco che potesse lenire la ferita più profonda che le era stata inferta. 

Che donna difficile, così forte nella sua fragilità e con una ostinazione tanto ammirabile quanto autolesionista.

- Era necessario che la lasciassi andare via?

Raffaele credeva sempre che ogni cosa potesse risolversi se solo si lottasse abbastanza. Non era questo il caso, nonostante lui fosse di un altro avviso.

-Cosa avrei dovuto fare? - soffiai via esausto.

Bianca, la Tessitrice... adesso ci si metteva anche lui. Ero stanco. Era mio dovere occuparmi della Comunicante, ma mai come in questa vita avevo odiato il mio compito.

Dark plumeWhere stories live. Discover now