14 - Portimao pt. 1

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[ Sopra, il pilota portoghese della KTM, Miguel Oliveira]


Nuovo weekend, nuovo circuito, nuova gara

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Nuovo weekend, nuovo circuito, nuova gara. Quel giorno mi trovavo a Portimao, in Portogallo, sulla pista dell'autodromo internazionale di Algarve. Era una new entry nel motomondiale, non c'era molto da dire. La città balneare di Portimao sì trovava nell'estremo sud dello stato, lungo una costa del fiume Aradeo, accompagnandolo fino al suo estuario nell'oceano Atlantico. Sì trattava di un piccolo paradiso rigoglioso, bagnato dalle acque cristalline del mare e avvolto perennemente da temperature miti per tutto l'anno. Peccato che il circuito non sì trovasse molto vicino alla cittadina: era necessario percorrere almeno mezz'ora in auto o all'incirca un'ora con i mezzi pubblici.

Nel paddock vi era una strana aria, un misto tra eccitazione e curiosità, ma anche di paura, ansia e dubbi. Nessuno dei piloti aveva mai corso su quel tracciato, nessuno vi sì era mai allenato, perciò nessuno sapeva cosa aspettarsi in termini di prestazioni. Forse l'unico su cui poteva averci già girato era il portoghese Miguel Oliveira, pilota del team KTM con il numero 88 in MotoGP.

Le tre sessioni libere spalmate sulle giornate di venerdì e sabato segnavano ancora le incertezze dei ragazzi che guidavano: non era un buon segno. O il tracciato presentava effettivamente dei problemi, o i piloti non sì sentivano fiduciosi dei loro asset meccanici, il che era strano: possibile che tutti i piloti non riuscissero a trovare un equilibrio nella moto?

« Continua ad esserci sabbia » sì lamentò difatti Dovizioso, scartando immediatamente l'opzione degli asset meccanici sbilanciati « Non c'è abbastanza grip* per girare veloci »

Nonostante questo intoppo, pareva che la pista andasse a favorire qualsivoglia motore Ducati: in griglia di partenza avevamo tutti i nostri piloti tra i primi sei: Andrea in pole, Jack Miller terzo, Crutchlow e Jorge rispettivamente quinto e sesto. Marc era quarto, posizionato appena dietro ad Andrea, e tra Dovizioso e Miller sì trovava un inaspettato Miguel Oliveira. Forse non troppo inaspettato, lui avrebbe potuto avere molta più esperienza su quella pista rispetto agli altri piloti.

Era ormai giunta la domenica, dopo un frenetico inizio weekend, ma poco prima che Andrea potesse prendere il posto in griglia, una delle nostre manager proruppe nel box in panico.

« Non abbiamo più l'ombrellina! »

Gigi Dall'Igna la guardò aggrottando le sopracciglia: « Come sarebbe a dire che non abbiamo più l'ombrellina? »

« È rimasta bloccata in aeroporto per dei controlli » spiegò la donna « Non arriverà mai in tempo »

Gigi sì toccò il suo pizzetto grigio, pensieroso, e i suoi occhi sì fermarono su di me.

Oh no, no no no, guai in vista.



|| Punto di vista di Marc ||

Eravamo praticamente tutti posizionati ai nostri posti sulla griglia di partenza, anche se mancavano ancora ben venti minuti all'inizio della gara. Ognuno di noi aveva la propria ombrellina, nella maggior parte dei casi sì trattava di modelle o di donne molto appariscenti, con vestiti aderenti o striminziti. Non che lo spettacolo fosse brutto per noi, io ero tra i primi ad aver avuto una relazione con una di loro, fino a poco fa. Lucía, così sì chiamava. Alta, giovane, bella, una delle migliori modelle in Spagna. Tuttavia, dopo quella esperienza, ero guardingo nei confronti di quelle ragazze che sì mettevano in posa con sorrisi in plastica, finti: era difficile capire chi di loro cercasse solo fama e soldi in una relazione, chi cercasse solo uno svago in un rapporto e chi invece era intenzionata a voler fare bene le cose, con attenzione ai sentimenti dell'altro. Lucía non rientrava in nessuna delle tre categorie, voleva che le cose fra di noi funzionassero a modo, ma la nostra relazione finì dopo un anno e mezzo, passato tra alti e bassi soprattutto a causa della distanza dovuta ai nostri lavori che ci impediva di vivere appieno il rapporto. Avevamo avuto pure problemi sessuali e gelosie spropositate, ma sempre da entrambe le parti. Erano ormai passati quattro mesi da quella decisione che prendemmo insieme.

La mia attuale ombrellina non era male, ma era forse un po' troppo per me. Troppo bionda, troppe forme, troppo finta. Sì sforzava a sorridere e faceva la gatta morta non appena una telecamera ci inquadrava. Io avevo bisogno di stare concentrato e non mi fu affatto difficile entrare in uno stato di meditazione, soprattutto con un'ombrellina che non riusciva ad attirare la mia attenzione.

Ma poi entrò lei in pista.

Dovizioso fece finalmente la sua comparsa in griglia, piazzandosi nella sua prima posizione, accompagnato da una ragazzina più bassa, senza tacchi, senza vestitino, senza tutina aderente. Semplicemente in divisa rossa della Ducati.

Notai le altre ombrelline squadrarla da capo a piedi ed era palese che lei sì sentisse estremamente a disagio. Non era il suo palcoscenico preferito di certo, non tra queste arpie. Udii la mia modella sghignazzare: produsse un rumore così fastidioso da essere paragonabile al suono di una cornacchia.

« Non ci trovo nulla di divertente » proferii tagliente.

« Ma che ombrellina è, cioè dai » disse lei in spagnolo. Dio mio, che voce snervante che aveva.

« É un meccanico, non un' ombrellina » la corressi io, riconoscendo subito Sofia « che evidentemente sa fare il tuo ruolo meglio di te »

La ragazza se ne stette zitta trangugiando la mia affermazione, sbuffando infastidita dal mio commento insensibile. Sorrisi lievemente: Marc 1 - Ombrellina snervante 0.

Sofia e Andrea parlavano tranquillamente, spesso ridendo: un atteggiamento insolito in griglia di partenza, poiché noi piloti rivolgevamo raramente la parola alle ombrelline. Allo stesso tempo era un comportamento tanto invidiabile: Andrea addirittura pareva rilassarsi mentre stava parlando con lei. Dalla mia postazione potevo sentire qualche sprazzo della loro conversazione, ed era perlopiù incentrata sulla meccanica della moto. Sarebbe stato bello se avessi avuto anche io un'ombrellina che ci avesse capito qualcosa di questo mondo. Invece, come tutti gli altri, mi ritrovavo accanto una bella statuina dai sorrisi forzati.

Mi persi a studiare la figura di Sofia: i muscoli dei suoi polpacci erano fasciati nella morsa dei suoi pantaloni aderenti, che evidenziavano ancora di più il suo bel lato B tondo. La maglietta non era aderente, ma sì intravedevano comunque anche le sue forme davanti, una piccola terza probabilmente. In quel momento, nella mia mente comparve l'immagine di lei che vestiva una tuta da pilota, in particolare la mia, con la zip chiusa fino a sotto il seno, lasciando aperta la parte restante sopra in modo tale che delineasse meglio la grandezza delle sue forme davanti.

Scossi la testa rinsavendo: stavo seriamente fantasticando su Sofia? A dieci minuti dall'inizio della gara? Non era di certo il momento migliore per perdersi in fantasie e rischiare di avere un'erezione. Dovevo rimanere concentrato o avrei fatto qualche stronzata che non potevo permettermi, e avere qualcosa tra le gambe che pulsava in una tuta aderente era una tortura che mi avrebbe distratto molto. Soprattutto perché mi avrebbe fatto un dannato male e non avrei neanche potuto avere la possibilità di usare le mani per tranquillizzarmi. Esperienza personale, purtroppo. Con Lucía, per giunta.

In quel momento mi guardai in giro e notai lo sguardo omicida di Lorenzo su di me.

Ma che diavolo voleva quello? Lo vidi inarcare un sopracciglio, contrariato. Mi aveva visto fissare Sofia per caso? Era per caso...geloso?


Spazio Autrice

* Grip: Aderenza dello pneumatico al fondo stradale.

Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Where stories live. Discover now