66 - Nelle Valli Bergamasche pt. 1

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Io e la combriccola formata da Aida, Alex e Marc eravamo appena atterrati all'aeroporto di Orio Al Serio: prima che i due spagnoli potessero rincasare a Cervera avrebbero trascorso due giorni proprio in una delle valli bergamasche.

Usciti dall'aeroporto, ci dirigemmo verso la mia macchina: una Fiat Grande Punto del 2006 di quarta mano ( e non ridete, ha avuto ben tre diversi padroni prima di me). Vecchiotto come veicolo, di certo non all'avanguardia ( non a caso l'aria condizionata non mi funzionava nemmeno più), senza quei lussuosi schermini touch: tutto a tasti. L'unico schermo che avevo era quello digitale che mi segnava l'ora e i chilometri totali, proprio nella plancia del contagiri e della velocità nella postazione del guidatore.

Un po' mi vergognavo a portare persone del calibro come Marc e Alex, famosi, ricchi e supertecnologici, nonché ambassadors delle case costruttrici di auto e dispositivi ultramoderni come Honda e Samsung, su una macchina di quel genere. Ma d'altronde non potevo portarli a casa mia con altri mezzi.

« Non è il massimo » annunciai, indicando la mia Fiat Punto nera, aprendola e facendole accendere le luci « ma fa il suo dovere »

Marc e Alex si diedero un'occhiata e mi presero in giro: « Ci staranno i trolley li dentro? »

Alzai gli occhi al cielo, aprendo il misero baule che avevo: « Sarà pure piccolo, ma ci starà tutto »

« È leggermente sporchina, scusate » ammisi con tono imbarazzato « Non sono una fan delle pulizie »

« Ya lo sé ( Lo so già ) » rispose Marc, ridendo « Pero esperaba que fuera mucho más sucia ( Ma mi aspettavo fosse mooolto più sporca) »

Mi voltai verso di lui, essendosi seduto sul lato passeggero: « Ho sempre detto che non mi piace fare le pulizie, non che mi piace vivere in un porcile »

Lui scoppiò a ridere, osservando gli interni: « Me gusta el interior azul ( Mi piacciono gli interni azzurri ) »

Lui scoppiò a ridere, osservando gli interni: « Me gusta el interior azul ( Mi piacciono gli interni azzurri ) »

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« Serie limitata » enunciai compiaciuta

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« Serie limitata » enunciai compiaciuta. Era ciò che adoravo di più della mia macchinina, e quel dettaglio lo avevo scoperto per puro caso mesi dopo averla comprata.

« ¿Estás segura de que quieres conducir? ( Sei sicura di voler guidare tu? ) » mi chiese Marc, quasi con un tono preoccupato.

« Certo, conosco la strada » risposi ovvia.

« Puedo conducir tranquilamente yo, mientras me muestras la carretera ( Posso tranquillamente guidare io mentre mi indichi la strada ) » ribatté lui.

« Macchina mia, guido io » sottolineai « anche perché se fai un incidente, tu non saresti coperto dalla mia assicurazione »

Accesi l'auto e partimmo; dopo 45 minuti di strada, con Marc e Alex che rimiravano il paesaggio ricoperto da fitti boschi verdissimi ( e soprattutto Marc che continuava a stare vigilissimo, osservando ogni mia mossa in auto con estrema attenzione ), arrivammo a casa mia.

Fummo accolti da mia madre e dai genitori di Aida, che si erano uniti a noi per la cena in giardino, dove vi era un lungo tavolo con ben otto posti. Poco dopo ci raggiunse anche mio zio Flavio, e tutti insieme ci sedemmo a tavola per cenare.

I vari presenti dopo essersi presentati l'uno all'altro iniziarono a parlare dell'appena terminata gara avvenuta in Austria: io e Marc ricevemmo molti complimenti soprattutto per la battaglia finale che movimentò parecchio la competizione.

« Sofia, hai guidato quella moto davvero in modo impeccabile! » esclamò la mamma di Aida « nonostante siano anni che non corri più, hai ancora capacità estremamente elevate! »
Sorrisi timidamente ringraziandola, mentre notai mio zio non convintissimo.

« Testarda come un mulo, che non molla mai » disse infatti lui « Ma è stata capace di dimostrarmi il contrario di ciò che avevo sempre pensato su di lei »

« Nonostante tutti i problemi che ha passato, Sofia è sempre stata una ragazza forte » ammise la madre di Aida, che mi guardava visibilmente fiera di me.

I genitori della mia migliore amica mi conoscevano bene: li consideravo come una mia seconda famiglia. Sapevo che nel momento del bisogno, loro ci sarebbero stati per me: durante quel periodo buio che io e i miei parenti avevamo sofferto, loro ci erano sempre stati vicino. Ci avevano aiutato in tutto, dal supporto emotivo a quello economico. Tuttavia, quella frase detta per carineria, causò un piccolo trambusto. Mi accorsi che la mia migliore amica lanciò uno sguardo truce a sua madre, che sì rese conto delle sue parole dette solo in quel preciso istante.

Marc mi guardò confuso: « Che problemi ? » mi chiese.

Io aprii la bocca, presa alla sprovvista e non volente nel raccontargli cosa effettivamente era successo. Ancora non mi sentivo pronta.

A dire la verità, non sapevo nemmeno se mi sarei mai sentita pronta a raccontarglielo.

« Oh nulla di che » soggiunse immediatamente la madre di Aida, fautrice di quel casino « Sofia ha avuto dei problemi al liceo con alcuni suoi coetanei »

« Bullismo? » mi domandò Marc

Tirai un sospiro di sollievo: era una buona copertura alla sua enorme gaffe. In fondo era pure vero: ero stata parecchio male a causa di atti di bullismo, perciò non sì trattava di una bugia.

« Sì » ammisi « diciamo che non andavo molto d'accordo con alcuni miei compagni di classe »

« Non andare d'accordo è un eufemismo » sostenne mia madre « un pomeriggio è tornata con tutte le nocche di una mano spellate e insanguinate. Aveva cercato di fare a botte con uno dei quei ragazzini dal nervoso che le era venuto dopo l'ennesima presa in giro »

La facile perdita di autocontrollo e l'irascibilità erano conseguenze di quel brutto periodo che avevo passato in famiglia: non soffrivo più di tali scatti di ira, ero riuscita a riprendere il controllo delle mie emozioni grazie alla psicologa e al corso in cui mi aveva iscritta.

« ¿Peleaste?! ¿Tu?! » esclamò Alex, stupito dalla rivelazione.

« La rabbia rende violento anche il più tranquillo » gli rispose Aida, con tono mesto

Marc invece mi osservava con ammirazione, quasi come se fosse attratto da quel mio comportamento che io non ritenevo come parte integrante del mio essere. Non mi piaceva fare male agli altri, non mi era mai piaciuta la violenza, eppure quella volta ebbi uno scatto di nervi che mi fu impossibile reprimere. Solo quella volta mi successe di perdere così tanto le staffe da arrivare alle mani, ma il diretto interessato non sì fece quasi nulla: le mie nocche erano spellate ed insanguinate solamente perchè il ragazzo, nel difendersi, mi aveva fatto sbattere le mani violentemente contro un muro scabro.

« Ma bisogna essere anche in grado di sapersi controllare » dichiarai io seria, ben conscia di ciò che stavo dicendo.

« Claro » comprese Marc, guardandomi sempre ammaliato e stringendomi amorevolmente una mano « la violenza non è mai la soluzione, ma mi piace sapere che riesci a difenderti da sola in diversi modi »

« Ma quanto siete carini! » esclamò la mamma di Aida, seguita da un cenno d'assenso di mia madre, felice. Ciò invece non accadde nel caso di mio zio, che grugnì scuotendo la testa. Continuava a guardare Marc di sottecchi con disapprovazione.

« Loro due? » domandò la mia amica ironica « sempre »

« Dos tortolitos ( due piccioncini ) » fece eco Alex, facendo ridere tutti.

Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Where stories live. Discover now