34 - Saragozza di nuovo

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Dopo quella discussione, non ebbi la facoltà mentale di pensare ad altro o di sostenere un'altra conversazione accesa. Mi rinchiusi nella mia stanza, da sola: non presenziai alla festa nell'Hospitality Yamaha, redatta apposta per il vincitore della gara e non volli parlare con nessuno. Quella notte fu disastrosa: ripercorsi per tutto il tempo quel tragico evento di otto anni fa, passo per passo. Non dormii per niente, tant'è che la mattina mi svegliai con le occhiaie nere e con un'espressione di pura stanchezza e vulnerabilità.

Non me ne andai a casa: Aida diede a me e a mia madre la disponibilità di passare la settimana a casa sua a Saragozza. Il weekend successivo infatti sì sarebbe tenuto al circuito di Montmeló, in Catalunya, a due passi da Barcellona. Non fu una settimana facile, passai diverse notti insonni, fino a quando l'argomento Marc Márquez non riapparve nelle conversazioni tra me e Aida. Non che avessi molta voglia di parlare con lui, ma fu proprio lei a spingermi a farlo.

« Parlaci, chiamalo, scrivigli perlomeno. Alex mi ha detto che Marc vorrebbe parlarti, ma non spetta a lui fare il primo passo in questo caso, non credi? » mi disse lei retorica, ma con un tono comprensivo.

Fu così che mi ritrovai alla stazione dei treni di Cervera. Marc mi aveva dato l'indirizzo di casa sua ( non quella in cui viveva con i suoi genitori), ma distava circa un chilometro e mezzo: me la sarei dovuta fare tutta a piedi. Non mi lamentai, probabilmente me lo meritavo per le bugie che gli avevo detto. Mi incamminai lungo il marciapiede che costeggiava la stazione, con già aperto Google Maps che mi segnava il miglior percorso da fare a piedi, quando un'auto nera e rossa mi affiancò.

Inizialmente mi presi male: credevo fosse qualche idiota che volesse invitarmi a salire sulla sua macchina, ma quando il finestrino oscurato sì abbassò, notai il viso serio di Marc, con tanto di occhiali da sole.

Inizialmente mi presi male: credevo fosse qualche idiota che volesse invitarmi a salire sulla sua macchina, ma quando il finestrino oscurato sì abbassò, notai il viso serio di Marc, con tanto di occhiali da sole

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« Vamos, entra » mi intimò lui.

Salii in auto con lui e nonostante il viaggio durò solo una manciata di minuti, mi sembrò durare ore. Tra me e Marc ci fu un silenzio pesante: lui sempre con quell'espressione così austera, così strana sul suo volto solitamente allegro e gioviale, mentre io evitavo il suo sguardo, concentrandomi sul paesaggio fuori dal finestrino. Cervera era un piccolo paesino rustico che avrà avuto all'incirca diecimila abitanti, posto in un luogo arido e sabbioso. I colori dominanti della zona erano l'azzurro intenso del cielo, il giallo ocra delle sterpaglie secche e il marroncino. Ovunque sì guardasse, vedevo esposte bandiere rosse e azzurre, con i numeri 93 e 73: la popolazione doveva essere molto legata ai loro due campioni, Marc e Alex.

 Ovunque sì guardasse, vedevo esposte bandiere rosse e azzurre, con i numeri 93 e 73: la popolazione doveva essere molto legata ai loro due campioni, Marc e Alex

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Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Where stories live. Discover now