42 - Assen pt. 5

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Lucía sì mise in posa per qualche scatto e poi salì le gradinate coperte da un tappeto rosso, scomparendo poi dietro la porta dell'entrata. Poco prima di chiuderla, sì voltò guardando dietro di sé e in particolar modo me, quasi come per incoraggiarmi.

Rimasi un attimo interdetta quando i giornalisti riposero tutta la loro attenzione su di me.

Sii naturale, non renderti ridicola, mi ripetei continuamente nella testa.

Schiena dritta, spalle aperte, non camminare né come una papera né come un bisonte e guarda davanti stando attenta a dove e come metti i piedi per terra.

Con un piccolo sorriso forzato procedetti nel modo più aggraziato possibile verso la scalinata. Udii molti giornalisti chiedersi chi fossi e cosa ci facessi ad un evento del genere, ma cercai di ignorare quei commenti anche se con difficoltà. Mi rendevano parecchio nervosa. Seguendo le orme di Lucía, arrivata alla base delle scale mi voltai e venni sopraffatta da una miriade di flash e giornalisti.

Calma, STA' CALMA, NON TREMARE, mi dissi.

Sguardo fiero, sguardo fiero e sicuro e testa dritta.

Cercando di non essere sparaflashata dalle fotocamere, assunsi ( o almeno, speravo di aver assunto) una delle mie espressioni più fiere di repertorio. Il problema è che quando ci provavo a casa, da sola, con davanti allo specchio, risultavo sempre e comunque con una faccia ridicola. Speravo non fosse successo altrettanto: avrei già fatto troppa notizia e ci sarebbero stati diversi articoli sulla mia entrata come totale sconosciuta che sì atteggiava a discreta modella dei poveri in modo serio, figuriamoci se fossi uscita come un clown ignorante.

Dopo una manciata di secondi come statua da immortalare, salii le scale cercando di non dare a vedere la mia goffaggine con i tacchi.

Non inciampare, non inciampare e NON GUARDARE I GRADINI.

Quei secondi scorsero così lenti da parere ore, ma alla fine riuscii ad entrare nell'edificio. Lucía mi raggiunse subito.

« Ottimo lavoro all'entrata »

La fulminai: « Mai più »

Lei mi accompagnò alla sala, anzi, ai mega saloni: l'evento sì sarebbe tenuto in due ampie sale con accesso all'enorme giardino sul retro, in cui era installata una piscina interrata.

Mica male come posto.

C'erano tantissime persone ed immediatamente presi il telefono, con l'intenzione di chiamare Andrea, ma c'era già un suo messaggio.

* Sono nei pressi dell'entrata del salone con il grande lampadario, il primo in cui sì entra *

Beh, bene, significava che allora lui si trovava nelle mie strette vicinanze.

E così fu.

Tra i tanti volti, di cui molti li riconoscevo, scorsi il suo intento a cercarmi, fino a quando incontrò il mio sguardo. Dovette guardarmi per ben due volte: la prima volta mi guardò senza prestarmi troppa attenzione ma ritornò subito su di me qualche secondo dopo, con un'espressione mista tra scetticismo e sorpresa. Mi raggiunse immediatamente, con indosso un tuxedo, un adorabile papillon nero e delle scarpe...giallo evidenziatore?!. Scossi la testa per quella scelta così tipica da Andrea e appena sì piazzò davanti a me, lo salutai.

Lui rimase a bocca aperta, per poi trillare: « Un demone ti ha impossessata, non è possibile che tu sia tu...così » indicando il mio abito.

Mi misi le mani sui fianchi: « Ah grazie, io faccio i salti mortali per accontentarti e venire tirata insieme decentemente e tu reagisci così »

« Io...» balbettò lui « sei dannatamente favolosa, ma anche irriconoscibile »

Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora