31 - Mugello pt. 5

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Come era previsto, la Ducati di Andrea partì a missile: la sua accelerazione era preponderante rispetto a quella della mia Honda

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Come era previsto, la Ducati di Andrea partì a missile: la sua accelerazione era preponderante rispetto a quella della mia Honda. Prima curva, la San Donato, poi subito una a sinistra, la Lucco, seguita dalla Poggio Secco verso destra. Piccolo rettilineo dove Andrea sì distaccò, immettendosi poi nel cavatappino formato dalla Materassi e dalla Borgo San Lorenzo. Successivamente passammo per le piccole curve Casanova e Savelli, per poi percorrere l'accoppiata di curve lunghe, le cosiddette Arrabbiata 1 e 2. Poco dopo dovemmo percorrere un altro piccolo cavatappino formato dalle due Biondetti, terminando con la curva enorme delle Bucine, che ci immise nuovamente sul rettilineo del traguardo.

Avevo voluto affrontare il primo giro dei sette previsti dietro ad Andrea proprio per capire come riuscisse a gestire le curve. Nel secondo giro, con tutta la velocità accumulata dal rettilineo intero, Andrea arrivò alla San Donato troppo velocemente, costringendolo a prendere una traiettoria un po' più larga rispetto al normale. Io seguii la mia traiettoria, ma non riuscii comunque a sorpassarlo: la sua accelerazione rapida gli permise di riparare al suo errore, riuscendo a rimanere davanti. Nei cavatappi andava molto più lento, forse per il fattore della frenata dolce a cui non era ancora abituato, mentre nelle due Arrabbiate faceva faticare a tenere una percorrenza cucita al cordolo*: lo vedevo faticare. Ad essere onesta, faticavo anche io, ma in un senso fisico: la gestione della moto di Marc richiedeva enormi sforzi muscolari. Anche il terzo giro lo percorsi dietro di lui: solo da quello successivo avrei iniziato a rompergli le scatole. Infatti a fine rettilineo sferrai la mia prima mossa: una superstaccata. Nonostante lui avesse messo diversi metri di distacco, i freni performanti e stabili della Honda mi permisero di decelerare all'ultimo, dandomi la possibilità di mettermi davanti proprio all'entrata in curva. Feci le curve successive nel modo più stretto possibile, affinché Andrea non riuscisse ad infilarcisi dentro, ma di nuovo al rettilineo, fu palese che mi sverniciò grazie alla sua velocità che schizzava alle stelle in minor tempo. Tuttavia, con la staccata in entrata alla prima curva, ripresi di nuovo la prima posizione. Nel piccolo rettilineo tra la terza curva e il primo cavatappino, Andrea mi superò nuovamente, ma sbagliò la tempistica della frenata nell'entrata della prima Arrabbiata ed andò largo, permettendomi di mettermi ancora davanti lui. All'uscita dell'ultima curva, quella a cui dava lo sbocco sul rettilineo finale, Andrea uscì molto forte, superandomi così nuovamente.

Il sesto e il settimo giro furono pericolosissimi quanto adrenalinici e divertenti: Andrea aveva acquisito più sicurezza nelle curve e avevamo iniziato a farci la battaglia seriamente, proprio come accadeva quando ci allenavamo. In ogni staccata o spazio possibile ci superavamo, ci incrociavamo, addirittura più volte uscivamo dalle curve fianco a fianco, cercando di resistere uno all'altro. Quando sì trattava di un' uscita da una curva seguita da un tratto di pista idoneo all'accelerazione, Andrea aveva la meglio, mentre quando sì trattava di un'uscita seguita da un'entrata in un'altra curva successiva, avevo la meglio io sia grazie alla stabilità che alla potenza dei freni Brembo**.

Feci un solo errore nel sesto giro: nella Arrabbiata uno, Andrea andò di nuovo largo e io mi infilai per sorpassarlo, ma mi inclinai troppo. Percepii il peso della moto cadermi addosso: era una questione di una frazione di secondo e io mi sarei ritrovata per terra, con la moto che sarebbe scivolata dritta nella ghiaia. L'unica cosa che mi venne in mente fu di comportarmi come faceva solitamente Marc: feci leva sul ginocchio e con un enorme sforzo provai a tenere la moto, allo stesso tempo cercando di rimetterla in una posizione bilanciata anche grazie al contrasto tra le diverse forze in gioco a livello di fisica. Non so per quale divinità, ma rimasi in sella a correre, invece di finire a ruzzoloni sull'asfalto. Quell'errore mi era costato un aumento del distacco da Andrea, ma con i suoi problemi di gestione, riuscii a recuperarlo e addirittura a sorpassarlo con una manovra da pazzi in un cavatappino. All'ultimo giro, dopo tutti i sorpassi, i risorpassi e gli incroci di traiettoria, Andrea sì ritrovò in prima posizione dopo la penultima curva. Per me non ci sarebbe stata alcuna possibilità di riprendermi la testa della gara dopo l'ultimo tornante delle Bucine: anche se avessi provato a prendergli la scia del rettilineo, la sua Ducati avrebbe comunque goduto della sua superaccelerazione rapida. Dunque avrei avuto solo una chance di sorpasso nell'immissione in curva, a meno che Andrea facesse un errore, ma sapevo che lui sarebbe stato attento. L'unica soluzione era avere velocità. Raggiungere la velocità necessaria in percorrenza curva per non fare un disastro e allo stesso tempo piazzarmi davanti a lui.

Lui sì immise in curva, prendendola sempre leggermente più larga per via della frenata Ducati e lì sfruttai l'occasione: entrata in curva da spianata, con un angolo di piega estremo, alla Márquez. La stavo rischiando tantissimo: dovevo riuscire a tenere la moto e allo stesso tempo non decelerare troppo. La velocità era necessaria per far sì che avessi la forza sufficiente per contrastare la forza-peso della moto generata dalla gravità terrestre, che mi avrebbe stesa a terra. In fondo, c'era un motivo se Santi mi aveva categoricamente vietato di fare una manovra del genere.

Eppure, nonostante questo, io la eseguii.

E riuscii a completarla.

Entrai prepotentemente nel piccolo spazio tra il cordolo della curva verso sinistra e la Ducati di Andrea con una piegata da paura: con uno sforzo mi infilai nella zona libera, e mantenendo la moto sempre bilanciata, uscii con la traiettoria migliore, costringendo Andrea a riadattare la propria percorrenza, facendola più larga per permettermi di eseguire la mia. Avendo il piccolo vantaggio di uscita, diedi gas per il rettilineo prima della Ducati dietro di me, e tagliai il traguardo per prima, con la gente in pitlane che urlava di gioia.

Avevo vinto io.

Spazio Autrice

Mi scuso per la pessima qualità nella descrizione della gara: raccontare nel dettaglio è sempre stato un mio punto debole nella scrittura.

* Cordolo = delimitatore della pista: è lo strato di intermezzo tra l'asfalto della pista e il terreno battuto ( erba o ghiaia). Viene sempre posto nelle curve, affinché si eviti di allargare eccessivamente le traiettorie. Balza rapidamente all'occhio perché ha una colorazione alternata. Non è molto comodo andarci sopra, perché per via della sua composizione, non offre lo stesso grip dell'asfalto, ma anzi causa problemi agli ammortizzatori e in condizioni di tracciato umido, fungono da rampa di lancio.

** La Brembo è leader mondiale della tecnologia degli impianti frenanti a disco. È fornitore dei costruttori più prestigiosi a livello competitivo, sia di auto che di moto. La sua sede centrale risiede a Bergamo.

Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Where stories live. Discover now