49 - Sachsenring pt. 1

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[ Attenzione, si trattano argomenti espliciti ]


L'atmosfera tedesca non mi piaceva per nulla, così come non mi piaceva la loro lingua. Mi ero sempre rifiutata di studiare il tedesco perché lo ritenevo complesso e la sua pronuncia mi è sempre parsa rozza, fin troppo carica di decisione e fermezza a tal punto da dare l'impressione che chi lo stesse parlando fosse sempre troppo serio, addirittura arrabbiato. Per non parlare delle parole chilometriche impossibili da leggere e pronunciare. Il russo aveva costruzioni grammaticali estremamente simili a quelle del tedesco, ma la sua pronuncia era molto più fine ed elegante.

La gente mangiava continuamente panini con i wurstel e i crauti, rigorosamente accompagnati dalla birra, e neanche questo mi faceva impazzire.

La gente mangiava continuamente panini con i wurstel e i crauti, rigorosamente accompagnati dalla birra, e neanche questo mi faceva impazzire

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Mi trovavo in un luogo della Germania vicino al confine con la Repubblica Ceca: a Hohenstein-Ernstthal. Neanche avevo la minima idea di come sì pronunciasse un nome del genere. Era una piccolissima cittadina, leggermente più grande rispetto a quella in cui sono cresciuta tra le montagne bergamasche, ma era decisamente più piccola rispetto a Bergamo. Il circuito del Sachsenring è stato inaugurato nel 1996 ed è entrato nella lista delle tappe del motomondiale due anni dopo. È considerato come uno dei tracciati più corti di tutto il campionato e sì trovava proprio in quel piccolo paesello.

Aida mi accompagnava di nuovo in quella tappa, o per meglio dire, accompagnava Alex principalmente. Lei neanche aveva più bisogno di prenotarsi un hotel perché avrebbe trascorso i weekend nel motorhome del più piccolo dei fratelli Marquez: poteva mostrarsi in pubblico con lui e fare quello che voleva e su questo la invidiavo parecchio. La loro decisione relativa all'ufficializzazione del loro rapporto era stata troppo precoce e ancora lo ritenevo tale, ma c'era da ammettere che aveva i suoi vantaggi. Vantaggi che io non avrei mai potuto avere con Marc, non fino a quando sarei rimasta a lavorare in un team diverso dal suo.

Arrivai nei paddock, in quel momento ancora poco gremiti e mi diressi immediatamente nel box di Dovizioso. Ci trovai due meccanici e mio zio, che come al solito non mi degnò di uno sguardo. Da quando avvenne quella pesante litigata in famiglia al Mugello, dopo quella gara organizzata da Andrea, mio zio non mi aveva più rivolto parola, se non nei casi di stretta necessità. Mi ignorava, era come se per lui non esistessi più e questo mi stava facendo male. Lui era per me la figura più vicina a quella di un padre: zio Flavio mi aveva cresciuta come se fossi sua figlia biologica. Quella situazione di tensione nel box non giovava nemmeno il clima: in un team efficiente la comunicazione era tutto e noi stavamo compromettendo l'integrità della squadra e di certo, non mi faceva lavorare in un ambiente tranquillo. Mi sentivo perennemente sulle spine quando lui era presente, perennemente sotto analisi, pronto ad inveirmi e ad appuntarmi ogni singola, minuscola sbavatura.

Le qualifiche per Ducati non furono fantastiche: Lorenzo e Dovizioso sì aggiudicarono la dodicesima e tredicesima posizione, entrambi appena dietro a Valentino con la Yamaha che sì trovava all'undicesima. Maverick sì era guadagnato la terza casella e il rookie dell'anno Fabio Quartararo sì era imposto davanti allo spagnolo nonostante guidasse una Yamaha privata. La pole fu di nuovo agguantata da Marc.

Che mostro.

La sua prima casella in griglia mi fece scappare un piccolo sorrisino: tempo che tutti i piloti della MotoGP rientrassero in pitlane, ricevetti di già un messaggio, proprio dal poleman della Honda.

* Motorhome appena finisci? *

Dovetti sforzarmi per non sorridere ancora di più: non sarebbe stato il massimo mostrarmi così felice quando all'interno del box aleggiava la delusione. Appena terminammo di sistemare la nostra postazione nel paddock, mi inforcai degli occhiali da sole, sciolsi i capelli e mi cambiai la divisa rossa della Ducati con dei semplici vestiti che mi ero portata appresso, con tanto di cappellino con visiera per mascherarmi ancora di più. Con poca gente in vista, salii le scale del motorhome di Marc e senza neanche aver bisogno di bussare, lui mi aprì la porta facendomi entrare velocemente.

Lui rise e mi levò occhiali e cappello: « Ahora puedo ver tu cara ( ora posso vedere la tua faccia) » commentò lui.

« Ah-ah-ah » lo canzonai io « simpatico »

Lui mi cinse per i fianchi teneramente e io, come d'abitudine ormai, appoggiai le mie mani sulle sue braccia.

« Complimenti al poleman » mi congratulai io, ma lui ebbe da ridire.

« Questi complimenti così non mi piacciono » sentenziò lui, strattonandomi di più verso di sé e poggiando poi le labbra sulle mie per un dolce e lento bacio.

« Así me gusta » appuntò lui, sornione.

Alzai gli occhi al cielo divertita, mettendomi in punta di piedi e baciandolo di nuovo.

« Felice ora? » gli domandai ironica.

« Como un niño ( come un bambino ) » affermò lui, facendo scivolare lentamente le mani verso il mio sedere.

Alzai un sopracciglio.

« Puedo...? » provò a rimediare lui, conscio che era stato beccato sul fatto.

« Basta che non mi fai male » lo ammonì io. Glielo avevo detto con un tono che pareva quasi contrario alla sua proposta, eppure non lo ero per nulla. O meglio, probabilmente non volevo dare a vedere il fatto che volessi percepire le sue mani sul mio lato B.

Marc continuò nella sua impresa, strizzandomi le natiche con fare attento.

Notai la sua espressione tramutare in sorpresa e pura soddisfazione.

« Mica male » fu il suo commento da perfetto idiota « Mica male proprio »

Scossi la testa, cercando di nascondere il mio imbarazzo: « Marc! Dai! »

« ¿Qué? » esordì lui, facendo io finto tonto « Sì quieras, puedes tocarme algo mío también, ¡eh! ( Se vuoi, puoi toccare qualcosa di mio pure tu, eh!) »

Avevo inteso benissimo a cosa sì stesse riferendo e il suo ghigno beffardo mi confermava la mia supposizione.

Rimasi a bocca aperta, incredula alla sua conferma: « Sei un...porco »

Lui scoppiò a ridere, dandomi un bacio sulla fronte, per poi sussurrarmi ad un orecchio, con quel suo tono così attraente: « y aún no has visto lo cerdo que soy ( e non hai ancora visto quanto sia un maiale) »

Gli mollai un ceffone amorevole su un braccio, sorridendo: « Marc! Basta! »

« Alguien está muy avergonzaaaaaadaaa ( Qualcuno è in imbarazzo ) » mi prese in giro lui, tirandomi dolcemente una guancia « ¡miraaaa qué mejillas rojaaaas! ( guarda che guance rosse!) »

Risi anche io e lui mi strinse forte a sé in un abbraccio poderoso. Cavolo, quanto ci stavo bene in quelle braccia; inspirai il suo profumo di pulito e di fresco, appena uscito dalla doccia e allo stesso tempo mi godetti il suo massiccio ma anche morbido petto allenato.

Anche se percepii qualcos'altro di molto vigoroso.

« Marc? »

« Si? »

« Calmati » gli sussurrai all'orecchio, quasi ridendo.

Lui sì sciolse dall'abbraccio, guardandomi confuso: « Ma yo estoy tranquilo »

Fu il mio turno ad essere confusa: « Sono abbastanza sicura di aver sentito qualcosa...sotto »

Marc pose le mani sui suoi fianchi, staccando dopo molto tempo il contatto con il mio corpo e con tutta la serietà di questo mondo dichiarò: « Abajo el está tranquilo ( Sotto lui è tranquillo ) »

Conscia di quelle parole, il mio sorriso divertito scomparve, facendo spazio alla mia espressione spiazzata quando realizzai l'intera situazione.

Marc sì rese conto del processo della mia presa di coscienza e ghignò in modo perverso, ben consapevole di quello che stavo pensando.

« Eh già » rivelò lui « posso andare decisamente fiero anche di questo »

Quel Ferro Che Possiede Un' Anima || Marc Marquez [COMPLETATO]Where stories live. Discover now