Cap 34: La canzone che scrivo per te Marlene Kuntz & Skin

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( Inizio l'anno con parole che sono scritte sulla mia pelle. Vi propongo un pezzo che è poesia, verità e sogno. Questa canzone si intitola "La canzone che scrivo per te" dei Marlene Kuntz, accompagnata dalla voce magica di Skin. Ve la scriverei tutta per intero per quanto la amo ma mi limito a proporvi poche righe che riassumono l'intensità del concetto che tentano di eaprimere.

- Non c'è contatto di mucosa con mucosa, eppur mi infetto di te. Che arrivi e porti desideri e capogiri, in versi appassionati e indirizzati a me. E porgi in dono la tua essenza misteriosa che fu un brillio fugace qualche notte notte fa. E fanno presto a farsi vivi i miei sospiri, che alle pareti vanno a dire ti vorrei qua.
Questa è, la canzone che, scrivo per te, l'ho promessa ed eccola, riesci a scorgerti? Sì che ci sei, prima che ti conoscessi.)

Una strana sensazione mi percorre tutta. Guardo il fuoco nel camino, ritorno ai pensieri che la fiamma in movimento, mi ha portato poco fa.
Mi volto verso la vetrata dietro cui Richard è scomparso, mi volto alla ricerca dei suoi occhi trasparenti, immobili ma con lo stesso calore del fuoco che mi scalda.
Mi alzo composta, decisa a capire, a cercare, il suo tormento interiore.
Mi muovo incerta verso l'ingresso.
Il mio intento che mi guida e la mia paura a farmi desistere.
Una brezza umida e leggera investe il mio volto appena fuori dalla porta, un cielo troppo nero mi avvolge.
L'ombra di Richard si muove irrequieta intorno all'enorme aiuola al centro del piazzale, la bottiglia stretta tra le mani, il suo volto che guarda a terra, quasi a contare i passi contenuti che lo muovono in tondo.
La luce lunare si fa largo sulle pietre grigie ben posizionate a terra, si muove colorando d'argento tutto quello che incontra.
Il volto di Richard sembra diviso a metà, la guancia esposta verso il cielo è ben delineata e riconoscibile, l'altra, rivolta verso il buio, si deforma, senza mostrarsi e dovere.
Stringo le braccia al petto, i miei muscoli si tendono colpiti da un freddo che affonda nella pelle.
Muovo i miei passi cauta.
Vado incontro a qualcosa che non conosco, al Richard conosciuto quella sera alla festa. Al Richard immerso in sé stesso con poche verità sulle labbra e molti misteri da nascondere.
Mi siedo sul muretto in sasso attorno all'aiuola e seguo il suo camminare fluido, nessun percettibile movimento mi indica la sua sorpresa nel vedermi qui.
La curiosità, la sete di sapere tutto di chi si è preso i miei sogni, mi divora, ma le mille domande formulate sino a poco fa si inceppano, si fermano di fronte a lui, di fronte alla sua ermetica chiusura.
Muovo i piedi irrequieta e il mio sguardo si appoggia al terreno non accennando alcuna risalita sul suo corpo.
"Mio padre era un musicista" la sua voce mi colpisce proprio dove non la aspetto. Il tono con cui mi manifesta i suoi pensieri sa di un intimità faticosa.
"Io e Nicolas abbiamo imparato a suonare con lui" riprende dopo una breve pausa. I miei occhi si appoggiano spontanei sulla sua bocca e rimangono appesi a parole che danno dipendenza.
"Il basso per il figlio che ha il cuore che batte. La chitarra per quello che sa aggiungere sempre qualcosa ad un momento" vedo le sue labbra dare vita ad un' ironico ghigno.
"Io e Nicolas abbiamo imparato le note ancora prima di imparare a leggere. Il nostro metro di comunicazione si muoveva intorno alla musica, intorno a parole non dette ma espresse con uno strumento" gira ancora un poco su se stesso, stringe la bottiglia ancor più forte tra le sue dita e la porta di nuovo alla bocca.
"Non si dovrebbe dover imparare a fare a meno di chi ti insegna a parlare in un modo così profondo. Non si dovrebbe dover imparare a fare a meno di una figura così importante" sento una rabbia sottile muoversi dentro di lui.
La sento.
Galleggia nell'aria che ci divide e come un respiro mi entra dentro sconvolgendomi.
Si ferma e guarda la luna nel cielo, poi, piano, si siede accanto a me.
"Quello che vedi è il mio modo per imparare a farlo. Quando mio padre se n'è andato ho chiuso tutte le stanze che aveva aperto. Mi sono maledetto per essermi fidato di lui. Mi sono maledetto per avergli permesso di plasmarmi a suo piacere. E l'ho odiato per questo. Dio se l'ho odiato Caroline" si volta piano verso di me, un sorriso a percorrere il suo volto.
"Perché se n'è andato?" la domanda che ha ossessionato me stessa per anni, esce dalla mia bocca rivolta a qualcun'altro. Mi fa sentire meno diversa, più accettabile di quello che mi sono sentita sino ad ora.
"Per un'altro paese, per un'altra donna e per un'altro figlio" risponde con una freddezza che non credevo possibile.
"Hai un altro fratello?" Chiedo spalancando gli occhi.
"Una sorella. Che non conosco e che non vorrò conoscere mai" mi guarda serio.
"Mio dio" dico realmente sconvolta.
"Nicolas l'ha conosciuta?" riprendo poi, sempre più bisognosa di sapere.
Richard annuisce, i suoi occhi si spengono su quella conferma, si fanno pieni di un dissapore combattuto.
Sento il rumore della notte avvolgermi, sento il profumo di una vicinanza che forse, Richard, non mi concederà mai più. Sento il senso della ruvida analogia tra lui, Nicolas e la musica.

NUMB Richard  DAL 21 NOVEMBRE IN TUTTE LE LIBRERIEWhere stories live. Discover now