Cap 86: Hurts like Heaven Coldplay

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Richard

Guardo l'armadio aperto.
L'ultima maglietta da portarmi via in questo viaggio.
Chiudo la borsa e la lascio cadere a terra.
Il disegno di Caroline appeso sul comodino, gli occhi che Nicolas ha disegnato alla perfezione. Lo sguardo vivo e triste di chi ha saputo seguirmi.
Il basso, quello di papà, sul letto, la tracolla scomposta che aspetta di essere afferrata da una mano che non può fare a meno di lei.
La mia chitarra, appesa al muro, a prendere polvere, ad aspettarmi da anni, a guardarmi con gli occhi di di chi mi conosce meglio di chiunque altro.
Eccoci qua.
Dopo questo, non ho bisogno di addii.
Tanto tornerò.
Tornerò presto.
Lo so.
E mi lasceró cadere ancora.
Ancora.
E ancora.
Aprirò le braccia, la acque del Cam, questo fiume così bello, alle mie spalle.
Un passo indietro.
E cadró.
Porto le mani nelle tasche.
Mi ricordo quel fratello che troppo spesso non so abbracciare.
La schiena eretta, pronta a cedere al primo dosso.
Le parole ben incastrate tra la lingua e i denti, pronte a ferire ancora nel momento del bisogno.
Malgrado la certezza di quello che nascondo.
Malgrado la voglia di tornare ad essere quello che sono.
Malgrado i segni sulle ginocchia per l'attrito, ormai conosciuto, con il terreno.
Malgrado tutto.
Lo so.
Lo so che dovrò cadere ancora.
Ancora.
E ancora.
Lo so.
Non smetterò di farlo per tutta la vita.
In quale altro modo si può imparare a vivere?
La mano di chi può aiutarmi a rialzarmi è troppo lontana.
Il segno di dita forti sulla mia pelle, il ricordo di quello che non c'è più.
Guardo l'ora.
È arrivato il momento.
Quello di tagliare la corda e rimettersi in sesto.
Nel mio freddo egoismo, sulle mie onde alte, in balia dei venti dei miei cieli in burrasca, scelgo chi essere.
Certo che questo sarà solo un fugace momento che si prende il mio cuore, ma tornerò.
Tornerò presto.
Lo so.
Si può ostentare sicurezza, perdercisi dentro a quell'amara sensazione di avere sempre, tutto, sotto stretto controllo.
Si può non inciampare, non barcollare, non cedere.
Si può.
So farlo.
So nascondermi.
Ma so anche che ora, non è il momento.
Scelgo la mia verità.
Quello che nascondo dentro.
Scelgo il mio secondo nome.
Quello che non dico a nessuno.
Quello che ha scelto mio padre.
E non mi sento meno uomo.
Né meno forte.
Non mi vergogno di avere gli occhi un pó appannati.
Lui, ora, se potesse vedermi, sarebbe fiero di me.
Il primo passo verso una strada ancora lunga che mi porterà da lui?
Il primo movimento verso quella chitarra che rimane immobile appesa al muro?
È Nicolas quello che se ne va per cercarsi.
Non io.
È Nicolas che di tanto in tanto si manca e cerca la sua solitudine.
Non io.
Il mio corpo è adatto alle sensazioni al limite.
Ai bicchieri di birra sui banconi dei Pub.
Scelgo comunque il mio secondo nome.
Scelgo di smetterla di rovesciare le vite degli altri, pronto ad annegare nella mia.
Scendo le scale, la borsa in spalla, le dita a toccare i fogli svolazzanti dei disegni di Nic appesi alla parete.
Esito prima di chiudermi la porta alle spalle.
Guardo il vialetto e il suo deserto.
Una radura piatta in cui scelgo di immergermi.
Tornerò.
Presto.
E il rumore famigliare di una moto che sfreccia sulle strade di una Cambridge che amo, arriva ad annunciarmi una partenza.
E i capelli di Nicolas spettinati dal vento che sfida continuamente, mi regalano un sorriso.
E le gomme della Ducati che addentano l'asfalto mi ricordano le nostre corse sulla strada.
I nostri sguardi che stanno cambiando.
Le nostre parole che crescono.
Prendo i miei pensieri e li rilego in quei posti che a pochi mostro.
Perdersi ha il sapore di uno stato di incoscienza perfetto.
Scegliere di farlo non ha alcuna plausibile giustificazione.
Ci si perde in un posto che non si conosce.
Su una strada mai battuta.
Ci si perde quando non si è in contatto con la realtà. Quando il bisogno di soffrire meno è più grande di quello di tentare di capire.
Ho bisogno di solitudine, dell'assenza di chi mi dice chi devo essere, della mancata presenza di chi sa dirmi qual'è la strada giusta.
Scelgo il mio secondo nome.
Io e Nicolas assieme ad accompagnarci, siamo un passato lontano che si fa presente.
Appoggio la mano sul suo fianco quando parte accelerando deciso.
Sento la sua pelle sotto le dita, la sento sotto il giubbotto di pelle, la sento.
E toccarlo senza dovergli fare male mi fa uno strano effetto.

NUMB Richard  DAL 21 NOVEMBRE IN TUTTE LE LIBRERIEWhere stories live. Discover now