Cap 60: Shot at the night The Killers

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(Sono molto legato a questo pezzo. Mi ricorda un momento della mia vita in cui mi sono sentito confuso. Si allaccia a Caroline con una perfezione disarmante)

Caroline

Perdersi ha il sapore di uno stato di incoscienza perfetto.
Scegliere di farlo non ha alcuna plausibile giustificazione.
Ci si perde in un posto che non si conosce. Su una strada mai battuta.
Ci si perde quando non si è in contatto con la realtà. Quando il bisogno di soffrire meno è più grande di quello di tentare di capire.
Ho bisogno di solitudine, dell'assenza di chi mi dice chi devo essere, della mancata presenza di chi sa dirmi qual'è la strada giusta.
Arriva per tutti questo momento.
Presto o tardi arriva.
È uno di quegli incroci pericolosi sparsi lungo una vita intera.
Quelli pieni di strade e curve da poter seguire.
Cartelli ben posizionati ad indicare le direzioni.
Sentimento, ragione, consapevolezza, responsabilità, sacrificio, dedizione, attesa.
Procedere significa seguire un percorso che può portare a crescita e sofferenza.
Guardo i rettilinei ben definiti.
Mi volto.
Respira Caroline.
Respira.
Non so come si fa ad andare avanti e torno indietro.
Li percorro al contrario, seguo le loro direzioni opposte e mi perdo.
Mi perdo nel non sentire, nel non voler ragionare, nell'inconsapevolezza, nell'irresponsabilitá, nella scelta di non sacrificarmi troppo, nella mia mancata dedizione, dentro il mio non voler aspettare.
Respiro e scelgo, ciondolo nella strada attaccata alla mia bottiglia.
Prendo la mia età, la metto in tasca certa che questo è il momento giusto per vivere il mio stato di incoscienza perfetta.
Cammino dentro una Cambridge che amo e odio allo stesso tempo.
Porta in grembo la mia famiglia, l'amore, l'amicizia ma si trascina dietro anche tutta questa confusione.
Mi siedo sulle sponde del Cam, mi sdraio sull'erba umida, la borsa con quello che rimane della mia casa è il mio cuscino.
Guardo il cielo.
Un azzurro limpido è ritagliato dal bianco vaporoso delle nuvole.
Un vento leggero è il pennello capace di trasformare forme in continuo movimento.
Dicono che gli occhi sono lo specchio dell'animo, anche quello che ci fanno vedere lo è.
Ed io in quelle nubi candide vedo.
Creo immagini che galleggiano dentro il mio cuore.
Il volto di Nicolas, gli occhi di Richard, le parole di mio padre.
L'ultimo abbraccio di mia madre.
I miei rapporti mancati, i miei sogni mai esistiti.
L'alcool rende fluttuanti i miei pensieri e mi aiuta a non preoccuparmi troppo di dove sono, né di quel che sto facendo.
La sera arriva e mi osserva sdraiata sul prato, i lampioni si accendono scaldando la notte a venire ma non il mio cuore.
"Fottiti" sento gridare nell'aria grigia.
Alzo un poco il capo, la bottiglia vuota accanto a me.
Due ragazzi vicino ad un olmo troppo vecchio si spingono.
Mi alzo cauta, mi avvicino piano e sento i toni di una conversazione accesa alzarsi sempre di più.
Insulti ben posizionati si appoggiano ai loro corpi in conflitto l'uno con l'altro.
"Ehi" grido poco attenta.
I due si fermano al suono della mia voce.
Il ragazzo a terra si alza veloce, mi da un'occhiata, pulisce i pantaloni impolverati e si dilegua veloce in un buio in arrivo.
"Caroline?" Smoke mi guarda torcendo il collo.
"Smoke?" Un tono pieno di sorpresa.
"Che ci fai qui?" chiede tamponando il sangue che cola dal naso.
"Tu?" rispondo senza rispondere.
"Quel bastardo mi deve dei soldi" dice indicando la strada ormai deserta.
Muovo piano il capo in segno di comprensione anche se in realtà non ho capito abbastanza.
Guardo le sue gambe sottili riprendere a camminare, i jeans stroppicciati, la faccia sconvolta.
Rimango qualche istante a guardarlo mentre si allontana lungo il Cam.
Respira Carol.
Respira.
Lascio cadere la bottiglia a terra, corro a prendere la borsa lasciata qualche metro più in là e con passo affrettato lo raggiungo.
"Ehi Smoke" grido decisa.
Si volta appena.
"Che c'è?" chiede perplesso continuando a camminare.
"Hai un letto da prestarmi?" continuo sfacciata, lo stomaco sottosopra e intenzioni slegate a rendermi invincibile.
"Un letto da prestarti?" Apre gli occhi sorpreso.
"Già. Un letto. Non so dove dormire questa notte" ammetto.
Smoke si ferma, la mano sul labbro gonfio.
"Richard?" Chiede apprensivo.
"Chi è Richard?" Rispondo con un sorriso ironico.
Mi guarda silenzioso, scruta la mia espressione che pare sembrargli alquanto strana.
"Al diavolo" dice poi riprendendo a camminare.
Lo seguo con la borsa sulle spalle, alzo il cappuccio della felpa sul capo.
"È un Sì?" dico sorridendo.
Sento i suoi passi pesanti sul ghiaino morbido. Nessuna risposta a riempire lo spazio che mi divide da lui, solo un tacito assenso che mi fa sentire meglio.
In questa triste giornata ho rimediato la mia incoscienza, la strada da seguire e un letto dove dormire.
Non si finisce mai di sorprendersi di fronte ad occasioni impossibili che si presentano proprio quando tutto sembra perduto.

NUMB Richard  DAL 21 NOVEMBRE IN TUTTE LE LIBRERIEWhere stories live. Discover now