99 - Grappoli di incertezze

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C'era qualcosa di imperituro tra le viti appesantite dai grappoli maturi. Agata pulì un chicco blu con il lembo della manica e lo avvicinò alle labbra sigillate in una linea dura. Solo quando il frutto morbido sbatté contro i denti serrati la ragazza si rese conto che le gli zigomi le dolevano e si decise a rilassare la mandibola.

Appena arrivati nel casale, nonostante avesse trascorso due notti in bianco, la ragazza si era dedicata a scrivere decine di lettere, che aveva inviato ai vari gruppi di dissidenti attivi nelle città degli Altopiani o nelle Zone limitrofe.

Tutti conoscevano Harris; se non di persona di fama. La ponentina sperava che la reputazione dell'amico e la disperazione di cui lei aveva riempito la richiesta d'aiuto sarebbero bastate a richiamare abbastanza persone da poter organizzare un assalto al laboratorio.

Agata era certa che A-8Z8 avesse rinchiuso i prigionieri nella struttura di massima sicurezza dove da anni sperimentava le sue teorie sulle razze semi-umane: il laboratorio da cui avevano fatto fuggire Anaheera e che era attrezzato non solo per tenere rinchiuse creature con capacità fuori dal comune, ma soprattutto per tenere fuori chiunque volesse curiosare tra le attività che venivano condotte nella più assoluta segretezza.

Dopo la fuga di Tseren e quella di Anaheera, A-8Z8 aveva rafforzato la sicurezza dei suoi laboratori, in particolare del laboratorio che da qualche anno considerava la sua punta di diamante. Non solo i ranghi della guardia della FSI si erano ingranditi, ma gli scienziati che non si erano dimostrati completamente d'accordo con le direttive del fondatore erano stati allontanati dall'organizzazione.

Il gruppo dei dissidenti aveva perso molti infiltrati, dunque Harris non sarebbe riuscito a coordinare una fuga dall'interno. Avevano bisogno che l'attacco partisse dall'esterno.

Sebbene Agata e Tseren, nel corso del loro breve soggiorno nel Capoluogo degli Altopiani, si fossero tenuti alla larga dal laboratorio di A-8Z8 per paura di rivelare in qualche modo la loro presenza in città, la ponentina si era fatta descrivere la struttura nei minimi particolari.

A differenza del resto delle abitazioni del canyon, che erano scavate nella roccia, il laboratorio era un edificio di specchi e marmo nero. Il perimetro era una muraglia di marchingegni molto diversi dagli attrezzi scientifici che ricoprivano un tempo il tetto della sede centrale nella Capitale; si trattava di armi puntate contro potenziali aggressori, non strumenti di ricerca. Il tetto era di un misterioso materiale fluido, che inghiottiva la pioggia, la grandine, e qualsiasi altra cosa piombasse dal cielo. Dopo la fuga di Anaheera l'ingresso del laboratorio era stato inoltre reso più sicuro da una gabbia di tornelli, all'interno della quale chiunque voleva entrare o uscire veniva sottoposto a un interrogatorio di molti minuti.

Tseren si avvicinò in silenzio, spiando l'Ascendente a lungo prima di rivolgerle la parola. La vide divorare un chicco dopo l'altro, per nervosismo più che per fame. La ragazza teneva gli occhi fissi su un punto imprecisato, tra le viti adagiate le une sulle altre come in un abbraccio, e mugugnava inconsapevolmente quando scovava un frutto particolarmente dolce, strizzando invece gli occhi quando le capitava un chicco acerbo.  Solo quando la vide scuotere il capo per scacciare un pensiero che la preoccupava, Tseren si decise a rivelarle che era lì già da un po'.

«Tutto bene? Sei preoccupata per Harris, non è così?» le domandò dolcemente.

L'altra annuì distrattamente. «Per Harris, per gli altri, per tutte le creature sotto i ferri della FSI... Per noi che probabilmente stiamo andando incontro a una disfatta...»

«Ti sei preparata a questo momento per anni, Agata. Io ho fiducia in te» la rassicurò il levantino passandole una mano tra i capelli.

«E se mi sbagliassi di nuovo, Tseren?» la voce dell'Ascendente tremò nell'esprimere a voce alta ciò che la torturava da quando aveva perso fiducia in se stessa, nella parte di sé che fino a quel giorno terribile di sei anni prima aveva considerato infallibile: la propria mente.

Il primo degli Alicanti [completata]Where stories live. Discover now