1 - Formule incrostate

5.1K 539 358
                                    

La diligenza sobbalzava senza pietà, incurante dello stomaco debole del levantino dalle orecchie ingioiellate che aveva trascorso gran parte del tragitto con la testa fuori dal finestrino. Stavano attraversando la striscia di terra più accidentata del deserto roccioso di Levante e l'uomo lasciò andare l'ennesima imprecazione quando la testa sbatté violentemente contro gli infissi di legno consumato.

I geni dello scienziato che sedeva al suo fianco erano stati invece estremamente clementi, donandogli un senso dell'equilibrio da far invidia a un marinaio. L'altro studioso, infatti, leggeva da quando erano saliti sullo scomodo mezzo di trasporto: si era volutamente sepolto tra fogli ricoperti di grafici illeggibili, esasperato dall'interrogatorio incessante della ponentina che stavano scortando.

L'uomo arricciò le labbra, fingendosi concentrato mentre in realtà osservava di sottecchi la petulante straniera dagli occhi instancabili, seduta rigidamente sul bordo del sedile come se fosse pronta a scattare in piedi da un momento all'altro. Quando non si arrotolava un ricciolo corvino tra le dita sottili, picchiettava con la punta del piede sul proprio bagaglio o cercava di estorcere qualche informazione su dove fossero diretti, si guardava attorno con quelle inquietanti iridi nere, che lo mettevano a disagio come le profondità di un pozzo.

Lo scienziato sfogliò in modo teatrale un quaderno di appunti, riempiendo l'abitacolo del fruscio della carta e dei suoi mugugni. Mai avrebbe immaginato che, per la loro compagna di viaggio, leggere quelle formule fosse facile quanto decodificare un libro illustrato per bambini.

Per Agata il dondolio martellante della diligenza era invece come un conto alla rovescia, che aveva effetto su un organo ben più sensibile dello stomaco. Il cuore dell'Ascendente era stretto in una morsa dall'istante in cui quei due scienziati della Fondazione Scientifica Intercontinentale erano comparsi a una cena di lavoro come un'altra, portando l'unica notizia che non avrebbe mai voluto ricevere e mandando all'aria il piano su cui lavorava minuziosamente da cinque anni. Ora tutto era a rischio e Tseren aveva fatto l'unica cosa che non si sarebbe mai perdonato.

La ragazza inspirò ed espirò profondamente. L'avrebbe guarito, avrebbe fatto di tutto per aiutarlo a vincere la battaglia con il senso di colpa. E poi si sarebbe occupata del resto: avrebbe dimostrato che una persona sola, una donna irrilevante, come l'aveva chiamata con disprezzo A-8Z8, poteva fare la differenza. Avrebbe minato le fondamenta della FSI e smascherato quanto l'organizzazione più prestigiosa dei due continenti fosse tossica per gli abitanti di Ponente e Levante.

Gli appunti sparpagliati disordinatamente per la diligenza erano equazioni molecolari avanzate. Che gli esperimenti sul suo Drago avessero a che fare con la genetica non era per la ponentina una novità: la creatura che aveva visto anni addietro, nei sotterranei dell'arena del torneo intercontinentale, altro non era che un incrocio tra razze.

Quei grafici pieni di note parlavano chiaro: studiando il corpo di Tseren, si erano ritrovati di fronte a una barriera genetica che non erano ancora riusciti a scardinare. Dopo ben cinque anni di sperimentazioni, se quello era il risultato raggiunto, non avevano in mano niente. Niente. La ricerca era stata inconcludente.

L'Ascendente accennò un sorriso amaro.

Anche la piccola bussola incastonata discretamente in uno dei suoi braccialetti non aveva rivelato, fino a quel momento, alcuna sorpresa: il laboratorio segreto della FSI era proprio dove sospettava, a nord-nord-est del monte Enkher. Aveva cercato di stordire i due scienziati con un gran numero di domande, alcune delle quali talmente banali che sperava avessero abbassato la guardia nei suoi confronti. Nella vita, infatti, non c'era niente di meglio che essere sottostimati dai propri nemici.

Agata appoggiò una mano sul petto e si avvolse meglio nella coperta di pelliccia, quel gelo interiore che la accompagnava da quando si era separata dal suo Drago si espandeva ogni giorno di più, costringendola a indossare abiti invernali in qualsiasi stagione.

«Come mai non mi avete bendato?» domandò la ragazza scorgendo in lontananza il profilo dell'enorme struttura che ospitava i laboratori.

«Perché tanto da qui non te ne andrai mai più» rispose distrattamente lo studioso che non era occupato a vomitare le proprie interiora.

L'altra non ribatté, ma quella motivazione non le sembrava sufficiente a giustificare il modo di fare superficiale che aveva notato da quando erano partiti. La fuga recente del Drago aveva infatti dimostrato che quel luogo era tutt'altro che inviolabile. La poca attenzione alla sicurezza, il fatto che i due scienziati si fossero presentati senza guardie e la noncuranza con cui l'uomo sfogliava una ricerca segretissima di fronte a una sconosciuta erano tutti indizi di una trascuratezza che Agata non si aspettava dalla FSI.

Ebbe la conferma dei suoi sospetti quando entrarono nell'edificio. I corridoi che ricordava gremiti di scienziati indaffarati erano vuoti e tutto sembrava in decadenza: tubature arrugginite si arrampicavano sull'alto soffitto e gran parte delle porte erano chiuse da catenacci impolverati. Lo stucco veniva giù dalle pareti ogniqualvolta qualcuno chiudeva una porta e c'era un odore stantio in molti degli androni che attraversarono.

Le poche persone che incrociarono li guardarono con curiosità e Agata ebbe l'impressione che tutti sapessero chi fosse. Con ogni probabilità Tseren aveva attaccato i suoi carcerieri prima di fuggire, il personale rimasto nel laboratorio non poteva che essere terrorizzato dalla creatura che tenevano prigioniera.

La lasciarono sola in una stanza vuota, a osservare il tempo scorrere sulle ombre create dalla luce pallida che filtrava dalle finestre, l'unico orologio era difatti fermo.

La ragazza, mangiata dall'agitazione, attese e attese finché non perse la pazienza. Che fine avevano fatto gli scienziati? Perché nessuno si degnava di darle una spiegazione? Stufa di aspettare decise di provare ad aprire l'uscio e sorprendentemente la maniglia si abbassò con facilità. Si ritrovò nel corridoio deserto, sempre più confusa. Non avevano neanche chiuso a chiave la porta?

Il suo cuore era in apnea da quando erano entrati nel laboratorio. Tseren era così vicino. Aveva bisogno di vederlo. Più di ogni altra cosa, la separazione dal suo Drago, dal ragazzo che amava, polverizzava ogni giorno un altro frammento del suo animo e se era riuscita a tirare avanti quegli anni era solo nutrendo, giorno dopo giorno, il piano per liberarlo e cospirando con quello strampalato gruppo di dissidenti che era diventato ormai la sua famiglia.

Prese la direzione opposta rispetto a quella da dove era arrivata e seguì i tratti di corridoio meglio tenuti, evitando quelli che davano l'aria di non venir mai percorsi. Dopo venti minuti che girava a vuoto si ritrovò davanti una gigantesca porta a doppia anta e riconobbe l'ingresso all'hangar da cui l'avevano trascinata via in lacrime cinque anni prima. I battiti si rincorrevano come in una frana fino a fondersi in un unico grande macigno che le schiacciava il petto.

Tseren era così vicino.

Agata spinse con forza contro i battenti, inutilmente. Si era quasi aspettata di trovare aperto anche quell'ultimo uscio che la separava dal Drago. Era certa che il ragazzo fosse lì dentro.

«Fatemi entrare» gridò con tutto il fiato che le era rimasto, ma anche in quel caso nessuno si degnò di risponderle e così sentì la rabbia montarle dentro. L'avevano trascinata fin lì da un giorno a un altro e ora non si prendevano neanche la briga di aprire quella maledetta porta che...

Vide una leva gialla montata nel muro, protetta da una teca sporca, e senza un attimo di esitazione si sfilò uno stivaletto e diede un colpo secco al vetro frantumandolo. Con due mani si aggrappò e si lasciò cadere all'indietro, usando tutto il peso del proprio corpo per forzare il marchingegno.

Un cigolio gracchiante fu l'avvisaglia che il portone si stava aprendo e Agata non attese oltre: non appena lo spiraglio fu grande abbastanza si infilò tra i battenti.

***NOTA***

Eccoci qui. Vi sono mancati i miei finali di capitolo sadici, vero?
Che dite, Agata e Tseren stanno per ritrovarsi oppure no? Che ipotesi avete fatto in questi mesi, come  pensavate che iniziasse il romanzo?
Per ora l'idea è pubblicare una volta a settimana, ogni mercoledì.

Il primo degli Alicanti [completata]Where stories live. Discover now