28 - Una scintilla insonne

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Harris aveva scelto il letto più lontano da Agata e Tseren. Finché non avesse deciso come comportarsi con il Drago e come riconquistare un ruolo centrale nella vita dell'amica, preferiva stare alla larga da entrambi. In quel modo poteva far credere alla ragazza che non fosse pronto a perdonarla e al tempo stesso evitare che gli occhi imperscrutabili del levantino mettessero a nudo i sentimenti che aveva gelosamente custodito per due anni.

Agata gli aveva detto chiaramente che non aveva intenzione di tirarsi indietro dalla lotta, che non avrebbe rinunciato alla loro causa; eppure Tseren non dava l'impressione di essere altrettanto motivato a fronteggiare A-8Z8 e Xhoán non aveva di certo uno spirito vendicativo. Se i due avessero cercato di convincerla a desistere, a lasciare i compagni di rivolta per rintanarsi chissà dove, c'era la possibilità che la spuntassero. Senza Agata al suo fianco, Harris si sentiva perso: qualsiasi insuccesso lo avrebbe affossato doppiamente, qualsiasi vittoria l'avrebbe fatto gioire a metà.

Poco distante, Xhoán aveva invece scelto una sistemazione vicino al figlio. Tseren occupava la cuccetta superiore del letto a castello accostato alla parete che dava sulla banchina interna, e Agata era subito sotto di lui, nella brandina di mezzo. Lo sciamano si era sistemato nella struttura adiacente, anche lui nella branda più in alto, per monitorare il sonno agitato del ragazzo.

Il Drago trascorreva gran parte del tempo in un bagno di sudore, in preda a spasmi che di tanto in tanto lo destavano; in quei momenti, incrociando il suo sguardo folle, di un oro incandescente, Xhoán sentiva un brivido percorrergli la spina dorsale. Tseren cercava in continuazione il contatto con Agata, allungando il braccio oltre la sponda del letto, ma quando la sua mano toccava la pelle nuda di lei, la ponentina si scostava involontariamente, per via della temperatura elevata. Ogni tanto l'Ascendente si svegliava a sua volta, e, nel vedere la mano che ciondolava vicino al proprio cuscino, si tirava giù la maglia sul polso e lo stringeva saldamente, finché nel sonno la presa non si allentava di nuovo.

Era uno spettacolo straziante e lo sciamano non riuscì a chiudere occhio: frugava disperatamente nella propria mente alla ricerca di un frammento di ricordo che lo aiutasse a capire cosa stesse accadendo al figlio, un dettaglio che magari aveva messo da parte considerandolo ai tempi poco rilevante. Niente, purtroppo non aveva conosciuto nessun Drago che fosse rimasto separato tanto a lungo dal proprio Ascendente. Quella, infatti, poteva essere la motivazione alla base della patologia, oppure il malessere altro non era che un effetto collaterale degli esperimenti che avevano punzecchiato per anni il fuoco dormiente.

Un'altra preoccupazione che impediva allo sciamano di riposare era l'incertezza sul futuro. Fino a quel momento si era affidato al giudizio di Agata, perché sperava che il suo piano cervellotico per salvare Tseren avrebbe funzionato. Così era stato, ma ora l'idea di rimanere con quel gruppo di dissidenti sbandati, che con ogni probabilità si erano gettati a capofitto in una battaglia che i loro nemici consideravano al massimo un prurito fastidioso, gli sembrava insensato. Soprattutto in un momento in cui la priorità, per lo meno per lui e Agata, sarebbe dovuta essere la guarigione di Tseren. Si era accorto di come il giovane fosse portato ad accomodare le decisioni dell'Ascendente, non tanto perché non si fidasse di se stesso, ma perché era in tutto e per tutto esausto: controllare i tratti di drago, che tendevano a emergere indipendentemente dalla situazione e dallo stato d'animo, assorbiva tutte le sue energie.

Lo sciamano sentì in lontananza il guaito di un animale, un verso acuto che svegliò la persona sdraiata sulla branda sotto la sua; sentì l'uomo imprecare dando un calcio alla struttura portante del letto a castello e sospirò amaramente. Quanto rimpiangeva la tranquillità di Ponente: le passeggiate mattutine nei boschi che profumavano di cespugli in fiore e quelle serali tra le viuzze deserte del castelletto. E quanto rimpiangeva la routine della vita nel villaggio ai piedi del monte Ariun: il giro delle visite dei pazienti e le ore seduto sulla tomba di Baya. La sua anima stanca anelava a un po' di tranquillità e, prima di chiudere gli occhi, vide l'immagine di una casetta verde sul litorale più ventilato di Levante.

Il primo degli Alicanti [completata]Where stories live. Discover now