105 - Attesa tardiva

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Harris era in fremente attesa di ricevere comunicazioni dall'esterno. Sebbene facesse del suo meglio per dare l'idea di avere tutto sotto controllo, in modo che A-8Z8 continuasse a spiarlo nella speranza che facesse un passo falso, non stava a lui lanciare l'attacco al laboratorio. Non avrebbe potuto farlo dall'interno, e il motivo per cui il ponentino era un ottimo leader era proprio la sua capacità di fidarsi dei suoi, delegando la responsabilità quando necessario.

Per il momento il suo compito era semplicemente mappare gli amici tra i ranghi della FSI e seminare zizzania tra i nemici. Era solo una questione di giorni, Harris sapeva che il piano dei dissidenti era scatenare un putiferio all'esterno, in modo che le guardie si sarebbero allontanate dai prigionieri.

Non poteva mancare molto. Agata non avrebbe rischiato che gli accadesse qualcosa e più tempo lo lasciavano alle mercé di A-8Z8, più davano al leader della FSI il tempo di aggirare le richieste insistenti del Console di Ponente amico di Gregor. Nonostante lui e Agata non fossero vicini come un tempo, Harris non aveva mai messo in discussione la loro amicizia. Il rispetto reciproco, la forza con cui si erano sorretti a vicenda e la fedeltà alla causa non erano sentimenti che sparivano da un giorno all'altro.

Nella speranza di scoprire dove fossero rinchiusi i suoi amici, Harris curiosava nelle aree a cui aveva accesso, origliando le conversazioni ma comportandosi in modo rispettoso per non tradire involontariamente qualcuno degli alleati.

Chiedeva a tutti di A-8Z8, per capire se l'uomo fosse presente in quei giorni nella struttura sugli Altopiani. Agata gli aveva descritto i tratti di Utukur nei minimi dettagli e Harris non faceva che scandagliare la folla di scienziati, alla ricerca di un ragazzo gracile dagli occhi abissali. Sapeva che il fondatore della FSI non era molto alto, aveva sottili capelli neri, un naso aquilino, un mento appuntito e una voce squillante.

Se A-8Z8 era lì, anche lui nel laboratorio, rimaneva però abilmente nell'ombra. Il capo dei dissidenti era certo di non averlo incontrato: non riusciva a immaginare che un uomo tanto straordinario potesse passare inosservato.

Il ponentino era prigioniero da otto giorni, quando si ritrovò seduto a colazione con due scienziati che non aveva mai visto. Erano giunti da un altro dei laboratori della FSI qualche ora prima, nel cuore della notte, per unirsi a un nuovo programma di ricerca.

Ignari dell'identità del giovane silenzioso seduto al loro fianco, lo straniero dalla chioma ramata che sembrava più interessato al tramezzino a galla nel brodo che a conversare, i due discutevano il loro nuovo progetto.

«Dopo gli esperimenti fallimentari sul Drago, non pensavo che mi avrebbero coinvolto nella seconda fase. Ero sicuro di aver chiuso con la genetica semi-umana» stava dicendo il più anziano dei due.

«È vero, non lavoriamo insieme dai tempi del progetto Fiamme Blu! Bei tempi...» replicò l'altro.

«Perché tu sei partito prima che tutto cominciasse ad andare in malora! Gli ultimi mesi che ho trascorso lì sono stati un incubo. Il Drago diventava di mese in mese più ingestibile. Era più il tempo che eravamo costretti a drogarlo che quello che potevano andare avanti con la ricerca!» sbottò il primo.

«Una creatura strana, il Drago» riprese lo studioso giovane. «Finché era lucido non ha mai provato a reagire. Me lo ricordo bene, seduto a gambe incrociate al centro della gabbia, come un asceta, dalla mattina alla sera, indipendentemente da cosa gli facessimo.»

«Ti confesso che un paio di volte ho pensato che avessimo esagerato, che non sarebbe sopravvissuto.» L'uomo si grattò la nuca pensieroso.

«Ti ricordi quella volta che abbiamo invertito il flusso del sangue nelle sue vene? Per gli spiriti degli antenati, le sue urla mi hanno tormentato per settimane!» sospirò l'altro.

Il primo degli Alicanti [completata]Where stories live. Discover now