18 - Palafitte semi-umane

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La chiatta sgusciò in uno dei canali della palude e, non appena furono abbastanza lontani dal porticciolo, i tre ripresero a parlare.

«Cosa è successo, esattamente?» Fu Tseren a rompere il ghiaccio. «Un codice? Lo stesso che hai usato con Bituin?»

«Proprio così» annuì Agata, mentre riconoscente accettava dal barcaiolo un cappello che l'avrebbe riparata dagli sciami di libellule e calabroni carnivori.

«Come funziona?» le chiese ancora il Drago cercando di sovrastare il rumore del motore semi-automatico dell'imbarcazione.

«Ci vorranno almeno sette ore per arrivare a destinazione!» urlò loro il conducente. Non si era evidentemente accorto che i due passeggeri stavano discutendo di altro, troppo concentrato a timonare nel pantano; doveva infatti stare attento alle insidiose radici che rischiavano di finire nell'elica.

«È un codice in realtà molto semplice: basta cominciare ogni frase con le iniziali della FSI al contrario... Una sola volta può essere casuale, ma due, tre volte di fila è altamente improbabile» spiegò la ragazza.

L'altro fece un cenno di assenso e scacciò una libellula che era riuscita a infilarsi sotto la retina che scendeva dalla falda del copricapo; si era dimenticato di quanto fossero tenaci gli insetti delle Paludi, e quella sensazione familiare gli riportò alla mente lo stato d'animo di cinque anni prima, quando aveva scelto di seguire, tra quegli stessi fiumi di melma, un vecchio mercante colonnello convinto di essere suo nonno. La prima traversata delle Paludi era stata simile, dal punto di vista fisico: i vestiti appiccicati fastidiosamente addosso, il prurito delle punture dei calabroni, l'odore pungente del fango incrostato sull'opera morta dello scafo... Dal punto di vista psicologico, invece, Tseren non si riconosceva neanche più nelle riflessioni di quel ragazzo ingenuo che si illudeva di poter controllare il proprio futuro. Rivolse un sorriso affranto ad Agata, ma il volto di lei era nascosto dalla rete del cappello, e così il Drago si chiese se anche l'Ascendente stesse navigando, in quel momento, la medesima via dei ricordi.

Sonnecchiarono gran parte del tempo, immuni entrambi al beccheggio incessante del natante.
I sensi di drago di Tseren, fatti per i voli vertiginosi che aveva appena iniziato a scoprire, proteggevano il suo stomaco dal mal di mare.
Per Agata, cresciuta invece sul peschereccio di famiglia, le onde dell'acquitrino non erano niente in confronto alle correnti impetuose dell'oceano.

Più si inoltravano nelle Paludi più l'aria si faceva pesante, gli insetti affamati, e la luce delle stelle filtrava con maggiore difficoltà tra i rami intricati delle mangrovie. A bordo della chiatta si infilarono tra quelle piante aggressive che dominavano il territorio indisturbate, attorniati dai versi di animali sconosciuti; di tanto in tanto l'Ascendente si avvicinava al Drago, ma era costretta a distanziarsi subito a causa del calore che il corpo di lui emanava, un calore che si andava a sommare all'afa già insopportabile.

Dopo molte ore di viaggio in condizioni estreme, Agata ebbe improvvisamente l'impressione di respirare con più facilità. Strabuzzò gli occhi nel riconoscere, in lontananza, le luci fioche di quelle che avevano tutta l'aria di essere delle candele. Gradualmente i rami penduli degli arbusti si aprirono come dei drappeggi, rivelando una radura in cui l'aria era meno impura, un'oasi di cui persino gli insetti erano rispettosi, rimanendone stranamente alle porte.

Tseren aguzzò la vista e, riconoscendo una schiera di palafitte ordinate, si stupì di trovare un villaggio tanto curato nel bel mezzo dell'acquitrino; l'atmosfera era decisamente diversa da quella del porticciolo caotico che avevano lasciato poche ore prima.

Sottili ponti di corda attraversavano lo spazio vuoto tra gli alberi, collegando i vari quartieri del borgo, ancora silenziosi dal momento che il sole cominciava a sorgere proprio in quel momento.

Il primo degli Alicanti [completata]Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon