103 - Una vigilia affrescata

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Agata faceva fatica a respirare. Kuy Hoa non aveva affatto esagerato: i cunicoli sotterranei scavati dagli Gnomi erano troppo angusti per qualsiasi creatura alta più di un metro.

L'Ascendente gattonava ansimante dietro a Tseren, nella speranza che l'agonia sarebbe finita presto. Il Drago non era altrettanto affaticato e si muoveva nelle strette gallerie agilmente, seguendo a memoria la mappa che aveva disegnato per lui la giovane Goblin.

Il suo udito sviluppato coglieva gran parte di quello che avveniva in superficie, quattro metri sopra di loro: gli zoccoli degli animali sui sanpietrini, le urla dei mercanti, lo starnazzio dei giochi dei bambini, i complotti delle decine di Audaci che si erano riversati nel Capoluogo degli Altopiani e che cercavano ancora i due Primi Profeti caduti nelle mani dei dissidenti: Bocciolo Umile e Vento Conciliatore.

Tseren sapeva che Lakitaii era spirata meno di ventiquattro ore dopo essere stata colpita da un uomo di cui nessuno sembrava ricordare l'aspetto. La ferita alla testa si era infettata e nessuno, tra gli Gnomi, era stato in grado di aiutarla. Non che a qualcuno interessassero molto le sorti della donna che aveva distrutto, con le sue idee, migliaia di famiglie.

Vento Conciliatore, il Profeta originario delle Isole Meridionali di Levante, l'uomo esageratamente alto, ricoperto di tatuaggi tribali, era stato invece spostato in uno dei covi più periferici degli Gnomi. L'idea era portarlo lontano da lì, rinchiuderlo da qualche parte nelle Paludi di Levante, in isolamento, finché la sua vita non si fosse spenta di morte naturale nell'umidità asfissiante degli acquitrini.

Quando raggiunsero finalmente la fine dei cunicoli, sbucando da una cinta muraria interna del Tempio Antico, Agata rimase in silenzio, in attesa di sapere dal Drago se quella zona del luogo di culto era davvero deserta come aveva prospettato loro la ragazzina Goblin.

Il Tempio Antico di Levante occupava svariate are e si estendeva dal punto più alto del Capoluogo fino all'estremità più profonda della gola. Ed era proprio nella zona più lontana dal centro abitato che il passaggio segreto aveva condotto i due ragazzi.

Laggiù non c'erano lanterne, tra le pietre ricoperte di fili d'erba e fiori di campo; non c'erano altari ricoperti di noci d'incenso; né il suono delle litanie cantate giorno e notte dalla classe sacerdotale. Nell'area abbandonata del Tempio Antico c'era solo la natura rigogliosa che aveva ripreso possesso del luogo: gli animali avevano costruito tane soffici negli angoli delle cripte, i tarli avevano mangiato gli scrigni dove un tempo erano conservate le pergamene che ripercorrevano i miti degli antenati.

Tseren prese per mano l'Ascendente, guidandola attraverso la pungente erba alta, e in silenzio i due salirono, scesero, scesero e salirono ancora tra i tempietti ottagonali soffocati da piante rampicanti.

Con sicurezza il ragazzo si infilò in un edificio di pietra ricoperto di muschio giallo e licheni blu. Scese poi qualche gradino, intimando ad Agata di stargli più vicino, in modo che potesse seguire i suoi passi.

La ragazza sorrise nel sentire le braccia salde di Tseren attirarla a sé e si ritrovò a pensare a quanto le sarebbe piaciuto se quella fosse stata una gita notturna come un'altra, invece che un'incursione in un tempio abbandonato alla vigilia della giornata più difficile della sua vita.

Lo scontro con A-8Z8 era ormai alle porte e sebbene la ponentina avesse pianificato tutto nei minimi dettagli, coordinando l'attacco con alcuni infiltrati nel laboratorio e con la comunità semi-umana, si sentiva congelata dalla paura. Non era riuscita a comunicare con Harris e aveva paura che nel frattempo all'amico fosse accaduto qualcosa; sapeva inoltre che gli alleati erano inesperti in confronto alla guardia addestrata della FSI. E poi non si sentiva all'altezza del loro nemico, non si sarebbe mai sentita all'altezza di A-8Z8. E per quanto non avesse fatto trasparire in alcun modo la sfiducia, per non demotivare i suoi compagni, lei non era convinta di poter davvero vincere. Le rimaneva la speranza che portassero a casa una mezza vittoria: se, liberando i loro amici, fossero riusciti anche solo a scalfire la FSI, sarebbe stato più che sufficiente.

La mente di Tseren, in quel momento, era lontana anni luce da A-8Z8, dal piano di Agata e dal rischio di perdere tutto. Si aggrappava alla speranza di trovare qualcosa di sconvolgente tra quelle mura che per millenni avevano udito le preghiere dei popoli degli Altopiani. L'unica preghiera del Drago, da quando aveva scoperto di avere una seconda natura che non poteva controllare, era sempre stata trovare il modo di liberarsene. Era stufo di vivere nel terrore di se stesso.

L'umidità gocciolava dal soffitto di lastre sfalsate e assi di legno secolare ricoperte di una spesa cera impermeabile, che le aveva preservate dalle intemperie.

Tseren riusciva a scorgere i filamenti argentati delle ragnatele e le balle di polvere e foglioline che si erano accumulate lungo il perimetro dei battiscopa decorati. Poco o niente era rimasto sulle pareti, se non qualche lembo di tessuto incrostato appeso a grossi chiodi arrugginiti.

I due ragazzi raggiunsero infine un'ampia sala senza finestre. Forse proprio per quel motivo l'interno si era preservato meglio, rispetto al resto dell'edificio. Il levantino alzò immediatamente lo sguardo sul soffitto affrescato. Ci volle un attimo perché le schegge ambrate nei suoi occhi si illuminassero per mettere a fuoco ciò che rimaneva del dipinto.

Mentre Agata armeggiava con una torcia, Tseren osservò l'affresco nei minimi particolari: alcune aree erano purtroppo ricoperte di muffa nerastra, ma, tra crepe e stucco sbriciolato, una scena maestosa decorava il soffitto della stanza delle cerimonie.

Il dipinto era sviluppato in modo che da qualsiasi punto della sala si riuscisse a vedere chiaramente almeno una delle scene che formavano la complessa composizione. Da un lato c'erano i Centauri, come Tseren non li aveva mai visti. Non c'era traccia delle creature composte e distaccate che il ragazzo aveva imparato a conoscere nelle ultime settimane. Le file di guerrieri per metà umani e per metà equini indossavano armature ricoperte di spuntoni e agitavano sul capo bastoni chiodati e scudi seghettati. I volti, sformati da lingue penzolanti e occhi fiammanti, narravano di odio, disprezzo, sete di sangue. Seguendo una spirale, Tseren passò alla scena successiva. Riconobbe un Drago, un Drago proprio come lui, solo in proporzione molto più grande. La belva aveva il manto verde scuro e gli occhi giallo limone spalancati dalla follia. Il corpo, trafitto da decine di frecce, sanguinava copiosamente, e dalle fauci socchiuse si diffondeva un fumo nero. Seguendo la sagoma del fumo, lo sguardo di Tseren raggiunse la folla umana, rannicchiata tra le case di pietra scavate nella roccia del canyon. Donne con le mai tra i capelli, bambini in lacrime, uomini che additavano chi il Drago inferocito chi la pioggia di frecce che calava inesorabile su di loro. Tseren guardò a lungo gli esseri umani terrorizzati. Simili dovevano essere state le espressioni sgomenti sui volti delle sue vittime, degli abitanti del villaggio del Monte Ariun. Nelle figure rappresentate nell'affresco il Drago vedeva i lineamenti di Kheni, i pugni alzati di Oriun e le lacrime di Nara. La belva pronta a sputare fuoco su tutti quegli esseri umani indifesi non era un mostro informe, era tale e quale a lui. Era lui. 

***MESSAGGIO dell'AUTRICE***

Povero, povero il nostro Draghetto. Non riuscirà mai a perdonarsi per quello che ha fatto...

Grazie per l'affetto che state dimostrando a questa storia, dopo che è stata in pausa per molti mesi. Grazie a chi commenta o lascia una stellina per ricordarmi che siete rimasti...
🥺

Il prossimo capitolo è uno dei miei preferiti e poi... e poi, beh, Harris caro ci sta aspettando!

Elaine

Il primo degli Alicanti [completata]Where stories live. Discover now