42 - Speranza contorta

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I ragazzi si svegliarono un po' alla volta. I più mattinieri andarono a cercare qualcosa da mangiare, i più sportivi si allenarono qualche ora nella pineta, mentre i più dormiglioni continuarono a riposare finché la spiaggia non cominciò ad affollarsi di pescatori in pensione e scolari negligenti.

Senza essersi dati appuntamento, a una certa ora i dissidenti si raccolsero tutti nel terreno nei pressi della discarica per mangiare un boccone. Fortunatamente quel giorno soffiava un vento vigoroso che ripuliva l'aria maleodorante dell'infelice appezzamento di terra.

I ragazzi avevano appena iniziato a fare colazione, un pasto a base di pesce e legumi salati, che due ospiti inattesi attraversarono la recinzione.

«E voi che ci fate qui?» Iikka Jerd balzò in piedi e percorse in un attimo i pochi metri che lo separavano dai nuovi venuti, picchiettando gli zoccoli chiari nel terriccio sabbioso smosso il giorno precedente, nel tentativo di estirpare le erbacce.

La ragazza dai tratti misti lo guardò di traverso, mentre lo Gnomo al suo fianco si schiacciò il naso con la mano grinzosa. «Ma cos'è questo fetore?»

«E, detto da uno che è nato e cresciuto nelle Paludi, rende bene l'idea!» sottolineò Shuiní facendosi aria con la mano.

Holly Dee rimase incantata dall'aspetto inusuale della giovane che aveva appena parlato: la levantina indossava un vestitino cortissimo da cui spuntavano un paio di gambe sode, ricoperte di criptici tatuaggi sulle cui linee scure erano incastonati dei brillantini; le unghie erano dipinte di verde acido e il volto era truccato pesantemente, tanto che gli occhi sottili quasi sparivano nel mosaico di ombretti.

Avrebbe continuato a soffermarsi sulla ragazza, se non avesse udito un vocione rauco provenire da quello che aveva scambiato per un ragazzino. Strizzò gli occhi nel riconoscere una delle creature che Agata le aveva descritto minuziosamente: un Goblin, uno Gnomo di Levante.

«No, non ci credo! Uno Gnomo?!» Gregor si era avvicinato con uno scatto e, senza preoccuparsi di sembrare maleducato, prese a sbirciare insistentemente sotto la cuffietta del nuovo arrivato.

Nynh Tray non si curò neanche di rispondere, si rivolse invece ad Agata. «Siamo venuti a cercare il Drago. Abbiamo brutte notizie». E l'uomo inizio a frugare con foga nella sacca che aveva strascicato fin lì. Dal suo bagaglio proveniva un tintinnio sospetto, ma l'oggetto che infine estrasse era semplicemente un foglio arrotolato.

«L'abbiamo trovato affisso alla bacheca di un bazar, sul confine tra Zona Paludosa e Zona Costiera» spiegò Shuiní aiutando l'altro a srotolare il misterioso cartiglio. «Ma purtroppo non è l'unico che trovato; alcune aree ne sono tappezzate».

Quando finalmente il foglio di carta, ampio quanto una tovaglietta, fu aperto del tutto, gli occhi curiosi dei ragazzi scorsero rapidamente il contenuto. Al centro del volantino il ritratto di un giovane uomo con gli occhi blu e gialli li scrutava sinistramente. Non c'erano spiegazioni, se non una frase enigmatica: Fiamme blu 1283.3. Falso negativo. Procedura di revoca definitiva. Persino la speranza è scienza. I tuoi 176 fili non sono ancora stati fusi.

Tseren lesse quelle quattro frasi con il fiato sospeso e un vento dorato spazzò il blu delle sue iridi. Quelle parole apparentemente slegate erano dirette a lui, nessun altro sarebbe stato in grado di decodificarle.

L'unico numero tra migliaia che mai avrebbe dimenticato, l'unico esperimento che aveva sperato durasse più a lungo possibile, in modo da ritardare il momento in cui quelli più invasivi sarebbero ricominciati.

Un risultato deludente che aveva significato la fine dell'unico rapporto umano che in cinque anni aveva considerato prezioso.

Revoca definitiva. Per Utukur, per lo scienziato che aveva scoperto la ricetta della vita eterna, non c'era niente di definitivo se una cosa: la morte. Ogni volta che l'aveva sentito usare quel termine, Utukur si stava riferendo alla morte e Tseren interpretò quelle lettere d'inchiostro nero per quello che erano: una minaccia.

Persino la speranza è scienza.

Quante volte quel motto si era fermato sulle labbra amiche dell'unica persona che non l'aveva mai visto come un mero oggetto di ricerca? "Tutto è scienza, Tseren, perché le regole della scienza sono i pilastri del mondo. Persino i sentimenti non sono altro che reazioni chimiche. So che è difficile, ma confida in noi. Confida nella scienza e non perdere mai la speranza, perché persino la speranza è scienza".

Era un modo contorto di giustificare le azioni della FSI, ma in fondo era l'unica giustificazione che Tseren aveva ricevuto in cinque anni. Nessuno aveva provato a consolarlo, nessuno aveva provato a fermare l'ineluttabile processo che lo stava portando a perdere la speranza nella vita. Nessuno se non lei. Tra le decine di volti tutti uguali solo su uno aveva trovato umanità, e si era aggrappato all'amicizia con quella studiosa meticolosa ma gentile per diciotto mesi, il periodo più sereno della prigionia.

«I centosettantasei fili che non sono stati fusi sono le sbarre d'oro della gabbia, non è così?» La voce di Agata lo raggiunse da un'altra dimensione e Tseren fu richiamato dalla deduzione precisa della sua Ascendente.

Annuì, incrociando distrattamente gli sguardi dei numerosi dissidenti che si erano avvicinati per curiosare. Doveva davvero rispondere davanti a tutti quegli sconosciuti?

Incredibilmente fu Harris a dare voce alle sue perplessità. «Non avete niente da fare? Su ragazzi, non perdiamo tempo. Tseren, Agata per favore aiutatemi a capire cosa succede». Nessuno metteva mai in discussione l'autorità di Harris, e persino in quel momento la folla si disperse, lasciando al gruppetto più vicino al Drago la possibilità di discutere quel peculiare messaggio con cui la FSI aveva tappezzato le bacheche di mezza Zona Costiera.

«Si può sapere di cosa si tratta?» il ponentino incalzò il Drago, dimenticando per un attimo la tensione che aleggiava onnipresente tra loro dall'istante in cui si erano conosciuti.

Tseren inspirò ed espirò un paio di volte per calmarsi. Dopo un momento di sconcerto, gli era salito il sangue al cervello al solo pensiero di saperla in pericolo e in quel momento persino Harris gli sembrava un volto amico, se paragonato al ghigno di Utukur che continuava a torturarlo nelle allucinazioni.

«È un ricatto. Se non torno immediatamente al laboratorio, nella mia gabbia, sta minacciando di uccidere l'unica persona a cui mi sono legato lì dentro in cinque anni» spiegò infine Tseren.

La voce del ragazzo tremava per la rabbia e Agata provò un senso di disagio nel sentirlo usare il termine "legato" in riferimento a qualcuno che non fosse lei.

«Chi?» L'Ascendente non avrebbe voluto porgli quella domanda davanti agli altri, non avrebbe voluto rendere palese a Harris che c'era ancora tanto di non detto tra lei e il Drago. Tseren, soprattutto, aveva condiviso poco o niente dei cinque anni in cui erano stati lontani. Agata non avrebbe voluto aprire un po' di più quello spiraglio che invece sentiva di dover sbarrare al più presto: lo spiraglio di sentimenti confusi attraverso il quale riusciva a intravedere Harris in attesa.

"Persino la speranza è scienza" recitava quello strano messaggio. La frase affermava che anche i sentimenti potevano essere spiegati attraverso il metodo scientifico. E se potevano essere spiegati, potevano essere piegati. Chiunque avesse usato quelle parole stridenti per descrivere il rapporto tra emozione e ragione, in fondo non la pensava in modo tanto diverso da lei.

***NOTA***

Miei cari lettori, questo è forse uno dei capitoli più contorti che ho scritto finora. È molto difficile introdurre la psicologia di un personaggio senza aver introdotto il personaggio stesso. Da queste poche, contorte informazioni che idea vi siete fatti sulla scienziata a cui Tseren si sente legato?

La misteriosa figura era già comparsa nei suoi pensieri. Non so se qualcuno l'aveva notato. Però non ho mai lasciato trasparire se fosse uomo o donna.

La storia si fa sempre più ingarbugliata e io spero di non rimanere incastrata tra tutti questi fili. Alcuni di voi mi hanno fatto notare che il passo è piuttosto lento, altri invece mi hanno scritto che stanno apprezzando il ritmo realistico con cui approfondisco i sentimenti dei personaggi.

Mi dispiace, ma per ora questo è l'unico modo in cui credo di poter raccontare al meglio questa storia. È una vicenda difficile: il dolore non si supera rapidamente e ci sono tante pedine di cui devo tenere conto in questa partita, personaggi vecchi e personaggi nuovi che meritano il giusto spazio per non risultare banali. Abbiate fiducia, so cosa sto facendo. Più o meno.

Elaine

Il primo degli Alicanti [completata]Where stories live. Discover now