29 - Divergenze gemelle

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A metà mattina Agata, Tseren e Xhoán uscirono a fare due passi. Non c'erano molte alternative: per parlare al riparo da orecchie indiscrete bisognava raggiungere l'estremità del molo dove sostavano le chiatte e sperare che non fosse troppo affollato. I tre si spinsero fino al limite della passerella di legno scuro, ma a quell'ora c'era purtroppo un gran viavai. Si erano quasi rassegnati a esplorare il resto del borgo per trovare un angolo tranquillo, che uno dei barcaioli fece loro cenno di avvicinarsi.

«Posso aiutarvi?» domandò con fare sornione.

«Che fa qui la gente se vuole avere una conversazione riservata?» ribatté Agata.

«Premesso che da queste parti non ci piacciono particolarmente le persone riservate... un modo per stare in santa pace ci sarebbe...» E l'uomo alzò il sopracciglio leccandosi i baffi. «Potrei noleggiarvi la mia scialuppa di salvataggio per qualche ora. Vi consiglio però di non allontanarvi, soprattutto se non conoscete le Paludi: legatevi piuttosto a quell'albero laggiù, quello con il tronco spezzato; la corrente vi farà ruotare di qualche grado, nascondendo la barca alla vista dei curiosi».

Lo sciamano si infilò una mano nella tasca della casacca e allungò una moneta all'uomo, che parve valutare un po' troppo a lungo come rispondere. «Mmm... Per così poco vi lascio la barca per...».

«Non abbiamo altro denaro e terremo la barca un'ora intera» intervenne Agata decisa e caricò le parole di un'autorevolezza tale che il furbastro avventore cambiò immediatamente atteggiamento. «Sapete remare, almeno?»

Agata e Xhoán erano cresciuti in riva al mare, l'unica esperienza di Tseren risaliva invece al mese che aveva trascorso sul peschereccio dei genitori dell'Ascendente, ma il ragazzo era un talento naturale quando si trattava di imparare attività manuali e così si mise lui ai remi. In neanche dieci minuti raggiunsero il ceppo che era stato loro indicato e annodarono alla meglio una cima maleodorante per ormeggiare la scialuppa.

Dal momento che era stato Tseren a chiedere di poter parlare a quattr'occhi con entrambi, Agata e Xhoán puntarono lo sguardo sul Drago, in attesa che si confidasse con loro.

«Quando ero prigioniero nel laboratorio...» esordì infine il lui «Per trascorrere il tempo avevo preso l'abitudine di chiedere in prestito qualche libro agli scienziati più amichevoli. Era l'unico modo per sopravvivere alla noia di giornate tutte uguali e per non perdere il contatto con il mondo al di là di quel maledetto tetto di vetro».

Agata fu colpita dal fatto che, per Tseren, più che le sbarre della gabbia, il simbolo della prigionia fosse il soffitto dell'hangar. Vedere ogni giorno il cielo, senza poter spiccare il volo, doveva essere stato il supplizio peggiore.

Senza neanche rendersene conto, la ragazza si era infilata uno dei guanti nuovi e aveva raggiunto la sua mano.

«Fortunatamente non tutti gli scienziati erano spietati e, a quanto pare, negare l'accesso alla cultura era per loro più grave che sottoporre un essere umano, o semi-umano, alle peggiori torture. Così ho cominciato a leggere. Immaginate il patrimonio di volumi di decine di studiosi... Ciascuno aveva delle librerie personali per cui tu avresti perso la testa, Agata» sorrise stringendole le dita lievemente.

«Dal momento che il loro soggetto principale di ricerca ero io, una creatura ibrida, in molti avevano raccolto testi sulle razze semi-umane. Tra testimonianze di esploratori, miti e spezzoni di poemi, un giorno mi sono imbattuto in qualcosa che credo valga la pena investigare» E il ragazzo abbassò il tono di voce, anche se erano nel bel mezzo del nulla.

«Alcune leggende levantine narrano delle due razze gemelle dei Draghi. A lungo mi sono chiesto cosa significasse questa espressione, finché non mi è capitata tra le mani una filastrocca per bambini proveniente dalla Zona Costiera, filastrocca che descriveva il corpo dei Draghi in un modo davvero singolare. Non ricordo le parole esatte, perché era un dialetto arcaico per me poco familiare, ma sono sicuro che facesse riferimento a: pinne sul dorso, zampe palmate e barbigli lunghi molti metri» proseguì il ragazzo.

Il primo degli Alicanti [completata]Where stories live. Discover now