Capitolo 3

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Il primo giorno di scuola era terminato e tutto sommato non era andato così male.
Non ci eravamo, di certo, guadagnate la simpatia dei nostri compagni di classe e questo mi dispiacque molto, ma forse era troppo presto per trarre conclusioni, noi non conoscevamo loro e loro non conoscevano noi.
L'unica persona, che si era presentata quella mattina, fu Piper, che però, dopo quel battibecco per me inutile, non ci rivolse più la parola, ridacchiando con le sue amiche per ogni cosa che io e Tate, facessimo o dicessimo.

"Sono tutte stronze", sbottò, non appena il pomeriggio riprendemmo il bus che ci avremmo riportato all'orfanotrofio.
"Mi aspettavo più accoglienza", risposi in tutta onestà, almeno noi così eravamo abituate a fare con i nuovi arrivati.
"Ma sta tranquilla, che la situazione ben presto si ribalterà", disse, passandosi il lucido sulle labbra.
"Che intendi? Domandai, giocherellando con la chiusura del mio zaino rosso.
"Che ci faremo rispettare, non ho intenzione di sottostare a quelle vipere".
"Forse dovremmo cominciare d'accapo con loro", proposi.
"Oh Kry, quando sei ingenua", sospirò. "Dovresti davvero uscire con me, capiresti molte cose".
"Non esistono solo le feste per capire come sono fatti i ragazzi della nostra età", replicai, ero stanca di tornare sempre sullo stesso argomento, insomma, non pensavo che tutti i miei coetanei frequentassero quel tipo di festa, praticamente ogni sera, c'era altro per fare esperienza.
"Va bene, ho un idea", disse, tentando di accendersi una sigaretta, nonostante fossimo ancora in autobus.
"Non farlo, se ne accorgerebbero", gli indicai il rilevatore di fumo e fortunatamente, per una volta, mi diede ascolto.
"Dicevo....possiamo, non so andare in un bar o andare a mangiare una pizza, una di queste sere".
"Ma noi non possiamo uscire", le ricordai.
"Ma che te ne frega Kry, credi davvero che io sia l'unica a scappare da quella prigione?".
"Anche le altre lo fanno?" Domandai incredula.
"Praticamente tu sei l'unica che non lo fa", ridacchiò. "Non puoi perdere altro tempo dietro quelle storielle da quattro soldi, devi vivere".
"Hey, non offendere i miei libri", mi imbronciai.
"Qualche volta però potresti anche posarli e goderti la tua giovinezza, non credi?".
"Beh, forse hai ragione", mormorai, abbassando gli occhi.
In realtà avevo sempre pensato che lei avesse ragione, ma certe cose proprio non riuscivo a farle, non volevo che miss Morris, perdesse la sua fiducia in me.
"Che ne dici di una pizza stasera?" Sorrise ampiamente.
"Stasera? Non pensavo così presto", borbottai afflitta, fra quello che era giusto fare e quello avrei voluto fare.
Non potevo nascondere di essere curiosa, di poter vedere la città di notte.
Non l'avevo mai fatto.
"Non dobbiamo perdere altro tempo ragazza", asserì, trascinandomi verso l'uscita.
"Mmm se accetto, cosa....cosa mi metto?".
L'urlo stratosferico della mia amica, mi fece venir voglia di scappare via e di ritirare quello che avevo detto, temevo quello che aveva in serbo per me, ma non potevo continuare a nascondermi in quelle quattro mura, di questo dovevo dargliene atto.
"A questo, ci penso io", sogghignò, soddisfatta di aver ottenuto quello che da anni tentava di ottenere, sembrava quasi una sfida personale la sua.
"Nulla di esagerato, altrimenti metto qualcosa di mio", la avvisai.
Avevamo ancora qualche ora a disposizione, ma a me sarebbero bastati cinque minuti per preparami, ero fatta così e speravo vivamente che Tate, non mi avrebbe trasformata in qualcosa che non ero.

Quella volta vinsi io, le proposte di Tate furono a dir poco scandalose e lei dopo ore ed ore di tentativi di convincimento, si arrese. Infondo, dovevamo solo andare a mangiare una pizza, nulla di che.

"Non pensavo fosse così alto", borbottai, quando fu il mio turno di sgattaiolare fuori dalla stanza.
"Non fare storie, saranno al massimo due metri", bisbigliò.
"Ma io soffro di vertigini", piagnucolai, rischiando quasi di cadere, quando posizionai un piede su quella specie di catena che c'era fuori dalla nostra finestra.
"Non pensarci, vedrai che le prossime volte andrà meglio".
Tirai un sospiro di sollievo, quando toccai terra.
"Iniziamo da questa volta", precisai.
"Credimi, non te ne pentirai", ammiccò.

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