Capitolo 11

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Strabuzzai gli occhi e spalancai la bocca per lo spavento, bevendo un mucchio d'acqua che mi fece mancare il respiro.
Fu una questione di secondi, la stessa cosa che mi aveva tirato giù, mi riportò a galla, stavolta dalle braccia.
"Oddio", avevo l'affanno, il respiro spezzato e il cuore che batteva a mille.
"Mai dare le spalle al nemico", sussurrò, continuando a tenermi, stavolta per i fianchi.
"Ma sei impazzito?". Gli urlai contro, cercando di liberarmi dalla sua presa.
"Cacci gli artigli solo con me gattina?". Ammiccò, alzando un angolo delle sue labbra all'insù.
"Che ci fai qui?". Borbottai, distogliendo lo sguardo, eravamo troppo vicini e tutti i miei buoni propositi di rilassarmi in acqua, erano appena, andati a farsi benedire.
"E tu?". Replicò con un'altra domanda, inarcando un sopracciglio. "A quanto vedo non hai l'abbigliamento adatto per un allenamento", abbassò lo sguardo sul mio reggiseno bianco, leccandosi il labbro inferiore.
"I-io...io...Hey, i miei occhi sono qui", non so da dove trovai il coraggio, ma le mie mani afferrarono il suo viso, facendolo alzare in modo che, finalmente, smettesse di fissarmi il seno.
Mi perforò con quegli occhioni blu, ma non sembrava infastidito, almeno non più del normale.
"Non ti stavo guardando le tette", che sfacciato, pensai. "Non le hai", aggiunse con un pizzico di divertimento, che a me fece avvampare dalla testa ai piedi.
Dio, non lo sopportavo.
"Beh, grazie per avermelo ricordato", borbottai infastidita. "Se non ti dispiace, vorrei restare sola".
"Voglio allenarmi anch'io", disse, ma allora perché se ne stava attaccato a me e non andava a fare quello che voleva fare?
"Bene", allontanai le mie mani che erano rimaste sul suo viso, pensando che anche lui spostasse le sue dalla mia vita, ma così non fu.
"Perché non hai reagito?". Domandò, inclinando la testa, come se davanti a se, avesse il più raro esperimento di laboratorio, mai visto prima.
"Non lo so", mormorai. "Comunque grazie per aver preso le mie parti", accennai un timido sorriso che ai suoi occhi non sfuggì affatto.
"Non ho preso le tue parti, ma odio le persone come Piper", sussurrò con voce roca.
"Beh, non si direbbe",mi lasciai sfuggire, mordendomi la lingua. "Voglio dire...avete un bel rapporto".
Mi aveva già detto che non erano fidanzati e che con lei ci andasse solo a letto, anche se, non erano state proprio queste le parole, che lui aveva utilizzato.
Tuttavia, non pensavo che la odiasse.
"Me la scopo solo, te l'ho già detto", scrollò le spalle.
Alle volte era così...diretto.
"Ehm si...si capisco", borbottai, abbassando lo sguardo, ero a disagio, non mi piaceva affatto parlare di quei due e dei loro incontri ravvicinati, il solo pensiero, mi dava il voltastomaco.
"Ti imbarazza il mio modo di parlare?". Posó due dita sotto al mio mento, facendo scostare così i nostri sguardi, il suo era imperturbabile e privo di qualsiasi emozione, come sempre. Ad un certo punto, cominciai a pensare che lui fosse proprio così, che non provasse mai nulla, era freddo e distaccato.
"Un po", ammisi, mordendomi il labbro e stavolta anche il suo sguardo, finì lì.
"Ma mi imbarazzeranno di più, tutte le prese in giro che dovrò subirmi da parte di tutta la scuola", aggiunsi, con un pizzico di risentimento.
La gente sapeva essere davvero cattiva, mi ero sempre comportata bene con tutti loro, ma avevano impiegato mezzo secondo a voltarmi le spalle e a fiancheggiare una persona, che non si rendeva neppure conto di quello che diceva.
"La gente dimentica in fretta", disse, fissandomi intensamente. "Ma resterai ugualmente, una debole, ai loro occhi, se non reagisci".
"Credo di non saperlo fare", sussurrai. "Non ho mai avuto a che fare con persone come Piper".
"L'ho notato", accennò un sorriso. "Dì un pò, ma cosa hai fatto fino a questo momento della tua vita?".
La sua, non mi apparse come una presa in giro, era una semplice domanda alla quale mi sentì di rispondere, sinceramente.
"Credo di aver vissuto in una specie di gabbia, ma una gabbia bella, perché io ero felice, pensavo che non mi mancasse niente, semplicemente perché non sapevo dell'esistenza di alcune cose, mentre Tate...ha cercato di andare avanti..."
"Mi stai dicendo che...che non uscivi?".
"Solo poche volte, ma sempre con le nostre istitutrici, ho iniziato a scappare di nascosto il mese scorso...ci credi che ho vissuto a Londra per anni e non ho mai visto il Big Bang o qualsiasi altra cosa di quella città?".
"Stai scherzando?". Assottigliò lo sguardo.
"Purtroppo no e me ne pento, mi sono persa troppe cose", mormorai, me ne vergognavo.
"Puoi sempre recuperarle", sussurrò, avvicinando una mano al mio viso.
Mi stava accarezzando?
Lo stava facendo sul serio?
E perché io stavo trattenendo il respiro? Perché tutte queste sensazioni, non le provavo anche con Jacob?
"Levale le mani di dosso". Come una sorta di richiamo, un Jacob furente si stava avvicinando a bordo piscina.
E se pensavo che in corridoio, avrei preferito essere risucchiata dal pavimento, ora avrei tanto voluto sparire e non farmi mai più vedere.
Lo sguardo di Damon si rabbuiò, non si mosse di un solo millimetro, rafforzando la presa sulla mia vita.
Non mi aveva mai lasciata.
"Non te lo dirò di nuovo", disse Jacob, alternando lo sguardo fra me e Damon.
"Jacob...lui non..". Intervenni, ma fui bruscamente interrotta dal tipo strano al mio fianco.
"Dovresti essere più presente al fianco della tua ragazza", sghignazzò.
Lo stava provocando, mentre io rimasi inerme fra le sue braccia, non facendo assolutamente nulla per allontanarlo.
"Krystal andiamo, a lui ci penso dopo", Jacob mi tese una mano, ma mi vergognavo troppo ad uscire di lì, solo in intimo.
"Ehm io...io non posso, non ho.."
"Sei nuda?". Quasi urló, mentre Damon al mio fianco, scoppiò a ridere.
"Me ne sarei accorto", disse infatti.
"Figlio di puttana, questa me la paghi", sbottò Jacob, allungando di più la mano, affettandomi così per un braccio.
Il sorrisetto che fino a pochi secondi fa, dipingeva il viso di Damon sparì, lasciando spazio ad un'espressione che a me, mise i brividi.
Mi sentì infatti strattonare indietro da quest'ultimo, che poi mi sorpassò, uscendo dalla piscina con solo dei miseri boxer neri, indosso.
Cavolo.
"Prova ora a tirarle un braccio", digrignò fra i denti, sovrastando con la sua altezza Jacob, che tutto sommato non si perse d'animo.
"Non immischiarti fra noi due", rispose con fare minaccioso.
"Ho di meglio da fare che giocare all'amante di turno", sputò, lanciandomi un'occhiata, troppo diversa dagli sguardi che ci eravamo scambiati, non molto tempo prima in acqua.
Ecco, era proprio questo quello che più odiavo di lui.
Ne approfittai dello loro distrazione per sgattaiolare fuori dalla piscina e coprirmi con un telo che qualcuno, fortunatamente, aveva dimenticato lì.
"Jacob", lo richiamai, ma si voltarono entrambi nella mia direzione. "Io, vado a farmi una doccia", borbottai, girando i tacchi.
"Krystal", mi richiamò, mi fermai, voltando di poco il capo nella loro direzione.
"Dopo dobbiamo parlare", continuò.
Mi limitai ad annuire, non sapendo se lasciarli soli, fosse o meno una buona idea, ma ogni volta che Damon se ne usciva con una di quelle frasi in cui, metteva in chiaro, quando poco gliene importasse di me, non riuscivo a fingere che tutto andasse bene e l'unica soluzione era allontanarmi, allontanarmi da lui.

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