Capitolo 34

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Ero davvero preoccupata, così tanto da fare qualcosa che non facevo da tempo.
Ero quasi sicura che Tate, facesse uso di sostanze stupefacenti.
Erano giorni che tentavo di guardare nel suo zaino, ma non lo mollava per un solo secondo, come se sapesse che non aspettavo altro per capirci qualcosa.
"Come mai vieni?".
Già, quella sera avevo deciso di uscire, all'insaputa della Morris. Ma era per una buona causa e questo, in parte, mi faceva sentire meno in colpa.
"Mi va", scrollai le spalle, spruzzandomi un po' di profumo.
"Come andiamo?". Domandai.
"In autobus", borbottò, lisciandosi i capelli con le dita. Non riusciva neanche più a guardarmi negli occhi.
"Hai litigato con Carl?".
"No", racimolò le sue cose, infilandole in borsa. Stava mentendo, la conoscevo abbastanza per esserne certa.
"Va bene", sospirai. Era difficile non riempirla di domande, ma sapevo che non avrei ottenuto nulla. Era una questione delicata, che non avevo mai affrontato prima e in tutta onestà, non sapevo come muovermi. L'unica cosa, di cui ero certa, era che, farle pressione, non sarebbe servito a nulla.
"Sai che non è proprio una festa vero?". Inarcò un sopracciglio.
"Lo so", sospirai. "È un rave".
"Un casino, in pratica".
"Un tempo, mi pregavi per andare ad una delle tue feste", mormorai con finta indifferenza. Tutti questi, erano chiari segnali, che mi stesse nascondendo qualcosa che purtroppo già sospettavo, ma ero sicura che, vederlo con i miei occhi, sarebbe stato molto peggio.
"S-sono solo sorpresa di non doverlo fare", balbettò in difficoltà.
"Meglio, no?". Indossai la giacca più pesante che avevo. Era pur sempre una festa all'aperto in una discarica abbandonata.
Il sol pensiero, mi fece rabbrividire.
"Già, meglio", sussurrò, infilando anche la sua di giacca. "Andiamo, altrimenti perdiamo l'autobus".

Ricordavo bene, come la prima festa alla quale avevo partecipato, più di tre mesi fa, l'avessi definita un inferno.
Ecco, stavo scherzando. Questa era peggio, decisamente peggio.
"Prima che tu me lo chieda, tutto questo è illegale".
"Cosa?". Avrei dovuto fare qualche ricerca in più, prima di venirci, ma forse, non avrei avuto ugualmente modo di tirarmi indietro. Lo stavo facendo per Tate, non dovevo avere paura di nulla.
"Sei ancora in tempo per andartene", disse, camminando a testa alta frà un mare di gente, accalcata in vari punti di quell'enorme discarica abbandonata.
Avevo notato vari graffiti, simboli strani lungo il tragitto, ma non credevo appartenessero a Damon. Lui aveva, un altro stile.
"Sto bene così", mi dava quasi fastidio questa sua insistenza, ma riuscì a tenerla per me. "Oh guarda c'è Luke", sorrisi in direzione del mio amico, ma smisi di farlo quando notai anche Jacob al suo fianco. Dopo quella volta, non ci eravamo più parlati.
"Uh, salutameli, ci vediamo fra poco".
"Ma....", la mia mano restò a mezz'aria, nel tentativo di fermarla.
"Heyla Krystal, che ci fai da queste parti?".
"Ciao", salutai entrambi con un sorriso accennato. "Ero venuta con Tate", sospirai amaramente.
"Vieni, prendiamo qualcosa da bere, si gela", Luke, mi prese a braccetto, mentre Jacob, camminò al mio fianco, fino ad una specie di bancone improvvisato, strapieno di ogni tipologia di alcool.
"Sto bene così, davvero", scossi il capo, quando Luke, mi passò un bicchiere rosso.
"Come mai non sei venuta a scuola in questa giorni?". Mi accigliai, quando stavolta fu Jacob a parlarmi.
"Sono stata fuori città con la mia istitutrice".
"Assaggialo almeno", tentò Luke, di nuovo.
Alla fine afferrai quel dannato bicchiere, che sapevo avrei gettato alla prima occasione.
"Venite, andiamo in un posto più tranquillo", continuò Luke, inoltrandosi fra la folla, mentre io restai più indietro con Jacob alle calcagna.
"È fermo lì", disse, quando notò che mi stavo agitando, guadandomi intorno.
"Oh, ok andiamo", dissi, camminando fino a Luke, seduto su di un muretto. Tutti i miei piani, stavano fallendo, sarebbe stato difficile, allontanarmi da loro, senza un motivo ben preciso da dargli.
"Allora, dicevi di quel viaggio". Ero confusa dalle chiacchiere di Jacob, ma non potevo evitarlo.
"Nulla di che, sono stata via solo pochi giorni", sperai che questa risposta, lasciasse intendere che non volevo parlarne.
"Tate ci ha detto qualcosa", disse Luke, accendendosi una sigaretta.
"Che cosa vi ha detto?". Cercai di mascherare il terrore che provavo. Non poteva aver fatto una cosa simile.
"Che sei andata a Londra, se non sbaglio".
"Oh sì, a Londra", tirai un sospiro di sollievo, sentendomi una stupida per aver dubitato della mia amica. Non mi avrebbe mai fatto tanto male.
Mi accigliai, quando notai Jacob fissarmi, con una certa insistenza.
"Voi cosa avete fatto in questi giorni?". Domandai. Era arrivato il momento di spostare l'attenzione su qualcosa che non riguardasse me o Londra.
"Basket", intervenne Jacob. "E scommesse", aggiunse, facendo una smorfia.
"La solite cose", confermò Luke.
"È strano, un tempo non parlavate così apertamente di queste cose, almeno non con me", guadai Jacob, sapeva a cosa mi riferivo. Quando stavamo insieme, era muto come una tomba ed ero davvero curiosa di sapere cosa gli avesse fatto cambiare idea.
"Ora ti conosciamo meglio", intervenne, sentitosi chiamato in causa.
"Stavamo insieme, ai tempi", gli ricordai.
"Non siamo mai stati davvero insieme", una risata amara lasciò le sue labbra.
"Un po' come Carl e Tate", Luke rilasciò un lungo respiro.
"Cosa?". Mi girai di scatto nella sua direzione.
"Si sono lasciati, non lo sapevi?". Inarcò un sopracciglio.
"No, non lo sapevo", sussurrai con un fil di voce.
"Già, si sono lasciati", ridacchiò Jacob, dando una pacca sulla spalla all'amico.
"Ok", sbuffai. "Cosa mi sono persa?".
"Nulla", quasi urlò Luke, lanciando un'occhiataccia a Jacob.
"Sei sicuro? Non è che ti piace..".
"Sono sicuro", mi interruppe. "Vado a prendere altro da bere", si alzò, dileguandosi fra la folla.
"Vado a cercare un bagno", dissi. Era il momento giusto per scappare da loro.
"Qui non ci sono bagni", urlò Jacob alle mie spalle. Feci finta di non sentirlo.

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