Capitolo 32

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"Dovresti mangiare qualcosa tesoro".
"Prendo solo del latte, grazie".
Odiavo essere al centro dell'attenzione, ma quella mattina, purtroppo, era proprio così.
"Va bene, andiamo", la Morris si alzò, facendomi segno di raggiungerla.
"Mio marito, è già in clinica", ci comunicò Clelia, accompagnandoci fino alla porta d'ingresso.
"A dopo", le sorrisi e lo stesso fece la Morris, prima di inoltrarci in una fredda e piovosa giornata londinese.
"Me lo dici tu o devo costringerti?". Eravamo ferme, in attesa di un taxi che ci avrebbe portate in questa famosa clinica. Non ne avevo neanche più voglia, ma dovevo farlo.
"Magari dopo", sussurrai, giocherellando con i guanti di lana che stavo indossando.
"Ancora lui?". Sentivo il suo sguardo addosso, ma non riuscivo a ricambiarlo, così mi limitai ad annuire.
"Vedrai, tutto si sistemerà", mi circondò con un braccio.
"No, stavolta sono io a voler voltare pagina", non avevo idea di come fossi riuscita a pronunciare quella frase, ma quello che Damon mi aveva detto, mi aveva aperto gli occhi, oltre che chiuso il cuore.
"Come mai?". Ne sembrava sorpresa. Comprensibile, dato che era a conoscenza dei miei sentimenti per lui.
In tutta onestà, non era stato solo quel una delle tante, a farmi prendere quella decisione.
Ero stanca di star male, per una persona che non avrebbe mai provato neanche un millesimo di quello che provavo io.
Non avevo dimenticato la freddezza con la quale mi aveva trattata, dopo avermi dato quella coperta. Sminuiva tutto, anche le cose belle. Ed io, ero arrivata ad un punto di non ritorno.
Lo amavo, anche tanto, ma oltre questo sentimento, era subentrata anche la paura, paura di ritrovarmi da sola, in ogni senso, dopo ogni nostro bacio. Perché si riduceva tutto a quello. A quei pochi instanti in cui mi sembrava di toccare il cielo con un dito, ma poi?
Lui, era troppo importante per me, e non avrei mai voluto essere, qualcosa di strettamente fisico. Preferivo rinunciare e tenere fede al mio sentimento. Non potevo accettare che dopo me, toccasse altre labbra e non dire nulla. Questo non potevo proprio accertarlo.
"Non vuole solo me", breve ma maledettamente vero.
"Oh, mi dispiace tesoro", accarezzò i miei capelli e fui felice dell'arrivo di quel taxi.
Non volevo che mi vedesse piangere.

"Mia moglie mi ha accennato il tuo problema".
Annuì, era l'unica cosa da fare in alcuni casi. Ero a disagio, era già abbastanza difficile parlarne con una donna. La Morris, questa me l'avrebbe pagata.
"Ci sono delle terapie a lungo termine, che potrebbero darti speranza".
"Che genere di terapie?". Domandò la mia istitutrice.
"Nulla di invasivo, è una cura che va fatta per qualche mese, dopo di che, vedremo come procede, tramite un'ecografia".
Entrambi mi guardavano, in attesa di una mia reazione.
"Va bene, proviamo", sussurrai. Non avevo nulla da perdere.
Lasciai quella clinica, sentendomi più leggera.
Ovviamente sapevo che non dovevo illudermi, ma a differenza dalla prima dottoressa che avevo consultato, il signor Wilson, aveva dimostrato maggiore esperienza nel settore. Mi aveva spiegato, dettagliatamente, quello che era il mio problema, le varie cure da poter intraprendere e i tempi di attesa per un possibile miglioramento.

"Non so davvero come ringraziarla". Era quasi un sogno camminare su una delle principali strade di Londra. Tutto questo, mi avrebbe solo fatto bene.
"Non essere sciocca, non devi ringraziarmi di nulla". Sbuffò una risata, agitando le mani per aria. Anche lei sembrava più spensierata, più tranquilla.
"Davvero Miss Morris, da sola non avrei combinato nulla di buono, mi sarei solo fatta abbattere".
"Sei forte krystal, devi avere più fiducia in te stessa, vieni andiamo", mi trascinò verso il primo bar che incontrammo.

Ero sempre stata molto curiosa, fin da piccola. Osservavo ogni minimo dettaglio di un posto nuovo, probabilmente perché non capitava spesso di vedere qualcosa di diverso. Ed ancora oggi era così. Fra un mese, avrei saputo descrivere alla perfezione questa stanza, dove ora stavamo sorseggiando un the.
"Ti sei divertita con Corinne?".
"Oh molto, è una ragazza davvero simpatica". La sua storia mi aveva colpita molto. Credevo di avere molte cose in comune con lei, in un certo senso ci comprendevamo alla grande ed io adoravo questa cosa. Con Tate, ultimamente, le cose non andavano tanto bene, il nostro era un rapporto fortemente altalenante. C'erano giorni, in cui era carinissima con me, ed altri, in cui si dimenticava persino della mia esistenza. Dopo tanti anni, non ero ancora riuscita a capirla per bene e questo era strano, oltre che molto triste.
"Clelia mi ha raccontato del suo cambiamento", mormorò, storcendo le labbra.
"Ha solo bisogno di tempo per metabolizzare la notizia", dissi la mia, era comprensibile che non avesse preso bene una cosa del genere.
"Sua madre è molto preoccupata per la scuola, ne ha combinate davvero tante nell'ultimo anno". Scosse il capo. "Vorrei aiutarle".
"Come?". Domandai curiosa.
"Potrebbe frequentare la tua scuola", disse, quasi come se mi stesse chiedendo il permesso.
"Ma abita qui", mi accigliai.
"Sto pensando anche a quello", mormorò pensierosa. "Devo solo parlarne con Clelia".
"Posso sapere di cosa si tratta?".
"A tempo debito cara, a tempo debito".
"Mh, le piace tenermi sulle spine", misi il broncio.
"Qualcosa del genere", ridacchiò. "Ma ora parliamo di te", mormorò, guardandomi di sottecchi. "Cosa succede con Damon?".

SweetWhere stories live. Discover now