Capitolo 40

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Avevo sempre amato il Natale, ma sentivo come se quest'anno mancasse qualcosa.
Quella mattina, mi svegliai fra le urla delle mie compagne di stanza, che non stavano litigando fra di loro, anzi, avevo la netta sensazione che fossi io, il loro bersaglio comune.
Dopo che Damon mi aveva riaccompagnata in istituto, pochi minuti prima della mezzanotte, ero crollata in un sonno profondo, dimenticandomi di tutto il resto.
Quella con lui, era stata una serata strana e bella allo stesso momento. Indubbiamente, non avrei mai dimenticato, quegli attimi in cui mi sembrava di capirci qualcosa di lui, come se lo stessi conoscendo davvero per la prima volta, e mi piaceva, come avevo sempre immaginato.
Ma poi c'era quella parte di lui, che preleva quando le cose non andavano e seppur Damon, si ritenesse una persona con molto autocontrollo, avevo la netta sensazione che dietro questa sua affermazione, ci fosse un lungo lavoro che ancora doveva portare a termine.
E fu allora, quando richiusi la finestra alle mie spalle, che ricordai, quello che tutti dicevano di lui.
Ha ridotto un ragazzo in fin di vita.
Una frase, che mi era capitato di sentire spesso nei primi tempi ma che poi, era diventata solo un vecchio pettegolezzo che la gente aveva gettato nel dimenticatoio, ma non io. Io volevo sapere, volevo sapere cosa significavano quelle parole, che a mio parere un fondo di verità avevano, nonostante il mio cuore preferisse non accettare questa cosa. Tuttavia, non avrei mai allontanato Damon per questo. Tutti sbagliano ed io, sarei rimasta sempre al suo fianco, pronta a sostenerlo, se lui, lo avesse voluto.
"Perché urlate?". Bofonchiai, pressando il cuscino sulla mia testa.
"Sei sparita", urlò Tate. Sentì il materasso abbassarsi sotto il peso di qualcuno.
"Ho mandato un messaggio a Corinne", dissi, cercando di mettermi seduta.
Quest'ultima, aveva un'enorme sorriso stampato in volto, non sembrava affatto arrabbiata, ma disse ugualmente qualcosa.
"Ci hai fatte preoccupare e comunque non mi è arrivato alcun messaggio", mi accigliai, afferrando il telefono sul mio comodino e ahimè, aveva ragione.
"Oh, l'ho solo scritto ma ho dimenticato di premere invio", ridacchiai colpevole. "Mi dispiace, non volevo farvi preoccupare".
Ultimamente, sembrava che fossi in grado di combinare solo guai.
"Sei la solita sbadata", disse Tate. La tensione fra di noi, sembrava essersi allentata, ma avrei approfittato di quella lunga giornata insieme per parlarle a quattrocchi. "Quindi....".
"Sono andata via con Damon". Dissi, tappandomi le orecchie l'attimo dopo, quando presero ad urlare come delle pazze scatenate.
"Hey, ma non vi odiavate voi due?.
"Diciamo che la biondina mi è stata molto utile".
"Hey rossa, non farmene pentire".
"Posso sapere di cosa state parlando?.
"E no, ora parli tu". Disse Corinne, puntandomi un dito contro.
"Non è successo nulla di che", mentì, anche se in parte sapevo che il loro interesse era mirato solo su un eventuale approccio fisico fra me e Damon. "Abbiamo fatto un giro e mi ha riaccompagnata", non era proprio una bugia, e parvero credermi.
"Mhhh, ed io che avevo già preso carta e penna".
"Per questa volta, c'è poco da scrivere", mi stiracchiai. "A voi invece?".
"Corinne ha un appuntamento con Thomas".
"Non è un appuntamento", la diretta interessata alzò gli occhi al cielo, ma era impossibile non notare il rossore sulle sue guance. "Mi ha solo chiesto fin quando sarei rimasta qui".
"E le ha detto: vediamoci prima che vai via". Continuò Tate.
"Ma è fantastico", dissi, toccando la spalla della mia amica.
"Si, ma...ma non mi ha chiesto di uscire", borbottò.
"Non dirmi che anche tu sei all'antica?". Sbuffò Tate. "La parola appuntamento, non la usa più nessuno, soprattutto i ragazzi", spiegò con tono ovvio.
"Non siamo all'antica", dissi. "Solo che ci piacerebbe avere una visione più chiara delle cose.
"Siete vecchie", sbuffò una risata. "Ma comunque ora dobbiamo andare a fare colazione, sto morendo di fame". Non mi ero neppure accorta che fossero già vestire.
"Anch'io", concordò Corinne.
"Ok, vado a prepararmi", mi alzai dal letto.
"Iniziamo a scendere", disse Tate, seguendo Corinne verso la porta della stanza, ma la fermai.
"Dopo vorrei parlarti", sussurrai.
"Anch'io", sorrise appena, prima di andar via.

SweetWhere stories live. Discover now