Capitolo 14

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Ero in una stato di dormiveglia, dove i suoni erano attutiti, ma le sensazioni no, quelle per quanto confuse, riuscivo a percepirle.
Qualcosa di ruvido, sfiorava il mio viso, ma non mi dava fastidio, anzi.
I miei occhi restarono chiusi, stavo così bene in quel momento, da non ricordare neppure dove mi trovassi.
Quella carezza, proseguì ancora per qualche secondo, fin quando una voce, abbastanza fastidiosa, non mise fine a tutto ciò.
"Dam ma che cazzo stai facendo?".
"Sto cercando di svegliarla, se non si leva dal cazzo, non posso uscire".
La sua voce, uscì agitata, nervosa ed io spalancai gli occhi, quando mi resi conto di cosa stava succedendo attorno a me.
"Finalmente", sbuffó Damon al mio fianco. "Hai il sonno pesante, dolcezza", sghignazzò, tornando il solito idiota ed io pensai che tutto questo, fosse dovuto solo alla presenza dei suoi amici che ci guardavano stralunati.
Quando eravamo soli, quando eravamo solo noi due, era diverso.
"Oh io..". Non sapevo che dire, ero ancora intontita dal mio pisolino, così mi alzai, notando che la mia cintura fosse già slacciata, allontanandomi da loro, senza neppure salutarli.
Ero confusa, ero molto confusa.
L'ultima cosa che sentì prima che potessi allontanarmi troppo, fu Jered inveire contro l'amico con un ma che ti prende? Sei per caso impazzito?

Continuai a camminare, fermandomi ad un passo da Jacob, intento a recuperare il suo zainetto dalla stiva.
"Hey piccola", sorrise, avvicinandosi al mio viso e lasciandomi un tenero bacio sulle labbra.
Quella piccola discussione avuta prima di prendere l'autobus, sembrava sparita o meglio a lui conveniva così, ma io ero troppo stanca anche solo per iniziare a parlarne.
"Hey", sorrisi di rimando, alzandomi sulle punte per poter scorgere la chioma bionda di Tate.
"Tutto bene? Hai avuto paura?". Mi prese per mano, trascinandomi verso l'esterno.
Tirai un sospiro di sollievo una volta tornata con i piedi sulla terra ferma, prima di rispondergli.
"No, è andato tutto bene", replicai, perché infondo era stato così e inoltre non avevo mai dormito così bene come in quelle poche ore; ovviamente questo lo tenni per me e ringraziai il fatto che Jacob non mi domandò al fianco di chi fossi stata seduta durante il viaggio.

Era pur vero che il mio termine di paragone era praticamente inesistente.
Non avevo visto altro se non Londra e Manchester, anche se di Londra, a dirla tutta, non conoscevo nulla, ma l'Italia, beh l'Italia, aveva sicuramente una marcia in più, era bello persino respirare dell'aria diversa.
E poi, quei colori, il sole, tutto era così diverso dalla piovosa Inghilterra.
Eravamo arrivati da meno di un'ora nell'albergo che ci avrebbe ospitato per i prossimi quattro giorni.
Era bellissimo, non avevo altre parole per poterlo descrivere.
"Ragazzi un po' di attenzione".
La prof ci richiamó e tutti ci radunammo attorno a lei per poter sapere come saremmo stati divisi nelle nostre stanze.
"Ora vi darò le chiavi delle vostre rispettive stanze, inutile dire che non voglio sovraffollamenti in queste", ci guardò titubante, prima di iniziare un lungo e sfiancante elenco.

"Piper Green con Tate e Krystal".
Arrivò anche il nostro turno ed io avrei preferito sotterrarmi, piuttosto che condividere la stanza con lei.
"Sta scherzando prof?". Urló ."Io non dormo con delle persone che non hanno neppure un cognome".
"Green, ma come si permette?". Urló in risposta la prof, mentre una gran parte dei presenti iniziò a ridere come se non ci fosse un domani.
"Ed io non dormo con una che ha visto più pesci lei che il mare", si intromise Tate, alzando ancor di più i toni.
Distolsi lo sguardo da quella scena patetica, scontrandomi con un paio di occhi che probabilmente mi stavano già fissando da un po.
Il suo sguardo era fermo, deciso e non abbandonò il mio per un sol secondo, lui non rideva, lui non stava ridendo di me.
"Basta, voi tre dormirete insieme, fine della discussione".
"Hanno almeno fatto i vaccini?".
Chiusi gli occhi dinanzi a questa ennesima cattiveria che lasciò la bocca di Piper.
Strinsi i pugni, cercando di reprime in me la voglia di rompere qualcosa.
"Siamo orfane, non malate", la mia voce uscì più fredda di quanto avessi mai potuto immaginare.
Tutti i presenti si girano nella mia direzione, zittendosi.
Non volava una mosca.
La prof mi sorrise, avvicinandosi a me per potermi consegnare la chiave.
"Fatti valere", sussurrò, prima di continuare con gli altri.

SweetWhere stories live. Discover now