Capitolo 36

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Scattai dalla sedia, non appena la campanella suonò. Avevo sentito lo sguardo di Tate, addosso per tutta la mattinata, ma non avevo ricambiato neppure una volta. Non avrei ceduto, quando in realtà non avevo ricevuto neppure delle vere scuse per il suo comportamento. Sarei rimasta ferma sulla mia posizione, sperando in una sua mossa, perché nonostante tutto, non potevo negare che la mia migliore amica, mi mancasse molto e non sapere se anche lei, provasse le stesse cose, era frustrate, quasi come non sapere cosa passasse nella testa di Damon, per la maggior parte del tempo.
Uscì dall'aula, dirigendomi agli spogliatoi della piscina, dove gli allenamenti sarebbero iniziati fra un'ora. Non avevo fame, quindi avevo deciso a prescindere di non andare in mensa.
Chiusi la porta alle mie spalle, rilasciando un respiro, ero agitata, nervosa e in ansia. Che poi, erano quasi la stessa cosa.
Presi posto su una panca, stranamente asciutta, tirando fuori dal mio zaino quella busta, che avevo già tagliuzzato ai lati.
"Ok, ce la posso fare", mormorai a me stessa, aprendola, inconsapevole di quello che avrei trovato in quelle poche ma intense righe.

Cara Krystal,
Potrei iniziare presentandomi, ma non lo farò. In questo caso non serve.
So che sei una ragazza molto diligente, educata e rispettosa delle regole. Sono caratteristiche che io apprezzo molto in una persona e so che questo, permetterà che tu comprenda le mie ragioni.
A volte nella vita, non si può avere sempre quello che si desidera, perché spesso i propri sogni, possono infrangere quelli degli altri, e tu sai bene, cosa vuol dire, essere scavalcati.
Già, io ti conosco e ho avuto modo di vedere come la tua presenza, abbia infranto un mio sogno e non uno qualunque. Un sogno che io mi sono ripromesso di proteggere con le unghie e con i denti e non permetterò a nessuno, di mettermi i bastoni fra le ruote. Non è una minaccia, Krystal, ma ricorda che tu, sei solo l'ultima arrivata.

Le mani mi tremarono, facendo così cadere quella lettera a terra.
Non è una minaccia, diceva. Allora perché il mio cuore batteva così forte? Perchè stavo tremando? Perché stavo sudando?
Mi abbassai, recuperando quel foglio per poi gettarlo sul fondo del mio zaino.
La mia mente elaborò due nomi, Jered e Piper, ma su quest'ultima, avevo qualche dubbio. Le parole di quella mattina, mi aveva dato modo di riflettere.
Ma esattamente, su cosa dovevo riflettere?
Ero sicura di non aver mai fatto alcun torto a nessuno dei due ed era impossibile che Piper, fosse gelosa di me, a causa di Damon. Nessuno sapeva dei nostri baci e sopratutto Damon, non era mai stato affettuoso nei miei confronti dinanzi a loro, forse protettivo, ma non affettuoso, dolce o quant'altro.
Agli occhi di molti eravamo niente, e forse anche per lui era così, ma non per me, non dopo la scorsa notte. Ora, sarebbe stato più difficile mantenere una posizione forte e distaccata nei suoi confronti, ma senza ombra di dubbio, avrei evitato di farmi, imbambolare da quattro belle parole, messe assieme.
Chiusi gli occhi, poggiando la testa contro il muro alle mie spalle. Avevo paura e forse era la prima volta, che provavo quell'emozione, almeno così intensamente.
Non sapevo cosa fare, ma di una cosa, ero sicura, anzi di due.
Non potevo parlare, di questa lettera con Damon, per nessuna ragione, e dovevo affrontare Jered, per tante altre ragioni, una delle quali portava il nome di Tate.
Per una volta, dovevo essere io quella forte, non potevo più nascondermi dietro gli altri, perché per me era tutto nuovo.
Erano passati quattro mesi dal mio ingresso nel mondo vero, ed era arrivato il momento di cacciare la testa da sotto la sabbia ed affrontare tutto di petto.
Guardai l'orologio, notando che mancassero solo quindici minuti all'inizio del mio allenamento e me lo confermò anche il fatto che la porta iniziò ad aprirsi e chiudere continuamente. La pace era finita, o forse, non c'era mai stata.
Sfilai le scarpe e i jeans, mantenendo lo sguardo basso, non ero mai stata molto sicura di me stessa, ma indubbiamente in quella scuola, le cose erano decisamente peggiorate. Mi girai di spalle, quando arrivò il momento di sfilare il reggiseno, ma sorrisi quando ricordai di non averlo indossato quella notte.
Sentirsi desiderate, era bello per ogni donna, ma essere desiderate da Damon Cooper, era tutta un'altra storia.
Aprì lo zaino, infilando le mie cose all'interno e quando l'occhio mi cadde su quel pezzo di carta bianca, capì che avevo ben poco per cui sorridere. Deglutì, infilando l'accappatoio, prima di uscire e affrontare nuovamente una realtà, dalla quale avrei preferito, tenermi lontana.

SweetWhere stories live. Discover now