Capitolo 60

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Ero felice, e nessuno avrebbe mai potuto togliermi quello. Sentivo un legame, qualcosa che ci avvicinasse sempre più e non sapevo cos'era, ma mi piaceva così tanto, l'atmosfera che c'era in quella macchina, come se ci conoscessimo da tempo, come se fossimo una di quelle coppie che creano ancora degli appuntamenti dopo tanti anni, per ricordare tempi passati, ma che non erano mai svaniti. Ero serena, e questa era una cosa che mi era mancata molto negli ultimi giorni.
"E io che pensavo ti facessi bella solo per gli altri".
Sussultai, e quella serenità, fu sostituita da qualcosa di molto più interessante.
"È un modo alternativo, per dire che sto bene vestita così?". Mi girai di poco, guardando il suo profilo perfetto.
"Dovresti togliere qualche strato per far sì, che io veda bene ciò che hai indossato". Mi guardò, per qualche secondo con la coda dell'occhio.
"E allora, a cosa era riferita la tua frase?". Accavallai le gambe, ma solo per tenere a bada il nervosismo che divampava dalla mia testa, fino ai miei piedi.
"Al tuo cappotto, mi piace".
"Oh", abbassai lo sguardo. "È nuovo".
"Lo so, il vecchio l'hai dimenticato da qualche parte", alzò un angolo delle sue labbra.
"Già", ridacchiai. "Chissà che fine avrà fatto".
"Sicuramente, non una bella fine su quei divanetti".
Annuì, portando lo sguardo fuori dal finestrino, quando riconobbi lo stesso cinema, nel quale ero stata con Rick e Jacob, molto tempo fa. Ad ogni modo, ora, era totalmente diverso. Ora, era giusto. Avevo immaginato troppo volte che al loro posto, ci fosse Damon, e al momento, non mi sembrava ancora vero che fosse proprio così, che fosse qui, con me.
Spense il motore, staccando le chiavi dal cruscotto e fu proprio su queste, che il mio sguardo cadde.
"Pensavo lo avessi agganciato alle chiavi della moto", inclinai il capo, sorridendo, quando riconobbi il portachiavi che io stessa, avevo fatto per lui.
"Uso spesso l'auto ultimamente", scrollò le spalle, uscendo subito.
Colto in pieno.
Lo stesso feci anch'io, ma con molta più calma, prima di immergermi nelle basse temperature di Manchester.
Mi aspettò, e questa fu la prima cosa strana/bella che notai.
Mi affiancai a lui, seguendolo verso le scale che portavano al cinema, non vedevo l'ora di sedermi al caldo, su quelle poltrone rosse e godermi il film.
"Non facciamo la fila?".
"Ho già i biglietti", poggiò una mano sulla base della mia schiena, spingendomi in avanti, dove già, alcune persone, che come noi, avevano già acquistato il biglietto, stavano entrando in sala.
"Che posti abbiamo?". Domandai, guardandomi intorno.
"Quarantacinque e quarantasei", lesse, con ancora la sua mano, poggiata sulla mia schiena, che staccò, solo quando arrivò il momento di sederci, fra due coppie.
"Questa me la paghi, lo sai vero?". Sussurrò nel mio orecchio.
"Non è neanche iniziato il film", mi girai verso di lui, poggiando il gomito sul bracciolo che ci separava.
"Non parlo del film, mi fanno schifo questi due".
"Non hai mai pomiciato al cinema?". Mormorai, sfilandomi la sciarpa e il cappotto. Ora si stava fin troppo bene.
"No, ma ci sto seriamente pensando", ammiccò. "Ti sono cresciute le tette?".
"Dam", repressi un urlo, guardandolo male.
"A me sembrano più grandi", inclinò la testa di lato, facendomi arrossire, e purtroppo per me, le luci erano ancora accese.
"Ma cosa dici?". Distolsi lo sguardo, ma comunque aveva ragione, quel reggiseno faceva miracoli.
"Vuoi provocarmi con questa scollatura krystal?".
"Guarda il film", ridacchiai, girando la sua testa con due dita.
"Saprò cosa guardare, quando sarà troppo noioso". Ammiccò, sospirando, prima di puntare i suoi occhi sullo schermo, almeno per ora.
"Non sarà noioso, ne sono sicura". Dissi, lui borbottò qualcosa che però non riuscì a capire. Il film stava per iniziare e io, temevo già di uscire da lì dentro, assumendo le sembianze di una fontana, ma non avevo messo in conto, un dettaglio, fondamentale.
Dieci minuti dopo, iniziò infatti la mia dolce tortura.
"Tanto morirà", bisbigliò nel mio orecchio, passando un braccio dietro le mie spalle.
"Potrebbe anche guarire".
"Nah", scrollò le spalle. "Non ha scampo".
"Ma dai", lo guardai. "Non essere pessimista".
"Questo film è una tragedia". Sbuffò.
"È una tragedia il fatto che io non abbia capito neanche una parola di quello che hanno detto".
"Capirai". Le sue dita, si strinsero attorno al mio braccio, prima di iniziare a muoversi dal basso verso l'alto. "Dicono sempre le stesse cose".
"Non è vero", borbottai, cercando di non lasciarmi coinvolgere troppo dal suo tocco esperto, a quel punto, seguire quel film, sarebbe stato impossibile.
"Questa ragazza, ha un gran coraggio".
"È autolesionista". Sbottò. "Sa bene, che lui morirà".
"Se ne è innamorata, è normale che voglia prendersi cura di lui".
"Non serve a nulla". Sembrava quasi, che stesse parlando di altro. Scosse il capo, ritornando in se.
"E comunque questi due, mi infastidisco", indicò la coppia al suo fianco, che non avevano smesso di baciarsi per un solo secondo, da quando il film era iniziato.
"Probabilmente la sta consolando, il film è molto triste", ridacchiai, sporgendomi per poter vedere effettivamente quello che stava succedendo al fianco di Damon.
"Tu non hai bisogno di essere consolata?". Alzò il bracciolo che ci separava, attirandomi così, più vicino a se.
"Ci stai provando con me Cooper?". Inarcai un sopracciglio, mentre sul suo viso, nacque uno di quei suoi soliti sorrisetti, che mi facevano letteralmente impazzire.
"Ti dispiacerebbe?". Poggiò l'altra mano sul mio ginocchio, ruotando il suo busto, completamente nella mia direzione e addio film.
"Non so", scrollai le spalle. "Non so cosa significhi essere corteggiata da Damon Cooper".
"E vuoi scoprirlo?". Sussurrò, facendo scendere quella mano sempre più giù, fino alla mia caviglia.
"Forse", alzai lo sguardo verso il suo viso, mi stava già guardando, da chissà quanto tempo, mentre portava le mie gambe sulle sue.
"Odio questa parola, o è un si, o è un no".
"Detto da te, è buffo", ridacchiai. "Le tue risposte sono un costante forse".
"Ma io posso".
"Anch'io", mi accigliai. "Non hai tutto questo potere su di me", mentì, perché sapevo bene che qualunque cosa dicesse, io restavo sempre e non pretendevo mai nulla.
"Non stai più guardando il tuo film preferito a causa mia, ho molto potere su di te". Spostò una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.
"Non è vero, lo sto guardando", mi voltai. I nostri visi così vicini. Sentì la sua risata, infrangersi sul mio viso.
"Certo", le sue mani presero ad accarezzare ancora le mie gambe, ma mi imposi di mantenere lo sguardo su quel dannato schermo, fino alla fine del film.

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