Capitolo 6

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"Non è andata eh?".
Non c'era bisogno di grandi parole, la mia faccia parlava da se.
L'unico problema, era che il mio malumore, non era di certo dovuto all'appuntamento con Jacob che, tutto sommato, era andato piuttosto bene.
Dopo quell'incontro con Damon e Jered, ce ne eravamo andati e nessuno dei due aveva aperto quell'argomento.
Avevo mille domande per la testa che avrei voluto porre a Jacob, ma ero sicura, che in un modo o in un altro, non mi avrebbe detto la verità.
"È stata una bella serata invece", replicai, sfilandomi le scarpe e mettendole sotto al letto.
"Wow, quanto entusiasmo amica, frena" , ridacchiò Tate. "Ma ora dimmi la verità", aggiunse, aggrottando le sopracciglia folte.
"La serata è andata davvero bene, il film è stato bellissimo e Jacob è stato davvero gentile con me".
"Ma?".
"È successa una cosa quando...quando siamo andati a prendere un frullato".
"Ti ha baciata?" Urló, saltando dal letto.
"No, Damon e Jered sono arrivati alle nostre spalle e hanno iniziato a prenderci in giro", borbottai, alzando timorosa lo sguardo verso di lei.
"Damon e chi?" Assottigliò lo sguardo.
"Jared, uno dei due suoi amici, Jacob lo conosce", arrivai al nocciolo della questione.
"Ma sei sicura?".
"Si, credo che abbiamo qualche problema fra di loro, c'era tensione, molta tensione nell'aria", spiegai.
"E questo ti ha turbata?" Domandò, piegando la testa.
"Mi ha mentito, aveva detto di non conoscere Damon e invece..." Lasciai la frase a metà, non sapendo come continuarla.
Ma una cosa era certa, quei tre, anzi quei quattro si conoscevano e avevo qualche dubbio anche su Luke.
"Damon, è lui il vero problema", borbottò, rigirandosi una ciocca di capelli fra le dita.
"Assolutamente, no", mi misi sulla difensiva. "Lui  è...é stato così...così antipatico questa sera, pensa di essere il migliore ma...".
"Ti rendi conto, che sei uscita con Jacob, ma stai parlando solo di Damon?" Ridacchiò, venendosi a sedere al mio fianco.
"Io..."
"Kry, ti conosco da una vita, Damon ti piace, purtroppo", aggiunse, facendo una smorfia.
"Lui...lui non mi piace", borbottai, abbassando il capo. "Forse e sottolineo forse, lo trovo interessante, nulla di che", scrollai le spalle per sminuire qualcosa che invece stava aumentando sempre più e mi sentivo una scema, un'idiota per questo.
Tranquillo, non è il mio tipo.
Già, come potevo esserlo.
Piper lo era, io no.
Io non ero il tipo di nessuno, non avevo nulla di particolare, nulla che potesse attrarre a prima vista, nulla.
"Tesoro credi che non lo sappia? Insomma Damon è indiscutibilmente un bellissimo ragazzo, il classico bello e dannato, chiunque resterebbe affascinato da tutto ciò", mi accarezzò i capelli.
Alle volte eravamo l'una la mamma dell'altra, ci dicevamo parole che purtroppo nessun altro ci avrebbe potuto dire.
"Mi passerà", dissi, dopo qualche secondo. "È solo una..."
"Cotta?".
"Mh, qualcosa di simile", replicai, arricciando il naso.
Ma forse era proprio quello e infondo non era così grave, come poteva sembrare.
"Piuttosto, concentrarti su Jacob, quel ragazzo merita".
"È stato davvero carino stasera, non so ancora cosa voglio con lui, ma sono stata bene", ammisi.
"Prenditi i tuoi tempi Kry, sono sicura che lui sia realmente preso da te".
"Dici?".
"Assolutamente", mi lasciò un bacio sulla fronte, alzandosi. "Su, a dormire bambina", si infilò sotto le coperte.
I ruoli, sembravano essersi invertiti, solo che io non ero così eccitata, come avrei pensato di essere.

Quella notte non riuscì a chiudere occhio, ma oramai stava diventando un'abitudine, un'odiosa abitudine.

La prof di storia, parlò ininterrottamente per tutte le due ore di lezione e nonostante, solitamente, restavo affascinata dai suoi racconti, quel giorno avevo rischiato più volte di addormentarmi sul banco.
"Prof, mi scusi", alzai la mano. "Potrei andare in bagno?".
"Certo Krystal, va pure", io e Tate eravamo le uniche ad essere chiamate per nome dai professori, ma non avendo un cognome, non si poteva fare altrimenti.
Passai fra i banchi, notando lo sguardo divertito di Piper, posarsi su di me.
Allungai con le mani la gonna, sentendo delle risatine alle mie spalle, non me capì il motivo.
Tate era troppo occupata al cellulare, quindi, prima di lasciare l'aula, non riuscì a chiederle se avessi o meno qualcosa fuori posto.
Raggiunsi i bagni, mi sciacquai il viso, sperando di risvegliarmi, ma nulla, ero davvero sfinita.
Camminai per i corridoi, non avevo affatto voglia di tornarmene in classe a farmi ancora prendere in giro.
"Colpire alle spalle, che vigliaccheria".
Mi voltai di scatto, trovando Damon poggiato con una spalla alle macchinette del caffè, quello di cui avevo bisogno.
"Come scusa?".
Mi avvicinai, prendendo dalla tasca della gonna i soldi necessari.
Lo vidi sporgersi verso di me e passare un braccio dietro la mia schiena.
"Ma cosa stai..."
"Questo", rispose, mostrandomi un post-it, che probabilmente era stato attaccato alla mia schiena.
Inesistente, c'era scritto e io sapevo cosa significasse quella parola, con cui i miei compagni, si erano divertiti a definirmi.
"Che significa?" Chiese, rigirandoselo fra le mani.
"Nulla di importante", scrollai le spalle, cercando di mascherare la delusione, il senso di impotenza verso quelle persone.
Non sarei mai stata in grado di difendermi e in un certo senso, mi sentivo proprio come quella parola diceva.
Mi abbassai, sotto il suo sguardo indagatore, inserendo pochi spiccioli nella fessura delle monete.
"Vuoi un caffè?" Gli chiesi, lui scosse il capo.
Restò lì fermo a guardare ogni mio minimo movimento, ero a disagio, ma un disagio piacevole, insomma non come mi ero sentita in macchina con Jacob.
"E quindi, sei la ragazza di Robbinson?".
Portai il bicchierino di plastica alle labbra, prima di rispondere.
"No, io e Jacob siamo solo amici".
"Capisco", borbottò, premendo le labbra in una linea sottile.
"Tu lo conosci".
"No", rispose di getto.
"Non era una domanda", assottigliai lo sguardo, facendo nascere sul suo viso un sorrisetto sghembo, era carino, molto carino.
Anzi carino non era sicuramente il termine più adatto per descrivere un ragazzo come lui.
"Ti riferisci alla nostra incursione durante il vostro romantico appuntamento?".
Mi sfilò il bicchiere dalle mani, indugiando qualche secondo, prima di portarselo alle labbra.
"Esatto, era chiaro che vi conoscesse, avete litigato?" Chiesi, cercando di non soffermarmi troppo sulla sua lingua che tracciò il contorno del suo labbro inferiore.
"Dolce", disse d'un tratto. "Troppo", aggiunse, gettando quel bicchiere nel cestino della spazzatura, al suo fianco.
Si girò, camminando nella direzione opposta.
"Hey, non hai risposto alla mia domanda?" Gli urlai dietro, ma non rispose.
Odioso, era odioso.
Sbuffai, tornandomene in classe, tutti avrebbero riso di me, perché le persone erano così?
Presi posto al fianco di Tate, che continuava tranquillamente a manipolare quell'aggeggio infernale, non prestando minimamente attenzione a quello che le accadeva attorno.
I miei compagni, presero a guardarmi la schiena, colpiti dal fatto che quello stupido foglietto non ci fosse più, infondo Damon era stato gentile a dirmelo, ma sopratutto non aveva riso di me.
"Che cazzo hanno da ridere?".
Finalmente, Tate si risvegliò dal suo coma informatico, guardandosi intorno.
"Credo mi stiano prendendo in giro", mormorai, mordicchiando il tappo della penna, tutto quello mi rendeva nervosa ed io non lo ero mai stata, mi stavano cambiando, non lo volevo.
"Per quale assurdo motivo?".
Alzó di poco la voce, ma fortunatamente la prof non se ne accorse.
"Mi hanno attaccato alla maglia un post-it", spigai, sospirando pesantemente, non avrei saputo come spigare a Damon la mia situazione, anche perché credevo che a lui non importasse più di tanto, me lo aveva già detto, l'avevo capito.
"Un post-it?" Si accigliò, spostandomi in avanti in modo da avere una visuale della mia schiena.
"Ah non c'è più, c'era scritto inesistente comunque", scrollai le spalle come se non me ne importasse nulla, Miss Morris, mi avrebbe sicuramente consigliato di restare indifferente dinanzi a certi comportamenti scorretti, ma facevano ugualmente male.
"Figli di puttana", urló stavolta, con molta più enfasi, facendo girare tutti, compresa la prof, nella nostra direzione.
"Tate per favore", la supplicai, invano.
Dal suo sguardo capì che non era disposta a cedere.
"Ma cosa sta succedendo?" La prof si alzó, camminando fino al nostro banco.
"La prendono in giro", replicò Tate, non abbassando i toni. "Sono degli stronzi, dovrebbe punirli".
"Cosa avrebbero fatto eh?" Chiese la prof, incrociando le braccia al petto con fare dubbioso.
"Assolutamente nulla", intervenne Piper. "Noi cerchiamo di integrarle, ma stanno sempre per i fatti loro".
"L'avete definita inesistente", urló la mia amica, avvicinandosi a Piper.
"Quando signorina Tate?" Chiese la prof con tono calmo, fin troppo pacato.
"Le hanno attaccato un post-it alle spalle".
"Ma io non vedo nessun post-it" ribattè Piper.
"L'ho staccato", risposi infastidita, voleva far passar noi dalla parte del torto.
"Krystal, forse ti sei confusa" disse la prof, sfiorandomi una spalla. "I vostri compagni sono degli ottimi ragazzi e dei figli di buona famiglia, è impossibile che possano dire certe cose, forse tu....non so se hai voglia di parlare con qualcuno, la nostra scuola dispone di un'ottima psicologa".
"I pazzi siete voi", digrignò Tate fra i denti. "Andiamocene", mi afferrò per la mano, trascinandomi fuori dall'aula.
"Ma dove andate? Siete minorenni".
"Chiameremo la nostra istitutrice", sbuffó Tate, prima di chiudersi con un calcio la porta alle spalle.
"Che puttana", sbraitò, camminando verso la segreteria.
"Tate non ci crederanno mai",!mormorai delusa.
"Dobbiamo reagire Kry, stanno prendendo il sopravvento su di noi, che figli di puttana".
"Hey Hey Hey, quante parolacce tutte insieme".
"Jered", mormorai a bassa voce, quando riconobbi uno del trio delle meraviglie che in quel momento erano intenti a fumarsi una sigaretta.
Damon neppure si girò, mentre l'altro ci guardava con fare curioso.
"Abbiamo fretta", disse Tate, cercando di sorpassarli, dato che erano seduti sulle scale che avremmo dovuto prendere per raggiungere il primo piano.
"E sembrate anche particolarmente arrabbiate", aggiunse, facendo un mezzo sorriso.
"Puoi farci passare per favore?"
Dissi, rilasciando un lungo respiro.
A quelle parole, Damon si girò, guardandomi dal basso verso l'alto ed il fatto che lui fosse seduto ed io in piedi mi agitava, portavo pur sempre una gonna.
"Allora non sei gentile solo con me", fece una smorfia, passandosi le mani fra i capelli che restarono pur sempre di un disordine bellissimo, quello che creava in me ogni volta che lo vedevo.
"Aspetta", disse Jared, avanzando di un passo nella mia direzione. "Tu sei la fidanzatina di Robbinson?" Scoppiò a ridere, gettando sul mio viso una nuvola di fumo che mi fece tossire.
"No, non lo sono", replicai infastidita da tanta spavalderia.
"Ora puoi levarti dal cazzo?" Sbottò Tate, da quello che mi diceva temeva quei tre ragazzi, ma al momento era troppo arrabbiata per importarsene.
"Che eleganza", ridacchiò Jered. "Preferivo la versione della tua amica", mi scoccò un'occhiata.
"Hai due secondi", Tate assottigliò lo sguardo. "O tu sposti di tua spontanea volontà o ti prendo a calci nelle palle?".
"Tate", la richiamai, quei tipi non mi sembravano molto propensi allo scherzo.
Damon si alzò, non staccando mai i suoi occhi dai miei, avrei voluto farlo io perché mi imbarazzava, ma non ci riuscivo, ero come ipnotizzata.
"Prego", fece un cenno allo spazio che lui ci aveva lasciato per passare.
"Certo, come no", ridacchiò amaramente Tate. "Mi hai presa per una stupida?".
"Andiamo dai", l'afferrai per la mano trascinandola verso le scale, sotto lo sguardo divertito di quei tre, ma al momento volevo allontanarmene il più possibile.
"Fottetevi", replicò Tate, alzandogli il dito medio.
"E tu non dici niente?" Mi sentì afferrare per il polso.
Damon.
"Non mi ringrazi, sono stato gentile", inclinò la testa di lato, come se mi stesse studiando, in realtà mi stava solo prendendo in giro, ma io avevo un asso nella manica.
"Dovresti lavare i pantaloni che indossi, c'era un chewing-gum, dove eri seduto prima", gli sorrisi, prima di scendere giù per le scale al suono della risata della mia amica e dei suoi amici.

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