Capitolo 63

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"Ma dove mi stai portando?".
Mi trascinò per tutto il corridoio della scuola, senza mai fermarsi, tutti ci guardavano, ma sembrava che a lui, impostasse davvero poco di tutto quello che ci circondava.
Aprì la porta del bagno e ben presto la mia schiena entrò in contatto con questa.
Risucchiai l'aria, quando le sue labbra si posarono con urgenza sulle mie. Le sue mani, ai lati delle mia testa, le mie sulle sue braccia per potermi reggere dinanzi a questo improvviso scoppio di passione che poi, tanto improvviso non era.
Erano passate poche ore dal suo compleanno, ancora meno, da quando mi aveva lasciata in istituto e baciata ancora. Tuttavia, io non sapevo ancora dare un nome a tutto questo, non stavamo insieme, perché Damon non aveva neanche lontanamente sfiorato l'argomento, eppure, da quando avevo messo piede a scuola, non aveva fatto altro che fissarmi e ronzarmi in torno per tutto il tempo.
Chiusi gli occhi, quando le sue mani scesero sulle mie gambe, sollevando la mia gonna, le sue labbra scesero sul collo, fameliche, vogliose, proprio come me.
"Sono in punizione per colpa tua", ansimai, mi sarei ritrovata l'ennesimo segno del suo passaggio sul mio corpo da dover nascondere.
"Cosa?". Si staccò, con ancora le mani sui miei fianchi e lo sguardo cupo. "Che ti ha detto quella vecchia?".
"Dam", alzai gli occhi cielo, non c'era nulla che io potessi fare, non si sopportavano e forse questo, non sarebbe mai cambiato. "Comunque è vero, sono in punizione, non posso uscire la sera per un mese". Sussurrai.
"Ma è seria?". Sbottò.
"Si, noi...non possiamo dormire fuori dall'istituto", spigai.
"È pazza", sbottò. "Tu comunque uscirai lo stesso, con o senza il suo permesso". Asserì deciso.
"Damon", sospirai. "Io...è un periodo difficile, fra non molto, Tate andrà via e...tutto è cambiato".
Poggiò le mani sul mio viso. "Non può rinchiuderti lì dentro, io e te dobbiamo vederci".
"Vuoi vedermi?". Abbozzai un sorriso, poggiandomi nuovamente con la schiena contro la porta.
"Vorrai vedermi tu", ammiccò, lasciando scorrere il suo sguardo lungo tutto il mio corpo, dal basso verso l'alto.
"Sei troppo sicuro di te, Cooper".
"Magari", si avvicinò, intrappolandomi nuovamente fra le sue braccia.
"Stasera vado ad una festa", fissai la punta delle mie scarpe. "Tate...festeggia la sua adozione, vuoi venire?". Alzai lo sguardo.
"Dove?".
"Dubliners, così si chiama il locale", scrollai le spalle.
"E la punizione?".
"Parte da domani", sbuffai. "Tate, l'ha pregata in ogni lingua possibile, alla fine ha ceduto, ma solo per stasera, ha detto".
"Stasera lavoro". Si morse il labbro.
"Oh, non fa nulla, non preoccuparti". Mi agitai inutilmente.
"A che ora è questa festa?".
"Perché?".
"Tu rispondi". Assottigliò lo sguardo.
"Ma tanto neppure ci verrai".
"A che ora?". Alzai gli occhi al cielo, quando voleva qualcosa, faceva di tutto pur di ottenerla.
"Dieci, contento?". Sbuffai una risata.
"Per niente", si staccò, non appena qualcuno iniziò a spingere la porta per poter entrare.
Mi feci di lato, e cavolo, avevo quasi dimenticato di dove ci trovassimo.
Due ragazze della mia classe, infatti mi guardarono, poi fissarono Damon ed infine, iniziarono a ridacchiare fra di loro.
"Che cazzo avete da ridere?". Sbottò Damon.
Sussultarono, ma non risposero. Era inutile anche litigarci.
"Allora?.
Afferrai la mano di Damon, trascinandolo fuori di lì.
"Lasciale perdere", sussurrai. "Sono fatte così".
"Mh", borbottò per nulla convinto.
"Io..io ora devo tornare in classe", balbettai, passandomi una mano fra i capelli.
Avevo la terribile paura di essere la nuova amichetta di Damon, perché era così che la gente mi avrebbe definita, ma non era questo ad improntarmi. Mi premeva sapere, se anche lui, la pensasse in quel modo, ma non ne avevo il coraggio, non dopo quella notte, dove, a parte qualche piccolo momento, era stato tutto fin troppo perfetto. Mi aveva stretta a se, mi aveva baciata, coccolata e protetta da Piper, per me, tutto questo era tantissimo e volevo che continuasse così fra di noi, magari parlandone. Volevo essere la sua ragazza, a tutti gli effetti, ero stanca di dovermi nascondere dietro qualcosa di non identificato. Ero stanca di sentirmi, un momento prima tutto, e poi, subito dopo il niente. Non volevo più questo, volevo di più, molto di più.
Ma come?
"Io esco un'ora prima", mi guardò.
"Va bene, allora...ciao". Non sapevo mai che dire, quando arrivava il momento dei saluti. Non sapevo se o quando lo avrei rivisto e tutto questo, cominciava a starmi stretto. Io, ero sempre più innamorata di lui.
Sempre di più.
"Ti chiamo se riesco a venire", si avvicinò al mio viso, una mano dietro la nuca. "Viene anche Rick?".
"Rick? Non so, credo di sì. Perché?".
"Lo ha invitato?". Fece una smorfia.
"Non lo so sinceramente".
"Mh, ok", distolse lo sguardo.
"Perché?". Tentai di nuovo.
Dillo.
"Non voglio vederlo vicino a te", afferrò il mio viso con una mano. "Non è un tuo amico".
"Non prendo ordini da te, Damon", soffiai sulle sue labbra.
"Beh, ti conviene ascoltarmi invece, stavolta sono giustificato se gli spacco la faccia". Aumentò la presa sul mio fianco.
"La violenza non è mai giustificata". Strofinai il mio naso contro il suo. "E poi, lui già sa che non deve far nulla".
"Gli spezzo le braccia, krystal". Digrignò fra i denti.
"Così mi fai illudere che tu sia geloso di me". Sussurrai.
"Pensa quello che vuoi", le sue labbra sulle mie, ad ogni parola che diceva. "Ma resta lontana da lui".
Così forte, possessivo, per niente gentile, ma incredibilmente mio. Perché io lo sentivo, anche tanto, ed era bellissimo.
"Ok", sussurrai molto lentamente. "Ci vediamo, forse". Scrollai le spalle, sporgendomi per lasciargli un bacio all'angolo delle labbra. Lo sentì respirare pesantemente, mentre mi allontanavo e mi mancava già tanto, troppo.

SweetTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon