Capitolo 35

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Damon's pov
Autocontrollo a mille.
Avrebbero dovuto darmi un premio, uno di questi giorni.
Le sue labbra, era troppo vicine alle mie, così come i nostri corpi.
Ci sapevo fare con le ragazze, ero sempre io quello che comandava, quello che prendeva in mano la situazione. Ma con lei, era l'opposto.
Il fatto che non mi fossi già avventato su quelle labbra, rosse e piene, mordendole, fino a farle sanguinare, non voleva dire, che avessi tutto sotto controllo. Negli anni, avevo solo imparato ad avere molta pazienza, a parlare quando potevo parlare, a tenera a bada la rabbia che mi divampava il petto.
Ma non avevo ancora imparato a tenere a bada, un'altra parte del mio corpo. Sospirai pesantemente. Avrei pagato ora, per una doccia fredda, ma al tempo stesso, non mi andava di allontanarmi da quella fottuta auto. Si stava bene, nonostante il fatto che avrei dovuto tenere le gambe piegate per tutta la notte.
Lei no, ed era divertente il fatto che non riuscisse a toccare con la punta dei piedi il lato opposto di quella macchina.
Era a disagio, arricciava sempre il naso in quel caso.
"Così mi farai addormentare", sorrise dolcemente, quando continuai a massaggiarle la schiena.
Non lo facevo apposta, ma quando le mie mani si trovavano sul suo corpo, andavano per i fatti loro.
"Solitamente non succede questo", ammiccai, sentendomi un'idiota, l'attimo dopo.
Non doveva essere piacevole per una ragazza, essere paragonata alle altre, anche se, in realtà, non lo avevo mai fatto. Era impossibile, in ogni senso.
Krystal, non aveva nulla in comune con quelle che mi facevo, assolutamente nulla e forse era questo, quello che più mi attirava di lei. Non poteva essere altro. Tuttavia, avrei tenuto a bada la mia curiosità, almeno per alcune cose, perché ormai, mi era chiaro, che allontanarla del tutto, sarebbe stato quasi impossibile, così come non poterla baciare più.
Lei non era una di quelle, che si accontenta dell'occasione e non mi sarei mai dovuto approfittare delle sue labbra fin dall'inizio, ma non era facile resisterle, non lo era per niente.
La mia vita, era troppo schifosamente incasinata e non ero in cerca di nulla di serio, per quanto mi sarebbe piaciuto ritrovarmela nuda ogni sera, nel mio letto, ad aspettarmi.
Il sol pensiero, fece diventare i miei fottuti jeans ancora più stretti.
"Immagino", sussurrò, facendo una smorfia, buffa.
Dei fari, colpirono entrambi, Krystal alzó di poco la testa per poter guardare e notai i suoi occhi tristi, quando quell'auto si fermò e da lì, uscirono risate e urla sguaiate.
"È l'auto di Jacob", mormorai fra i denti.
Avevo intercettato Krystal, fin dal suo arrivo e non era stato semplice, non andare lì e strapparla dalle grinfie di quel bastardo.
Ma non avevo una giustificazione valida a tutto questo, né per lei, né per me.
"È anche ubriaca", sussurrò, tornando a stendersi.
"Sai cosa penso?". Mi abbassai anch'io. "Che la vostra non è un'amicizia forte", spalancò gli occhi. "Almeno da parte sua, o meglio, lei non è in grado di essere una buona amica".
"È cambiata", aveva lo sguardo basso, mentre fissata il mio petto, ma solo per non incrociare i miei occhi.
Quella Tate, mi stava sul cazzo e ancor di più, in casi come questo.
"Cioè...ha sempre pensato a se stessa anche negli anni precedenti, andava alle feste, si divertiva, mi lasciava spesso da sola, ma non gliene ho mai fatto una colpa, infondo ero io che non volevo vivere, non potevo trascinare anche lei nelle mie paranoie".
"Perché non volevi uscire?". Era una cosa che mi ero sempre chiesto.
"Non lo so neanche io, qualche tempo fa ti avrei detto che non mi piace infrangere le regole". La sua manina, si poggiò sullo scollo della mia maglia, giocandoci.
Giuro, da quella volta, controllavo che non ci fossero macchie, prima di indossarle.
"Ora?".
"Ma non lo so, ho paura di tante cose, sono un po' paranoica, te l'ho detto", sorrise, ma non c'era traccia di divertimento in quello. Aveva gli occhi tristi e forse, era la prima volta che succedeva una cosa del genere.
"Tu invece, parlami dell'inizio della tua adolescenza" disse all'improvviso, voleva cambiare argomento e anch'io.
"Non ricordo molto" Scrollai le spalle.
"Prima o poi saprò tutto di te, lo sai questo vero?". Sussurrò, assottigliando lo sguardo.
"Ne sei sicura? Guarda che è una grossa affermazione quella che hai appena fatto", stetti al gioco anche se, nel caso in cui davvero, avesse scoperto tutto di me, sapevo che sarebbe scappata via e questo ero uno dei tanti motivi, per cui, egoisticamente, preferivo che non mi conoscesse.
"Un giorno ti fiderai di me", quelle parole, mi freddarono.
"Non mi fido neanche di me stesso", ridacchiai amaramente.
"Invece si, rapini ville gigantesche da solo, devi per forza avere molta fiducia in te stesso".
"La chiamerei più pazzia che fiducia", spostai una ciocca di capelli dal sul viso, accennò un sorriso.
"Ero pazza anch'io quella sera", disse, scuotendo il capo. "È stato divertente".
"Sopratutto farti spogliare", ammiccai.
Ricordavo alla perfezione il suo intimo bianco, bagnato e non fu una buona idea farlo.
"Sei il solito pervertito", mi colpì sul petto. "E comunque da lunedì posso riprendere gli allenamenti di nuoto", la sua espressione si rilassò.
"Sarà un piacere poter rivedere il tuo culo sguazzare in acqua".
"Ohhh, ma sei..", si portò le mani sulle guance.
"Sembra che tu abbia la febbre", ridacchiai, beccandomi un altro pugnetto sul petto, ma con la mano sbagliata.
"Ahi", si lamentò massaggiandosi il dorso.
"Gli hai quasi spaccato il naso", scoppiai a ridere, era stata una scena esilarante, eliminando per un attimo la grande cazzata che Jered aveva fatto.
"Oh, mi dispiace, non volevo fargli del male". Mormorò.
"Sono sicuro di avergliene fatto più io", mi rabbuiai. Questa, me l'avrebbe pagata. Dovevo capire che cazzo di problema avesse con Krystal.
Alla prossima, non ero sicuro di riuscirmi a fermarmi in tempo per non ammazzarlo.
"Mh", mugugnò, pensavo che si stesse addormentando, ma poi alzò i suoi occhioni azzurri verso di me. "Se potessi scegliere, in che parte del mondo vorresti vivere?".
"Questa sarebbe quella serata? Quella in cui avremmo parlato tutta la notte?".
Una sfida lanciata un po di tempo fa, in Italia, ma che poi, non avevamo mai fatto.
"Qualcosa del genere, non credo di durare tutta la notte". Dentro me, stavo già ridendo.
"Ah no? Sei una rapida, quindi?".
"In che se..", si bloccò, con la bocca spalancata. "Non ci voglio credere", scoppiò a ridere, così tanto, da avere le lacrime agli occhi. "Ma come fai a trovare sempre il modo di parlare di quello?".
"Si dice che il sesso sia un'arte, quindi", la guardai per qualche secondo. "Sono un'artista".
"Sei uno stupido", rise ancora. "Un grande stupido". Aggiunse, facendomi la linguaccia ed io dovetti lottare per non mordergliela.
"Brasile", dissi. "Credo Brasile".
"Per uno a cui non piacciono i colori, è una scelta abbastanza strana", disse pensierosa.
"Non ho mai detto che i colori non mi piacciono", dissi, fissandola negli occhi. Erano così chiari e trasparenti, che ti ci potevi specchiare dentro.
"Non li hai mai usati, ma forse il Brasile, potrebbe ispirarti".
"A volte non serve andare così lontano", mormorai. "Tu? Dove vorresti andare?". Era meglio cambiare argomento, decisamente meglio.
"Oh mi andrebbe bene qualunque posto che abbia il mare".
"Ti piace il mare?".
"Non dirlo a nessuno, ma sono andata solo due volte al mare, in tutta la mia vita".
"Cosa?". Mi accigliai. "Scherzi?".
"No, purtroppo". Scrollò le spalle. "Una volta, una bambina ha rischiato di annegare, qualcosa del genere, diciamo che le nostre istitutrici, hanno preferito non rischiare".
"Quando è successa questa cosa?".
"Troppi anni fa", rispose. "Credo che dovresti portarmi al mare?". Disse di punto in bianco.
"Dovrei?". Sussurrai, giocando con il lembo della maglia che indossava.
"Ho letto che c'è un canale, qui a Manchester, che porta a Liverpool".
"Ti sei informata eh?". Abbozzai un sorriso, uno dei miei, mentre continuavo a muovere le mie dita su quel lembo di pelle scoperta. Mi piaceva toccarla, la sua pelle era liscissima, come quella di una bambola di porcellana.
"Con internet puoi sognare", mordicchiò il suo labbro. Ero sicuro di aver imparato a memoria ogni cosa facesse quando era nervosa ed ora, lo era.
"Ma comunque stavo scherzando, non mi ci devi mica portare tu".
"E chi dovrebbe portartici?". Inarcai un sopracciglio.
"Posso sempre andarci da sola".
"Non hai un buon orientamento".
"Questo non puoi saperlo", corrucciò lo sguardo.
"E dimmi, ti spoglierai quando andremo al mare?".
"Non posso, è inverno", sorrise vittoriosa.
"Scommettiamo che trovo il modo di farti spogliare?".
"Impossibile, a meno che tu non abbia intenzioni di farmi ammalare e morire".
"Esagerata", sbuffai una risata.
"Damon", urlò. "Faranno quattro gradi lì fuori, sei pazzo?". Era buffa con le guance gonfie e gli occhi spalancati, ma non per questo meno carina e...scopabile.
"Il freddo sarà l'ultima cosa che sentirai", soffiai sul suo viso. Era divertente vederla a disagio e imbarazzata fino alle punte dei capelli.
"Sei incorreggibile, proprio come Lupin", scosse il capo, sbadigliando.
"Già stanca, pensavo durassi di più", mi guardò male, almeno ci provò, prima di accucciarsi con il viso contro il mio petto.
Mi irrigidì, non ero abituato a tutto questo. Non avevo mai dormito con nessuna ragazza, oltre lei e la scorsa volta, ero scappato via come un codardo.
"Buonanotte Damon", si aggrappò con la mano alla mia maglia, come se, avesse paura che potessi scappare o forse, era solo un'abitudine la sua, quella di reggersi a qualcosa.
In ogni caso, quel gesto, mi fece sentire strano ed ero sicuro, che non sarei riuscito a sgattaiolare via, il giorno seguente. Non potevo farcela, proprio come quella volta che non ero riuscito a restare in quel letto, solo che questa volta, era l'opposto.
"Notte Margot", bisbigliai nel suo orecchio, chiudendo gli occhi.

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