Capitolo 23

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Chiusi lo sportello giallo alle mie spalle, dopo aver pagato.
Pioveva, perfetto.
Dondolai, a fatica, fino al cancelletto sul retro.
Avevo scelto la serata sbagliata, per indossare quella trappola infernale, che Tate, chiamava scarpe.
Poggiai una mano sul muretto, mi girava tutto.
Avevo freddo ed ero triste, una notte da dimenticare, se non fosse stato per quel bacio, che ancora faceva tremare le mie labbra.
Indimenticabile, bellissimo, intenso.
Ma poi, tutto veniva rovinato.
C'era sempre qualcosa, pronto a separarci ed il fatto, che in quel caso, si trattasse di Piper, mi fece sentire ancora peggio.
Era corso da lei, non mi aveva fermata, come le altre volte.
Con questa consapevolezza, trovai a malapena la forza di raggiungere il davanzale della finestra e fiondarmi in camera, mezza bagnata.
Tate, dormiva beata fra le sue calde coperte.
Non avevo idea di come ci fosse arrivata, date le sue condizioni.
Tuttavia, questo mi fece tirare un sospiro di sollievo.
Chiusi la finestra, faceva freddo, l'inverno era ormai alle porte.
Il mio tragitto verso il bagno, fu la cosa più difficile che avessi mai fatto prima d'ora.
Mi spogliai a strati, lasciando i miei vestiti in ogni angolo, prima di entrare in doccia.
Dovevo sbollire la rabbia, e non solo.

Qualcosa di fastidiosamente freddo, batteva sul mio viso, a tal punto, da svegliarmi.
Sbattei le palpebre più volte, strizzandole l'attimo dopo, quando una fitta, mi colpì forte la testa.
"Dio Kry, quante volte devo dirti di chiudere la finestra la sera", scattai a sedermi sul letto, portandomi le mani sul viso.
Tate, si stava rotolando fra le coperte, cercando di non farsi colpire, da quello spiffero di gelo, che aveva svegliato entrambe.
"Ma io l'ho chiusa", aggrottai le sopracciglia, scontando le coperte dal mio corpo.
"Eri più ubriaca di me, ieri sera", ridacchiò appena.
Non risposi neppure, troppo stranita dalla scena che mi si presentò davanti.
La maniglia della finestra, era rotta.
"Oddio", urlai, facendomi subito prendere dal panico, ma poi, una strana sensazione di calore, si diffuse in tutto il mio petto, quando la mia mente, associò quell'episodio ad un solo nome.
"Che ti prende?". La testa di Tate, sbucò oltre il cuscino.
"Oh, ecco...credo di essermene dimenticata", mi piazzai lì davanti.
Prima o poi, si sarebbe resa conto, che la finestra era rotta, ma al momento, volevo tenere quella cosa per me.
Lui, era stato qui, era tornato.
Non sapevo per quale motivo, ma concentrandomi bene, potevo ancora sentire il suo odore in quelle quattro mura, ed era bello, bello da far paura.
Ero consapevole però, che anche di quel bacio, non ne avremmo parlato.
Questo mi lasciava l'amaro in bocca, così come il non sapere cosa volesse, Piper, da lui, a quell'ora o non sapere che fine avesse fatto per quei quindici giorni di totale silenzio.
Non sapevo quando l'avrei rivisto, non sapevo come stavano le cose fra noi, ora.
Non sapevo nulla, anzi una cosa si.
Qualunque cosa, Damon, mi stesse facendo, non doveva smettere.
Non mi ero mai sentita più viva, desiderata e voluta di allora.
Avevo bisogno di questo e lui, forse in un modo sbagliato, me lo stava dando.

Il lunedì arrivò, non lo avevo mai desiderato così tanto.
Misi un cappello di lana, per domare i miei capelli che ormai andavano per i fatti loro, così come anche Tate.
Era innamorata, ma non era ancora riuscita ad accettarlo.
Carl, mi era sembrato davvero un ragazzo apposto, nonostante, non ricordassi poi molto, della serata passata insieme.
"Hey ubriacona", una mano si poggiò sulla mia spalla, mi rilassai quando capì che si trattasse di Luke.
"Hey simpaticone", lo guardai divertita, tutto questo però, durò fin troppo poco.
"Tutto bene con Cooper?". La sua espressione si fece seria, abbassò la voce proprio per evitare che Tate, troppo impegnata a messaggiare, ci sentisse e di questo, gli fui infinitamente grata.
"Si, più o meno", gracchiai.
Avevo sempre avuto la sensazione che di Luke, potessi fidarmi.
Indubbiamente più di Jacob, con lui le cose non andavano affatto bene, come avevo sperato.
"Ha fatto lo stronzo?". Si rabbuiò, fermandosi vicino al mio armadietto.
"No", mentì. "Solo che, non lo capisco".
"Credo che in questo momento, nessuno lo capisca, neppure i suoi fedeli cagnolini", ridacchiò amaramente. "Stai creando confusione, Krystal", mi pizzicò il naso, come ad una bambina.
"Confusione? Che intendi?". Incrociai le braccia al petto.
Avevo le sensazione di essere l'unica all'oscuro di tutto.
"Per intenderci, nessuno ha mai visto Damon e Jered litigare, neppure io quando facevo parte di..", si bloccò, prendendo un lungo respiro.
"Di cosa Luke?". Sperai che potesse capire, quanto tutto questo mistero, mi stesse torturando.
"Quanto conosci Damon?". Bisbigliò, guardandosi intorno.
"Poco, molto poco", sbuffai.
"Quindi non sai che lavoro fa?". Sembrava preoccupato.
"Quello si", sospirai.
"Cosa? Davvero?". La sua mascella per poco non toccò terra.
"L'ho scoperto", deglutì. "Diciamo che mi sono trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato", e quel giorno lo ricordavo perfettamente.
I suoi occhi e la paura che vi vidi dentro.
Qualcosa che però, non avrei mai più rivisto.
"Dio mio", scosse il capo. "Cazzo Krystal, perché non sei ancora scappata?". Spalancò le braccia.
Una domanda, che avevo smesso di pormi, dal momento in cui avevo capito, anzi accettato quel qualcosa che me lo faceva volere così tanto.
A tal punto, da mettere da parte tutto quello in cui avevo sempre creduto. Da tutta la vita.
Il rispetto per le regole, per le persone, per la vita.
Tutto, solo per lui.
"Quando io...quando io sto cui, ho la sensazione di....di aver trovato la mia casa", abbassai il capo, timorosa del suo giudizio.
Un lungo respiro, lasciò le sue labbra.
"Sei innamorata di Damon, Krystal?".
La mia testa, scattò all'insù.
Un sorriso mesto, forse triste, contornava il suo viso .
"Ho paura di sì", sussurrai, guadandolo negli occhi.
"Sono sicuro sia così", fece una smorfia,  poggiando una mano sulla mia spalla. "Solo, cerca di non lasciati offuscare troppo dai tuoi sentimenti".
"Ho bisogno della verità, Luke".
"Lo so, c'è molto dietro e forse Damon, non è l'unico colpevole in tutta questa storia".
"Così non mi aiuti, Luke", sbuffai.
"Magari può farlo lui", indicò con un cenno del capo oltre le mie spalle.
Come una molla, mi voltai in quella direzione.
Un Damon, stanco, nervoso, impaziente, percorse il corridoio con passo forte e deciso.
Era solo ed arrabbiato, molto arrabbiato.
Non guardava nessuno, solo davanti a se e forse era quello che avrei dovuto fare anch'io.
Trattieni il fiato quando passò davanti a noi.
Non si accorse neppure della mia presenza, mentre io, lo sentivo ovunque, anche quando non c'era, anche quando, non avrei dovuto lasciarmi trasportare da quello che mi stava facendo provare, qualcosa di forte, di malato, di insano.
"O forse no", tossì Luke, alle mie spalle.
"Direi di no", sussurrai, accigliandomi, quando pochi secondi dopo, fu Piper a percorrere il suo stesso tragitto, lo stava seguendo e sembrava, molto di fretta.
"Devo andare", non pensai un sol secondo a quello che stavo facendo, mentre sorpassai un Luke, incredulo, dirigendomi verso le scale oltre le quali, quei due erano spariti.

SweetWhere stories live. Discover now