Capitolo 72

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"La tua ragazza?". Sussurrai, muovendomi più di quanto la mia timidezza mi permettesse contro di lui.
Ero fuori di me, non avevo controllo, mentre lo guardavo, mentre gli sorridevo. Ero ubriaca persa e questo sembrava divertirlo molto. Mi fidavo di lui e sapevo che nulla di male poteva accadermi.
"Esatto". Sorrideva, ma c'era serietà dietro le sue parole. Non sapevo come ci fossimo incontrati in quel modo, se per caso, o se mi stesse seguendo. Tuttavia, ero felice che fosse arrivato a salvare quelle che a tutti gli effetti era stata una serata disastrosa, non per la compagnia, adoravo le mie amiche, ma per quello che mi avevano detto, che poi, mi aveva tormentato a tal punto da decidere di bere forse più del dovuto, più del necessario.
"Bene", morsi il mio labbro, l'audacia e quel pizzico di coraggio in più, certamente non mi mancava al momento. Damon, nell'intimità, aveva sempre avuto a che fare con la mia parte timida, razionale, che poche volte si lasciava andare, ora, volevo stravolgere tutte le sue aspettative. Ero la sua ragazza e solo io, potevo farlo impazzire in quel modo. Era il mio uomo e dovevo prendermi cura di lui, in ogni modo.
Sospirò, quando afferrai le sue mani, portandole ben oltre la schiena, non mi importava di quelli che ci circondavano, era più ubriachi di me e di certo, non avrebbero badato alle effusioni che ci stavamo scambiando in quel momento.
"Krys, andiamo via", ringhiò nel mio orecchio, stringendo il mio sedere fra le sue mani.
"Voglio ballare", le mie mani sul suo petto, scendevano sempre più in basso, non avevo freni, non c'era vergogna, ma solo la voglia di essere sua ancora.
"Non qui", tuonò quasi come un rimprovero.
Afferrò la mia mano nella sua, iniziando a trascinarmi fra la folla.
"Dam e le ragazze?". La mia parte razionale, ogni tanto tornava a farsi sentire.
"Ci sono i ragazzi, senz'auto", ridacchiò, ma non per questo, rallentò la sua corsa verso l'uscita.
"E come tornano a casa?". Ansimai, quando la mia schiena trovò il muro esterno di quel locale.
"Non mi importa", si avventò sulle mie labbra, schiacciando il suo corpo contro il mio. Tutto si riaccese in me, ma prima ancora che potessi mostrarglielo, mi afferrò nuovamente per la mano, correndo verso la sua auto. Barcollai, un suo braccio raggiunse la mia schiena, tenendomi saldamente incollata a lui.
"Non uscirai più con quelle pazze", il tono serio, io gli scoppiai a ridere in faccia e dopo avermi guardata male anche lui rise con me.
Sbloccò la portiera, aiutandomi a sedere, la mia voglia di lui aumentava a dismisura, doveva correre, non avrei resistito oltre. Il mio cuore batteva all'impazzata, mise in moto, l'altro braccio circondò le mie spalle, facendomi poggiare la testa sulla sua spalla. Accarezzava il mio collo con le dita, lasciando di tanto in tanto dei piccoli baci sulla mia testa. Poggiai la mia di mano sulla sua gamba, accarezzandola dal basso verso l'alto. Era tutto così bello, così tranquillo, sembravamo una di quelle coppie che stavano insieme da tanti anni e mi trovai a sperare che magari fra dieci anni, fosse ancora tutto così bello.

La testa mi girava, ma la voglia di ridere proprio non mi passava. Damon, mi teneva stretta al suo fianco, mentre mi trascinava, scalino dopo scalino, verso il suo appartamento. Era tardi ed in teoria, quella sera, sarei dovuta tornare in istituto entro la mezzanotte, ma in quel momento, il rispetto delle regole, era l'ultima cosa alla quale stavo pensando.

"Stai attenta", ridacchiò, quando inciampai sulle sue scarpe, rischiando sul serio di spiaccicarmi al suolo. Entrai in casa, precipitandomi subito verso il frigo.

"Ho sete", dissi, quando mi raggiunse, guardandomi male. "Dovresti bere qualcosa anche tu", ammiccai. Sospirò, passandosi le mani fra i capelli, era impaziente, tanto quanto me, ma stavolta sentiva di essere lui, quello che doveva controllarsi, ma io non volevo questo. Volevo che si lasciasse andare del tutto con me, non ero la bambolina fragile che lui pensava io fossi, e quella notte, glielo avrei dimostrato.

"Tranquilla, ho già bevuto", afferrò la bottiglia di birra dalle mie mani, posandola sul bancone alle mie spalle. Sbuffai, ma poi mi avvicinai a lui, poggiando le mani sul suo petto, per spingerlo all'indietro.

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