Capitolo 5

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Io e Tate, vivevamo sotto lo stesso tetto da tanti anni, ma non era mai successo, nonostante le sue continue fughe, di non vederla per quasi due giorni consecutivi.

Ero preoccupata e mai come quella volta, odiai non possedere un cellulare.

Ero riuscita a camuffare la sua scomparsa alla signorina Morris, mi sentivo così in colpa, per tutte le bugie che avevo dovuto dire a causa di quella sconsiderata della mia migliore amica.

Erano le nove di sera e di lei nessuna traccia.

Non sapevo che fare, non avevo idea di dove fosse, ne se stesse bene, quella era la cosa che mi premeva di più sapere.

Volevo abbracciarla e dirle che non ero arrabbiata con lei, per quelle cose che mi aveva detto, ero disposta a dimenticare tutti, pur di riaverla qui con me.

Fissai la luna, appoggiata al davanzale della finestra, come se questa, in qualche modo, avesse saputo consigliarmi cosa fare, dove trovarla.

"Non posso credere di star facendo una cosa simile", sbuffai, mentre facevo passare la prima gamba, oltre la finestra.

Ma per lei, ne valeva la pena.

Non avevo idea di cosa volessi fare, ne di dove andare.

Non conoscevo quella città e la notte tutto mi sembrava ancora più confuso.

Ma dovevo ammettere, di essere sempre stata una grande osservatrice, avevo dei punti di riferimento e se conoscevo Tate, come pensavo di conoscerla, non l'avrei di certo trovata in una banale pizzeria.

Cominciai a camminare verso la direzione che Jacob, aveva preso per raggiungere quel locale, nel quale eravamo stati poche sere prima, se non l'avessi trovata anche lì, ne avrei parlato con Miss Morris.

Camminai per oltre quaranta minuti, le gambe mi dolevano e avevo paura, la strada era buia e le persone che la popolavano non erano molto rassicuranti.

La solita musica, forse la stessa, rimbombava già ad una decina di metri di distanza.

Tirai un sospiro di sollievo, per aver ricordato la strada e per essere arrivata lì, sana a salva, ma la parte peggiore, doveva ancora arrivare. Entrare lì dentro, era l'ultima cosa che avrei voluto fare, ma dovevo farlo.

Presi un ultimo lungo respiro da quell'aria pulita, prima di immergermi in quella discoteca, nella quale avevo promesso di non metterci più piede.

Era venerdì ed il fatto che ci fossero ancora più persone della volta precedente, doveva essere normale.

Ero troppo bassa, per avere una panoramica completa della sala, le persone mi schiacciavano, mi spingevano, non ne potevo più.

Riuscì a farmi largo fra quella carcassa, raggiungendo il bancone degli alcolici.

"Scusa", urlai in direzione del barman.

Era inevitabile la sua occhiata, non avevo di certo pensato di mettermi in ghingheri, sapevo che una tuta nera, non fosse l'ideale per un posto simile, ma al momento, non me ne importava molto, non dovevo piacere a nessuno.

"Ti sei persa bambina?" Mi chiese, pressando le labbra fra loro, era evidente che volesse ridere di me, come dargli torno infondo, ero completamente fuori luogo, un pesce fuor d'acqua.

Evitai di rispondere alla sua domanda, ero troppo stanca per pensare alla buona educazione.

"Hai per caso visto una ragazza bionda, si chiama Tate, solitamente porta delle gonne molto corte e....".

"Sei fatta?" Inarcò un sopracciglio. "Hai idea di quante ragazze bionde e con gonne corte ci sono qui dentro?" Fece cenno alle mie spalle, ma non mi serviva guardare, il mio era solo un tentativo disperato di ritrovarla.

SweetWhere stories live. Discover now