Capitolo 30

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Le sue labbra, lasciarono un ultimo bacio a stampo sulle mie, prima di fermarsi.
Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi, avevo paura che da un momento all'altro potesse scomparire, così poggiai la mia mano sul suo petto, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. Si stava molto bene lì.
"Che stai facendo?". Lo sentì sorridere fra i miei capelli, mentre ancora mi teneva stretta a se ed era strano, perché dopo ogni nostro bacio, lui, era sempre andato via.
"Nulla", gracchiai con voce impastata.
Afferrò il mio viso delicatamente, riportandolo davanti al suo.
Non disse nulla, semplicemente mi guadava e io, guadavo lui, cercando di trasmettergli tutto quello che a voce non riuscivo a dirgli, tutte le mie paure, le mie insicurezze che solo lui, avrebbe potuto cancellare.
Ma non lo faceva mai, e non lo fece neanche quella volta.
Abbassai lo sguardo, quando si avvicinò di nuovo.
Con una mano, spostò una ciocca di capelli dal mio viso.
"Odio quando non parli", disse, respirando pesantemente ed era fastidiosamente ironica una cosa del genere, detta da lui.
Fui presa da un moto di rabbia, misto a coraggio che mi diede la forza di alzare lo sguardo e parlare.
"Cosa sono io?".
Il suo sguardo vacillò, non si sarebbe mai aspettato una domanda così diretta dalla timida e stupida Krystal.
Passò qualche secondo di troppo, secondi che a me parvero infiniti, prima che mormorasse una risposta, per me, inutile.
"Non lo so", sospirò. E questa volta era lui, che non aveva il coraggio di guadare me.
Mordicchiai il mio labbro nervosamente, non avendo idea di cosa dirgli, non potevo pretendere nulla da lui, ma una una cosa era certa, non volevo essere una delle tante e glielo avrei anche detto se qualcosa, nulla di piacevole, per essere precisi, attirò la mia attenzione.
"Credo che questa sia già una riposta", toccai per non più di un secondo, una macchiai sbiadita di rossetto, sul collo della sua maglia, ritirando le mani l'attimo dopo, come se mi fossi scottata.
"Cosa stai..", non gli lasciai neppure il tempo di parlare, che mi sfilai dalle sue braccia. "Ma dove stai andando?". Mi afferrò per un braccio, spalancò gli occhi, quando poi si rese conto di quello che stavo guardando.
"Non voglio essere una di quelle", la mia voce ridotta ad un sussurro.
"È...è una cosa vecchia", mi alzai, liberandomi dalla sua presa, fregandomene della presenza di Jered e Thomas, che probabilmente stavano ascoltando ogni cosa.
"Ce ne sarà una nuova", mormorai.
Forse stavo parlando troppo, ma ero troppo ferita. Per me, quel bacio, quei baci, valevano tanto e non era facile sentirsi dire certe cose, non era facile starsene zitta e farsi andare bene tutto, quando era il cuore a comandare.
Si alzò, sovrastandomi con l'intensità del suo sguardo che mi urlava di restare.
"Ma di cosa stai parlando?". Urlò, probabilmente anche lui aveva dimenticato di non essere i soli in quella stanza. "Non puoi andartene, resta". L'ultima parola fu appena utile.
"Non ci riesco", sussurrai, sorpassandolo, mentre lui restò lì fermo a fissarmi, mentre andavo via.

Damon's pov
I pugni stretti lungo il corpo, mentre mi sforzavo di mantenere la calma, quella ragazza, mi avrebbe fatto uscire di testa, prima o poi.
Avanzai verso la porta, furioso come non mai, non le dovevo alcuna spiegazione, eppure, era quello che stavo per fare.
"Da quando rincorri le tue scopate?". I miei piedi si piantarono al suolo.
"Credo di non aver ben capito", la mascella si tese, la rabbia, mi stava accecando. Gli avevo già detto una volta di non usare certi termini quando si trattava di Krystal, ma se il discorso, non gli era abbastanza chiaro, glielo avrei rispiegato, ma a modo mio stavolta e fanculo l'amicizia.
Jered, stava rischiando grosso con me, non aveva idea di quello che stava scatenando.
"Ragazzi, non ricominciate", Thomas si alzò, non appena anche quel coglione lo fece. Se pensava di intimorirmi in qualche modo, allora non aveva mai capito un cazzo di me, non mi conosceva affatto e questo, poteva essere solo un punto a suo sfavore.
"Dico solo che hai perso di vista il vero obbiettivo", replicò, scrollando le spalle.
In due falcate, gli piombai addosso, afferrandolo per il collo, che mi curai di stringere.
"Quello che tu chiami il vero obbiettivo, è mia sorella".
"Dam", Thomas, mi afferrò per le spalle.
"Lo so", tossì Jered, non appena lo lasciai, spingendolo all'indietro.
"Non distrarti con cose inutili", aggiunse sprezzante.
Qualcosa mi infastidì nelle sue parole, non solo perché aveva definito Krystal, inutile. Avevo la netta sensazione che qualcosa mi stesse sfuggendo, che mi stesse nascondendo alcune verità e non gli conveniva, non gli conveniva affatto mettersi contro di me.
"E tu ricorda qual'è il tuo ruolo qui dentro", sputai, guardandolo negli occhi, fin quando non mi avvicinai alla porta per andarmene.
Qualunque cosa mi stesse nascondendo, io l'avrei scoperta ed a quel punto, ero sicuro, avrebbe finito di parlare a sproposito.
Camminai per il corridoio deserto, tutti erano radunati in palestra e l'idea che lei, fosse andata a dormire al fianco di quel cazzone di Nick, Rick o come diavolo si chiamava, mi fece salire il sangue al cervello.
Raggiunsi il pian terreno, trovandovi solo poche persone, intente a ritirare le coperte che il rappresentante d'istituto aveva fornito per la notte e risi fra me e me, quando frà quella gente, scovai un caschetto nero, in attesa del suo turno.
"Ne sono rimasti solo cinque e tu sei la settima in fila", mi affiancai a lei.
Nessuno avrebbe osato dir qualcosa per il fatto che avessi scavalcato la fila. Nessuno tranne lei.
"Rispetta il tuo turno", cinguettò, ignorando quello che le avevo appena detto.
Testarda, da aggiungere alla lista.
"I riscaldamenti sono spenti, sarà una notte molto difficile per te, da affrontare senza coperte". La guardai di sottecchi, mentre lei teneva invece lo sguardo fisso davanti a se.
Era arrabbiata, infastidita, forse triste, ma anche molto sexy, con quella divisa, sotto la quale, nascondeva qualcosa di molto interessate.
La sua domanda, mi aveva preso in contropiede, senz'altro il suo carattere mi intrigava, avevo sempre pensato che sotto quell'aspetto timido e riservato, si nascondeva qualcosa di molto forte, diverso.
Cos'era lei per me? Qualcosa a cui non sapevo rispondere, non ero interessato a relazioni o stronzate varie, ma non ero neppure disposto a veder lei, implicata in qualcosa di simile con un altro.
Non ero geloso, la gelosia era un sentimento e io, non provavo nulla di simile.
Non volevo e basta, non doveva per forza esserci una spiegazione e poi, Krystal, era troppo per bene, per qualunque ragazzo di questa generazione, non aveva bisogno di nessuno di loro e forse neppure di me.
Anzi, ne ero sicuro. Io le avrei solo fatto del male e questa consapevolezza doveva spingermi ad allontanarmi da lei, e invece, eccomi qui, ad inseguirla come un fottuto cane bastonato, pur di non farla dormire con un altro.
Mi sarei preso a pugni da solo e forse un giorno l'avrei fatto davvero.
"Finite", sbuffó.
Avrei voluto urlare un gigantesco, te l'avevo detto, ma me ne restai zitto, in attesa della sua prossima mossa.
Mi guardò indispettita, mentre io continuavo a fissarla con la mia faccia da sbruffone.
Maledetta maglia e maledetto me che non sapevo usare una cazzo di lavatrice. A quest'ora, probabilmente, stavamo già dormendo o magari, me la stavo baciando ancora.
Non le avevo mentito, quella traccia di rossetto, era davvero vecchia, ma in ogni caso, con quella domanda, mi aveva messo con le spalle al muro e probabilmente, se ne sarebbe andata lo stesso.
Camminò o meglio sculettò, in direzione della palestra e solo allora, mi resi conto, che il tempo dei giochi era finito e che lei, non doveva arrivare a mettere neppure un piede lì dentro.
Pochi passi e la raggiunsi, bloccandole la porta con la mia figura.
"Ho sonno", sbuffó alzando gli occhi al cielo.
"Hai già un posto dove dormire", replicai, cercando di restare serio.
"Non voglio dormire con te", incrociò le braccia al petto e il mio sguardo, cadde proprio lì.
Poteva anche non avere delle forme eccessivamente prosperose, ma a me, facevano impazzire lo stesso.
"Vorresti dormire con quella specie di esperimento andato a male?". La mia pazienza, di per se scarsa, stava per vacillare.
"Rick, il suo nome è Rick, possibile che tu debba sempre offendere gli altri?".
"Oh credimi, era un complimento". Sbuffai, stavo perdendo la calma.
"Ho sonno anch'io, quindi...".
"Non dormirò con te, è inutile, chiedi a Piper se vuole farti compagnia".
Ma da dove sbucava questo caratterino?
"Se il problema è questa, posso anche buttarla", sbottai, stava esagerando.
"Tranquillo, tienila pure, infondo ti ho conosciuto che già l'avevi sporca del rossetto di un'altra".
"Qual'è il tuo problema?". La afferrai per la vita, quando tentò di andarsene, chissà dove poi.
"Nessuno, lasciami", la strinsi ancora di più, le piaceva tanto quanto piaceva a me e a me, piaceva molto.
"Bugiarda", sussurrai nel suo orecchio.
"Sei solo uno..".
"E gelosa", aggiunsi, poggiando le mani sul suo ventre piatto.
Sarei voluto andare ben oltre, ma rischiavo un bel calcio nelle palle.
"E di cosa?". Mancava poco che le uscisse il fumo dalle orecchie, ero in grado di portarla al limite.
"Che vuoi da me, Krys?".
"No, tu cosa vuoi da me?". Si rigirò fra le mie braccia, solo per poter puntarmi un dito contro.
"Cosa dovrei volere?". Inarcai un sopracciglio. "Hai qualcosa da offrirmi?". Ok, questa volta, i miei riflessi non avevano svolto un gran lavoro.
"Hey piccoletta, ci lavoro con questa faccia", massaggiai la mia guancia, provando ancora a non ridere, ma persi la voglia di farlo, quando notai i suoi occhi lucidi. Era una cosa che non riuscivo a gestire con me stesso.
"Lasciami in pace", sussurrò, le mie mani caddero lungo i miei fianchi, incapace di reggere ad una supplica simile.
E per la seconda volta, mi ritrovai a fissarla, mentre andava via, ma stavolta non avrei fatto nulla. Me ne sarei stato al mio posto pur di non farle del male.
Cacciai fuori un lungo respiro, passandomi le mani fra i capelli. Mi sentivo strano e non mi piaceva.
Non avevo idea di dove fosse andata a rintanarsi per la notte e questo non mi dava tregua, tuttavia, mi imposi di lasciar perdere e tornarmene a dormire, con la consapevolezza che sarebbe stato un po più difficile farlo.

SweetWhere stories live. Discover now