Capitolo 52

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Krystal's pov
Stavo per afferrare il mio bicchiere, quando Damon me lo strappò letteralmente dalla mano, portandoselo alle labbra.
"Hey", mi accigliai. "Hai la tua birra".
Il cameriere, guardò Damon confuso, mentre quest'ultimo, continuava a bere indisturbato la mia cola.
Poi la poggiò sul tavolo, spostandola nella mia direzione e solo allora notai una serie di numeri sbiaditi al fianco del mio nome.
Alzai lo sguardo, notando il cameriere rosso in viso e Damon, rilassarsi contro lo schienale della sedia sulla quale era seduto.
"Oddio ma ti ha scritto il suo numero?". Squittì Charlotte, una volta che quel ragazzo, corse letteralmente via. "Ma è...sbiadito", guardò il fratello dapprima sbalordita per poi accennare un sorriso che Damon non ricambiò.
"Damon", disse Jared. "Ricordo male, o a te la cola non piace?".
"Ricordi male", replicò lui, perforandolo con lo sguardo. Che stava succedendo?
Lo puntai con gli occhi, in modo che potesse capire tutto il mio disappunto per essersi scolata metà della mia bibita.
"Un goccio di birra?". Alzò il sua calice con quella faccia da schiaffi che si ritrovava.
"No, grazie", sbottai. Sentì Charlotte ridere al mio fianco, beata lei che si divertiva, io avevo solo voglia di sfogare tutta la mia frustrazione su di lui e non in quel senso.
"Comunque è davvero carino quel ragazzo", continuò lei ed a quel punto, anche qualcun altro, oltre suo fratello, la guardò male.
Stavo per rispondere, quando il soggetto della nostra discussione tornò per prendere le ordinazioni.
"Siete pronti per ordinare?". Mi sorrise ancora. Avevo l'impressione che fosse uno che non si arrendeva facilmente, nonostante l'atteggiamento ambiguo di Damon. Non poteva essere geloso di me, lo trovavo impossibile eppure, era la prima cosa che aveva sfiorato la mia mente.
"Due polli al curry", disse Charlotte e io annuì. Avevo fame, in quel momento mi andava bene qualsiasi cosa.
"Raclette".
"Anche per me", si aggiunse Jared.
Cosa diavolo era?
"Qualcos'altro?". Guardava me ed era abbastanza imbarazzante. Distolsi lo sguardo, incrociando quello di Damon, che dava l'impressione di poter scoppiare da un momento all'altro.
"Si", disse, continuando a guardare me per poi alzare lo sguardo in direzione di quel ragazzo in attesa. "Una cola, in vetro". Specificò.
Sentì una strana sensazione all'altezza del petto, che fosse davvero geloso?
"Ehm...che facciamo stasera?". Ringraziai mentalmente Charlotte per la saggia decisione di spostare l'attenzione su altro.
"Nulla", rispose Damon, afferrando il telefono dai suoi jeans.
"Ma come?". Sbuffò lei, guardando Jared. "Dirglielo anche tu dai".
"Ehm, non so...dove vorresti andare?". Vedere Jared in quelle condizioni era quasi divertente, lo stavo rivalutando, ma non per questo avevo dimenticato quello che mi aveva fatto. Tuttavia c'era da dire che da quando ero arrivata qua, non aveva fatto chissà che cosa per darmi il tormento. Era come se, questo posto, avesse una buona influenza su di lui o forse, era solo la presenza di Charlotte ad addolcirlo.
Puntavo tutto sulla seconda opzione.
"Non so", disse lei. "Cosa c'è da fare qui?".
"Nulla", ripetè Damon. "Siamo in mezzo al nulla, quindi dopo pranzo ce ne torniamo in albergo".
Ma con chi stava massaggiando?
"Sei noioso, e tu Krystal, cosa vorresti fare?".
"Oh", mi aveva letteralmente colta alla sprovvista, mentre fissavo suo fratello. "Per me va bene qualsiasi cosa".
"Certo, per andare in ibernazione", borbottò sottovoce, ma l'avevo sentito.
Rilasciai un lungo respiro, mordendomi la lingua, non avevo voglia di litigare con lui, in presenza di altri. In realtà, non avevo affatto voglia di parlagli, che continuasse pure a fare lo stupido con le sue battute del cavolo.
"Facciamo una ricerca su internet", propose Jared. "Vediamo cosa c'è da visitare in Svizzera".
"Oddio è vero", urlò Charlotte. "Sei un genio". Damon alzò gli occhi al cielo, per poi continuare a smanettare sul suo cellulare. Lo stesso feci anch'io.
Quella mattina Tate mi aveva mandato un messaggio, che non avevo ancora visualizzato.
Tesoro, c'è un problema. La Morris mi ha chiamata, chiedendomi/chiedendoci di tornare a Manchester fra due giorni. Prenota un aereo il prima possibile per Londra o Manchester, fammi sapere.

Chiusi gli occhi, portandomi le mani in faccia, questo proprio non ci voleva. Quando un fumante piatto caldo, finì sotto il mio naso, notai Damon fissarmi con aria interrogativa.
"Ci sono tantissime cose da vedere, dal lago di Lugano all'old town. Oddio è bellissima, Damon ti prego voglio andarci".
"Vedremo", sospirò, infilzando con la sua forchetta, quella strana poltiglia che aveva ordinato, non ne sembrava poi molto colpito dopo il primo assaggio.
"Fa schifo", disse Jared, con espressione disgustata.
"Possiamo dividere il pollo", dissi, non guardando nessuno dei due. Era una sorta di commento generale.
"E va bene", sbuffò Charlotte. "Su Jared, approfittane", avvicinò il suo piatto a lui ed a quel punto, capì di essermi data la zappa sui piedi da sola.
"Dovresti avvicinarti". Amavo tanto la sua voce, ma in quel momento mi dava leggermente sui nervi. Scivolai più in là, avvicinandomi a Damon ma cercando di mantenere una certa distanza di sicurezza.
Iniziai a mangiare la mia parte con lo sguardo puntato sul piatto e lo stesso fece lui, dopo aver rilasciato un lungo sospiro.
"Finiscilo tu", disse dopo cinque minuti, aveva mangiato pochissimo.
"Sono piena", spinsi lentamente il piatto nella sua direzione.
"Anch'io", disse poggiando la sua forchetta sul tovagliolo.
Mi appoggiai allo schienale della mia sedia, sperando che questo pranzo finisse il prima possibile.
Dovevo trovare una soluzione e rispondere a Tate il prima possibile, così afferrai il cellulare cercando di ignorare i suoi occhi che mi stavano letteralmente incendiando.
Perché dobbiamo già tornare?
Sospirai, mordicchiando nervosamente il mio labbro, se la Morris avesse scoperto di questo mio improvviso viaggio, sarebbe stato un vero e proprio casino e non solo per me e questa era l'ultima cosa che volevo per Damon.
Tate, non rispose, almeno non fino a quel momento, ero tesa come una corda di vìolino, ma dovevo dirlo a Damon.
"Mi dici cos'hai?".
"Devo andarmene", parlammo nello stesso instante.
"Cosa?". Corrucciò lo sguardo.
Gli mostrai il mio telefono, lo afferrò riluttante, ma la sua espressione cambiò drasticamente quando ne lesse il contenuto.
"Perché?".
"Non lo so ancora", ci guardammo ed era come se in quel momento fra noi ci fosse una sorta di filo invisibile che collegasse le nostre menti, i nostri pensieri.
"Non puoi andartene", il tono basso ma sicuro, senza mai interrompere il contatto visivo. "Non sappiamo cosa abbiano in mente quei bastardi", serrò la mascella.
"Non posso restare qui se Tate torna in istituto".
"Beh, che restasse da quella rossa".
"Hey", bisbigliai, guardandolo male. "Devo almeno capire cosa sta succedendo".
Sbuffò, ma non aggiunse altro. Sembrava arrabbiato, infastidito ed era comico, quando in realtà ero io quella che doveva avercela con lui.
"Che state confabulando?". Domandò Charlotte, portandosi le mani sulla pancia piena.
"Devo tornare a Manchester", dissi, abbozzando un sorriso che sapevo avesse più le sembianze di una smorfia.
"Oh, di già?". Mormorò triste. "Non puoi restare qualche altro giorno?".
"Non lo so ancora", dissi, continuando a fissare quel cellulare. Speravo solo che non fosse successo nulla di grave, ma sopratutto che la Morris non sospettasse nulla.
"Speriamo di si", sorrise fiduciosa lei. Notai Damon e Jared scambiarsi degli strani sguardi e qualcosa mi diceva che quel moretto imbronciato, avesse già contattato Thomas.

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