Capitolo 22

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Raggiungimi in cortile.
Tre semplici parole, che avevano fatto scalpitare il mio cuore.
Voleva che lo raggiungessi, io lo avrei fatto.
"Torno subito", dissi alla mia amica, che con sguardo interrogativo, scrutò il cellulare, stretto fra le mie mani.
"Che succede?". Chiese.
"Non lo so, poi ti spiego", le promisi, allontanandomi da lei, prima che potesse ricominciare con le sue inutili raccomandazioni.
Damon, era già uscito dalla palestra, non me ne ero neppure accorta.
Si muoveva con una tale maestria, da farmi rabbrividire.
Senza ombra di dubbio, era bravo a passare inosservato, nonostante, uno come lui, si facesse, di norma, notare eccome.
Era bello e lo pensavano tutti.
Sentì lo sguardo di Thomas, pungere sul mio profilo, ma quando gli sorrisi, la prima cosa che notai nella sua espressione, fu un velo di preoccupazione.
Mi accigliai, continuando a camminare, dovevo raggiungerlo.

Seduto sulla sua moto, stringeva fra le mani una sigaretta, che ben presto, portò alle labbra.
"Ciao", si voltò al suono della mia voce e di quei sorrisi, che solo la sera precedente, mi aveva regalato, non c'era più traccia.
"Devi dirmi qualcosa Krystal?". Il mio nome, lasciò le sua labbra, come una sorta di minaccia.
"Che vuoi dire?". Non stavo assolutamente capendo nulla.
"Piper e Jered", due nomi che non promettevano nulla di buono. "Ti hanno minacciata", aggiunse con disgusto.
Allontanati da Damon.
Come una doccia fredda, quell'episodio, tornò alla mia mente.
Non gli avevo dato tutta questa importanza.
"Non è successo nulla di grave", mormorai, ma il pugno che diede sul serbatoio della sua moto, mi fece capire, che lui non la pensava così.
"E quando pensavi di dirmelo, eh?". Nonostante il fatto, che non stesse urlando, era chiaro che fosse furioso e il movimento della sua mascella squadrata, presagiva una grande sfuriata.
"Come lo hai saputo?". Domandai, ero sicura che non fosse stato Jered o Piper a confessare il loro peccato, mi odiavano, ma non ne capivo il motivo.
"Rispondi alla mia cazzo di domanda", ringhió, istintivamente feci un passo indietro.
"Non voglio metterti contro ai tuoi amici", ammisi. "E poi, Jered...insomma, mi sembrava solo un gesto di gelosia, pensavo che non sopportassero il fatto che tu mi parlassi".
"Tu non li conosci", il tono sprezzante, mentre gettava a terra la sua sigaretta, pestandola con un piede.
"Cosa potrebbero mai fare?". Alzai gli occhi al cielo.
"Non sottovalutare niente Krystal", sussurrò, perforandomi con il suo sguardo. "E non pensare che a questo mondo, siamo tutti come te", sputò.
"Lo dici quasi come se, essere come me, sia un difetto", non lo capivo.
Non capivo se io, agli occhi del mondo, fossi così male.
"Dico solo, che dovresti parlare per dirmi, anche cose importarti come questa", serrò la mascella.
"È successo solo una volta", dissi.
"Sai che c'è?". Assottigliò lo sguardo.
"Fai come diavolo ti pare, peggio per te". Mise in moto.
"Aspetta, perché ora sei arrabbiato?". Sbuffai, poggiando una mano sulla sua, quando stava per dare gas.
"Perché non conosci il mondo e questo è un problema", mi freddò sul posto.
La mia mano, scivolò dalla sua, dove il suo sguardo cadde.
Lo vidi, per un attimo vacillare, quando mi girai e me ne andai, con la strana sensazione che quei pezzi di me, che lui aveva ricomposto, li avesse appena gettati giù, un'altra volta, una di troppo.
Giudizio, era questo che mi portavo dietro da quando ero arrivata lì.
Una stupida, una sprovveduta, questo pensava di me la gente, e anche lui.
Lo pensava anche lui.

Quando tornai in palestra, chiesi a Tate di non fare domande.
Lei si arrabbiò, iniziando a ripetere cose, che già sapevo.
Non la ascoltai, mi sforzai di non farlo per tutto il viaggio di ritorno e trovai pace, solo quando poggiai la testa sul mio cuscino, spegnendo tutto, persino il mio cervello.
Non conosci il mondo, e questo è un problema.
Un problema, tutto un gran problema.
Chi era Jered? Cosa voleva da me?
E perché Damon, aveva reagito in quel modo?
Offendendomi, fra le altre cose.
C'erano troppe domande che si aggiungevano alle tante che avevo collezionato su di loro, dalla prima volta che mi li avevo visti.
Qualcosa di caldo, scivolò sul mio corpo, aprì di poco gli occhi, notando che Tate mi stesse comprendo con un lenzuolo.
Li richiusi, forse era tardo pomeriggio, ma non avevo fame, né tantomeno la forza di uscire dalla mia stanza e così, mi addormentai di nuovo, per tutta la notte.

SweetWhere stories live. Discover now