Ultimo capitolo

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Krystal's pov
Risi di cuore come forse non avevo mai fatto. La faccia di Damon era da immortalare, ma sapevo che da qual momento in poi, sarebbero state tante lo occasioni in cui avrei potuto vedere la gioia risplendere nei suoi occhi. Strinse la mia mano nella sua, gli sorrisi ancora. L'avrei fatto spesso quel giorno. Scendemmo la grande scalinata che ci avrebbe riportato con i piedi per terra, ma solo fisicamente parlando, perché mentalmente avrei continuato a volare, a sognare. Lo meritavamo.
Mi guardavo intorno e mi sembrava tutto così perfetto, così giusto.
"Dove andiamo?". Mi chiese, scoppiando a ridere. Eravamo due pazzi che avevano appena fatto la più grande pazzia di sempre, ma non ce ne importava, andava bene così, andava più che bene.
"Dovrebbe esserci scritto qualcosa in quella busta", indicai quella che il pilota ci aveva consegnato, perché nella mia borsa ne avevo come minimo altre tre simili ma con contenuti nettamente diversi.
"Mh, ok", era così carino quando si concentrava. Non avevo ancora realizzato di averlo così vicino, che tutto questo fosse vero, che stessimo davvero iniziando la nostra nuova vita qui, in Messico.
"Ma che...", spalancai gli occhi quando vidi due documenti d'identità, con le nostre foto sopra. Scoppiai a ridere di nuovo e stavolta fin quasi a farmi mancare l'aria, quando lessi il mio nuovo nome.
"Margot Jones".
"Edward Jones?". Inarcò un sopracciglio. "È uno scherzo?".
"Ehm...effettivamente Damon è più bello", pressai le labbra fra loro. "E forse Lupin non è molto conosciuto qui".
"È orribile", quasi urlò. "Andrò all'anagrafe".
"Damon, ma ti pare".
"Tu continua a chiamarmi così, piccola Margot". Mi pizzicò il naso. "Sopratutto quando...".
"Ho capito, smettila", gli schiaffeggiai la mano che stava già per raggiungere posti da non mostrare in pubblico.
"Li hai scelti tu i nomi?". Mi guardò di sottecchi, mentre sfilava un altro foglio da quella busta.
"In realtà no", scrollai le spalle.
"E Green come sapeva che io ti chiamavo così?". Si accigliò.
"È una lunga storia". Avevo dei seri dubbi sul fatto che quell'uomo avesse piazzato una sorta di microchip nel telefono di Damon o qualcosa di molto simile, in ogni caso, ero sicura che Damon avrebbe dato di matto. "Ne parliamo dopo, ora...cerchiamo di capire dove...".
"Una mappa", sbuffò una risata. "Chi usa ancora le mappe?".
"Noi, dal momento che non abbiamo un telefono", scrollai le spalle.
"Mh, giusto", poggiò un braccio sulle mie spalle. "Su, andiamo piccola Margot, credo che stiamo andando bene di qui".
"Non mi chiamerai più krystal?". Poggiai la testa sulla sua spalla, mentre dietro di noi, quell'elicottero prese a muoversi, alzandosi verso l'alto, tornando indietro, o forse continuando il suo viaggio. Il nostro stava appena iniziando.
"Certo", mi guardò. "Fra non molto ti chiamerò di nuovo krys". I suoi occhi, un mix di serietà ed erotismo. Non avremmo resistito ancora per molto. La voglia che avevamo l'uno dell'altra aumentava ad ogni secondo.
"Sbrighiamoci a trovare quello che dobbiamo trovare", sussurrai distogliendo lo sguardo, imbarazzata fino alla punta dei capelli, era bello e strano l'effetto che Damon mi aveva fatto fin dalla prima volta in cui ci eravamo visti, non era mai cambiato. Mi piaceva.
"Esatto", ammiccò, stringendomi a se.

Sole, oceano, case di legno, persone, tante persone, bambini a volontà...tanti colori, tanta musica. Era bellissimo.
"Sembra un villaggio", dissi, mentre mi lasciavo trascinare da Damon verso una serie di palafitte allineate le une alle altre sospese sul livello dell'acqua.
"Lo è", stava sorridendo, i suoi occhi si illuminarono, non appena mi mostrò il punto esatto nel quale avremmo dovuto fermarci ed era proprio quello.
"Cazzo". Si passò le mani fra i capelli. "Cazzo krys è qui", urlò ancora. Gettò quel foglio a terra, mi afferrò per le gambe, facendomi voltare su me stessa.
"Oddio", nascosi il viso nell'incavo del suo collo.
"Non posso crederci che noi....".
"È bellissimo", lo guardai. "È...è un paradiso".
"Lo è", sfiorò il mio viso con due dita. "Non ci credo krystal". Aveva le labbra schiuse. Sbatteva le palpebre come se non riuscisse bene a mettere a fuoco quello che vedeva. Lo stesso era per me, ero più che convinta che si trattasse di un sogno. Lo pensavo da ore, mi ero riempita di pizzicotti e sembrava proprio che questa fosse la realtà, la nostra realtà.
"È casa nostra?". Domandai con il cuore in gola.
"Si, è casa nostra", mi tremarono le gambe, quando mi appoggiò a terra, tenendomi però sempre per mano. "Ci sono delle chiavi lì", disse indicando un piccolo chiodo vicino ad un muro.
"Entriamo?". Lo guardai titubante. Non rispose, mi prese di nuovo in braccio, avvicinandosi a quella porta.
"Infondo siamo già sposati", ridacchiò, mentre apriva la porta del nostro futuro insieme.
"Wow", non capì chi lo disse per primo. Non riuscivo a capire cosa amassi di più, fra il letto a baldacchino al centro della stanza o la vista diretta sull'oceano a davvero pochi metri da noi.
"Dai, forse qui imparerai a fare dei tuffi decenti", mi mise giù, mettendosi però alle mie spalle. Il suo mento sulla mia testa, le sue mani sul mio ventre.
"Hey, guarda che io li so fare i tuffi".
"Certo come no", ridacchiò, dandomi un sonoro bacio sulla guancia.
"Dam".
"Dimmi", bisbigliò nel mio orecchio, prima di iniziare a baciare il mio collo.
"C-ci credi?". Balbettai chiudendo gli occhi.
"No, ho bisogno di prove", sussurrò, lasciando scorrere le mani dietro la mia schiena, abbassando la zip del mio vestito. "E ne ho bisogno ora", aggiunse, facendo scorrere le sue mani lungo le mie gambe.
"Mi sa che hai ragione". Mi girai nella sua direzione, e prima che potesse dire altro, lo baciai. Sfiorai il suo collo, il suo petto, gli sfilai la maglia, poi...lo attirai a me. Camminai all'indietro verso il letto, non c'era più tempo da perdere almeno non quella volta. Mi fece stendere sotto di se, non staccando mai le sue labbra dalle mie. Poggiò le mani ai lati delle mia testa, mentre con le mie, sbottai i suoi jeans.
"Ti amo".
"Ti amo Dam", ansimai quando riprese il suo assalto al mio collo, al mio seno scoperto. Strinsi le gambe attorno al suo bacino. Il resto dei vestiti volò via, così come tutte le paure che ci eravamo portati addosso negli ultimi giorni.
Graffiai la sua schiena, quando entrò in me con un sol movimento. Non mi importava del dolore, volevo fare l'amore con lui, volevo dargli ogni parte di me.
"Cazzo", imprecò, stringendo le lenzuola in due pugni. "Non puoi capire quanto mi sei mancata piccola", la voce roca, sempre più bassa ad ogni spinta.
"Dam", ansimai. "Anche tu..tanto". Aprì gli occhi, i suoi nei miei, era bellissimo. La cosa più bella che avessi mai visto, l'inaspettato. Qualcosa che non avrei mai sognato di vivere, non in quel modo, così intenso, così vero, così giusto, dal primo giorno, da sempre. Da quella sera, dal primo litigio, dal primo bacio, dalle prime lacrime, in ogni secondo. Ho amato Damon ogni giorno, dopo tutto, alla fine di ogni giorno, dopo ogni mancata promessa, perché non avevo scelta. Non l'avevo mai avuto e neanche lui. Eravamo fatti per stare insieme. Così diversi, eppure con un'anima così simile.
"Sei bellissima", strinse i denti. Eravamo vicini, lo abbracciai più forte che potevo mentre tremavo, ma ero felice. Stavo bene, anzi di più.

SweetWhere stories live. Discover now