Capitolo 59

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Asciugai il mio viso con le dita, cercando di riportare il mio respiro ad un ritmo regolare.
Dire che ero sconvolta, era un eufemismo.
Le mie mani tremavano, mentre cercavo di digitare qualcosa di logico e sensato, ma la verità, era che non ne avevo la forza, ma solo ed unicamente bisogno di lui, che venisse qui e mi sussurrasse che tutto si sarebbe risolto. Con lui sembrava possibile, anche quando non lo era.
Cosa ti ha fatto cambiare idea sul film?
Inviai, con il cuore in gola, le mie parole, avrei voluto fossero altre, come un Vieni qui, corri il più in fretta che puoi. Ho bisogno di te.
Ma mi mancava quel coraggio, qual qualcosa che mi facesse spingere così altre, anche se ne avevo voglia.
Pochi secondi dopo, quel telefono squillò ancora, strappandomi un altro piccolo sorriso.
Non ho cambiato idea sul film, mal che vada...dormo.
"Certo, come no", ridacchiai fra me e me, con ancora il viso umido, la voce tremolante e le mani che premevano per essere strette da altre.
Ti farò ricredere.
In un'altra occasione, avrei scritto righe e righe pur di spiegargli quanto bello potessero essere i film o i libri che a me piacevano, aveva toccato il tasto giusto, ma nel momento sbagliato.
Non volevo pensare a nulla, farlo mi procurava tanto dolore e non doveva essere così, io dovevo essere felice, per lei, per la sua vita, ma sopratutto per il suo futuro.
Tutto ok?
Sussultai, spalancando gli occhi, quando quello due parole, lampeggiarono sul display del mio cellulare.
Era come se...avesse capito, e questo io, non lo capivo.
Mi conosceva così bene? Ero così...trasparente?
Ciò, non giocava certo a mio favore con uno come Damon.
Rilasciai un respiro tremolante, passandomi le mani fra i capelli. Cosa si rispondeva in casi come questo?
Mi guardai intorno, in cerca di un'idea, di qualsiasi cosa, ma fu solo peggio quando il mio sguardo cadde sulla valanga di vestiti, scarpe e quant'altro che Tate lasciava in giro, e quello bastò, a farmi scoppiare di nuovo.
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo, ma quelle lacrime, scivolavano lo stesso giù per le mie guance, andando ad infrangersi su quella coperta che la mia amica tanto amava. Diceva che il rosso, desse quel tocco in più.
Tentai di scrivere una risposta, tre forse quattro volte, una più falsa dell'altra, non la smettevo di piangere, stavo male e dovevo accettarlo, solo in quel modo, forse sarei riuscita a superare quello che per me, era un vero trauma.
Agì d'istinto, spogliandomi delle mie insicurezze, mettendo in mostra quelle che erano le mie paure.
Posso chiamarti Damon?
Trattenni il respiro per i successivi secondi, nei quali non accadde nulla e forse, avevo sbagliato, anche quella volta.
Forse, era impegnato, forse non gli piaceva parlare a telefono anche se molte volte, era stato lui a chiamare me.
Mille complessi, senza mai una soluzione, almeno fin quando, due minuti dopo, quel telefono squillò.
"Cosa succede Margot?". Sorrisi, era forse la quarta volta che mi faceva sorridere solo nel giro di dieci minuti e non era cosa da poco, visto il mio attuale stato d'animo.
"T-ti disturbo?". Presi un colpo di tosse, nel vano tentativo di rendere la mia voce meno rauca, ma senza grandi successi.
"No", il tono serio. "È successo qualcosa?". Chiese ancora. Forse questa, era la prima cosa che mi aveva attirato in Damon. Non si arrendeva mai, se voleva ottenere qualcosa, in un modo o in un altro, l'avrebbe ottenuta, o almeno, era così nella maggior parte dei casi.
Spesso infatti, avevo la sensazione che non sempre facesse quello che davvero volesse fare, era molto trattenuto, ma solo per poche cose ed ero convinta di essere fra queste.
"Non proprio", gracchiai, tirando su col naso.
"Stai piangendo?". Il suo tono si addolcì.
Lui era anche questo, ed era vero, quando dicevo che Damon mi facesse girare la testa.
"N-no, ecco...oggi...", sospirai, non avevo le parole per cacciar fuori il mio dolore, ma dovevo riuscirci.
"Krys".
"Tate è stata adottata", dissi tutto d'un fiato, chiudendo gli occhi. "E...sto male". Quella forse, fu la  frase più difficile che avessi mai detto in vita mia. Io, che vedevo sempre il lato positivo in ogni cosa, io che cercando di risollevare gli altri, io, che vedevo anche a chilometri di distanza, quella famosa luce infondo al tunnel, quel giorno, non riuscivo a scorgerla, neanche a volermela immaginare.
"Sono un'egoista", un singhiozzò sfuggì dalle mie labbra, ero completamente fuori controllo, completamente messa a nudo davanti a quella che era la mia più grande debolezza, Damon.
"Non sei un'egoista", il tono fermo, deciso, ma mai duro. Sentivo la sincerità del suo pensiero dietro quelle parole ed era una cosa, che forse con lui, non mi era mai accaduta prima d'ora.
"Avrei voluto che restasse con me, dovrei...dovrei essere felice invece, sono...".
"Hey", mi bloccò. "Non darti colpe che non hai, chiunque avrebbe reagito così".
"Lo pensi davvero?".
"Non ti mentirei su questo".
"Su questo?".
"Non ti sfugge nulla eh?". Ridacchiò.
Scossi il capo, ma poi mi resi conto che lui non poteva vedermi.
"Ehm, no. Purtroppo no". Sospirò.
"A te...non è andata bene?". Solitamente non era mai titubante nelle due domande, questo mi destabilizzò.
"No, a quanto pare le bionde piacciono di più", sorrisi fra le lacrime.
"Beh, mi sembra ovvio".
"Cosa vorresti dire?". Mi accigliai.
"Che non tutti hanno buon gusto".
"Oh", portai un dito al mento con fare pensieroso. "Aspetta, non ho capito".
"Lo sapevo", ridacchiò.
"Non sei mai molto chiaro".
"Di solito piacciono i ragazzi misteriosi".
"Già, sopratutto se sono biondi".
"Questa è una grande cazzata".
"Il moro è scontato", pressai le labbra fra loro, pur di non ridere.
"Scontato eh? Staremo a vedere".
"Mh, ok", scrollai le spalle.
"Meglio?". Il mio cuore perse un battito.
"Si, grazie", sorrisi come un'ebete, rigirandomi una ciocca di capelli fra le dita.
"Quando andrà via?".
"Non lo so, sono andati nell'ufficio della Morris per parlare. Non so neanche di dove sia questa coppia che l'ha adottata".
"È così semplice?".
"In realtà no, voglio dire...non è ancora sicuro, devono prima accertarsi che tutto sia in regola, ma solitamente, va..tutto bene", il senso di colpa mi attanagliava lo stomaco.
"Non perderai la sua amicizia". Asserì deciso.
"Lo so, ma...ero...abituata alla sua presenza".
Forse questo era il modo meno indolore per descrivere quello che avevo dentro. "E in più, o-odio dormire da sola", sbuffai una risata, solo per mascherare l'ennesima scarica di lacrime che premeva di uscire.
"Beh, questo è un problema che potrebbe risolversi".
"E cioè?".
"Te lo spiego domani".
"Tutto domani? Sarà una giornata impegnativa".
"È tutto impegnativo con me".
"Mh", ridacchiai. "Cosa...stavi facendo?". Mordicchiai il mio labbro nervosamente.
"Sono a Londra. Lavoro".
"Oh, scusami. Ti sto facendo perdere tempo".
"Anche a noi è concessa un'ora di pausa". Sussurrò.
"Ci sono novità?".
"In effetti si, oggi non piove a Londra".
"Dam", alzai gli occhi al cielo.
"Allora no, non ci sono novità".
"Non ci sono, o non vuoi dirmele?".
"Voglio essere sincero". Scattai a sedermi sul letto, durante quegli attimi di suspense che si prese. "Non voglio dirtele".
"Ma...ma insomma", sbuffai.
"Sai già come la penso", potevo immaginare la sua fronte corrucciata, mentre torturava i suoi poveri capelli.
"Si", sospirai. "Diciamo che sono una che non si arrende facilmente".
"Il che potrebbe essere una dote molto sexy, ma non in questo caso".
"Ma che c'entra?". Ridacchiai.
"Hey, per una volta che ti faccio un complimento".
"Oh, allora grazie, e poi...non è la prima volta. Che mi fai un complimento, intendo".
"Mh davvero?".
"Pensavo sapessi reggere meglio l'alcol".
"So reggerlo benissimo, tranquilla", quel sorriso vittorioso che avevo stampato in faccia, diminuì a vista d'occhio, ed io che pensavo di giocare d'anticipo. Che illusa, con lui, non si vinceva mai. Aveva sempre un asso nella manica, qualcosa che ti faceva capire che stesse sempre un passo più avanti, che sapesse già tutto.
"Oh, se lo dici tu", borbottai.
"Dam, dobbiamo andare", Jared e la sua inconfondibile voce, avevo l'idea che da quando si era, come dire, avvicinato a Charlotte, non aveva molte intenzioni di separarsene e questo, era sicuramente un lato molto interessante di lui, dato il modo in cui si era presentato a me.
Oltre tutto, però, ero più che sicura che ora Charlotte non fosse con loro, probabilmente Damon l'aveva accompagnata dalla loro madre.
Chissà com'era quella donna? Quanti anni aveva, chissà quante altre cose avrei voluto sapere su di lei.
"Arrivo", sospirò.
"Ehm, allora..ci vediamo domani", mormorai titubante, alzandomi da quale letto ed iniziando a girovagare per tutta la stanza.
"Si, domani", rispose dopo qualche secondo.
"Ok", sussurrai, poggiandomi alla scrivania, sulla quale, per la prima volta mi ero lasciata andare con lui. "E grazie per prima". Aggiunsi.
"Non è nulla", il tono basso. "A domani".
"A domani", riattaccai, portando quel telefono all'altezza del cuore, lì dove infondo, c'era anche lui.

SweetWhere stories live. Discover now