Appuntamento col destino

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Mi guardavi, sai che esisto. Magari era solo un'occhiata distratta, non lo so. Hai distolto subito lo sguardo.

Domani parlerò con mia madre. Il mio obiettivo sarà conoscere il tuo nome, niente di più. Non dovrò strafare.

Appena rientra da scuola, mia madre si chiude in bagno per farsi la doccia. Io mi isolo in camera, come sempre, devo fare le stesse cose che faccio di solito.

Quando sento che va in cucina con il suo turbante pericolante, vado anch'io, apro il frigo, prendo la coca.

«Il bicchiere!» urla mia madre vedendo che mi attacco alla bottiglia.

Cazzo, l'ho già indisposta. Prendo un bicchiere, verso. Ripongo la bottiglia chiudendo bene il tappo.

«Ieri, erano tuoi allievi?» chiedo, diretto, appoggiandomi al top di marmo della cucina.

Mia madre sta cercando qualche documento in una cartellina. Forse non è il momento giusto, non è concentrata.

«Sì, qualcuno.»

«Ma anche Francesco Tintoretto?»

Mia madre scoppia a ridere.

«Tintoretto? Beh, avrebbe il cognome giusto per il liceo, ma no, non è nelle mie classi. Me lo sarei ricordato un cognome così. Forse in altre. Chi è Tintoretto?»

«Capitan Fra, della pallamano. Mi ha chiesto sostegno per la squadra, dato che frequento il Centro da anni. Ma aveva già una parte di tifo, cioè quelli che hai salutato. Io non li conosco» sorseggio. «Cioè, forse di vista solo uno. Quel ragazzo particolare...» come lo descrivo senza sembrare ossessionato? «Quello che sembra un modello» rido e bevo. Bevo come non ci fosse un domani.

Prendo di nuovo la bottiglia per fare qualcosa, mi verso ancora coca. Lascio a mia madre il tempo di reagire. Ma niente, è impegnata nelle sue cose, forse non mi ha ascoltato.

Non so che fare, se chiedere di nuovo, o se la cosa possa sembrare sospetta. In fondo, quando mai mi sono interessato ai suoi alunni? Ho sempre evitato, perché sapere che mia madre insegna a un amico, mi imbarazza.

«Cosa?» mi fa lei.

«Dicevo, conosco solo il ragazzo che sembra il modello di una pubblicità.»

«Sono tutti bei ragazzi» commenta generica.

«Sì, va beh, ma io conosco di vista soltanto quel ragazzo lì, quello particolare, insomma...»

«Particolare?» poi mi guarda allarmata. «Cosa intendi con particolare, scusa?» è quasi aggressiva.

Forse crede che io abbia usato quel termine per connotare il fatto che abbia lineamenti così delicati, o che un suo possibile orientamento sessuale ne faccia una questione di particolarità. Ma mi conosce così poco?

Mia madre è molto attenta e si inalbera per la più piccola discriminazione, soprattutto verbale.

«Per particolare intendo: molto elegante, tipo modello di una pubblicità, insomma, dai mamma, sembra di un altro pianeta. No?»

Devo circostanziare, esplicitare senza tradirmi e senza arrossire.

«Tu parli di Alex» dice. E non ho colto punti interrogativi finali.

Alex.

Alex, è questo il suo nome?

«Non lo so, lo conosco solo di vista perché è amico di Tintoretto. Ho visto che lo hai salutato, tutto qui.»

Tutto qui un cazzo. Non dice nient'altro, non aggiunge niente, nessun commento, niente di niente. Neanche una conferma che sia davvero lui, Alex.

Me ne torno in camera come da piano.

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