Still don't know my name

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Non ho contato quante volte ho percorso i trenta metri che dividono il cancello dalla gradinata della scuola. Potrei aver coperto la distanza Terra-Luna, ormai.

Elisa non è venuta dieci minuti prima come le avevo raccomandato. Le ho già inviato due messaggi ai quali ha riposto con un bugiardo sto arrivando.

Appena la vedo apparire, la prima campanella è già suonata. Vado verso di lei con falcate guerriere e la prendo per un braccio, trascinandola da una parte, per non intralciare la corsa dei ritardatari.

«Ru', dai, dobbiamo entrare. Ne parliamo dopo» dice avviandosi all'ingresso.

Mi metto davanti a lei, per bloccarle il passo.

«Eh, no. Adesso mi devi dire cos'è questa storia del bacio.»

Lei mi scruta negli occhi. Mi guarda profondamente, rovistando in ogni angolo del mio sguardo, passando in rassegna ogni sfumatura dell'iride e della pupilla.

«Tu davvero non ti ricordi niente» considera, stupita.

Il cuore accelera perché la storia mi piace sempre meno.

«Senti, Eli. Mi stai facendo venire l'ansia. Sai che non vado molto d'accordo con questa parola.»

Lei si addolcisce. «Scusa, sì, scusa. Però ne parliamo a ricreazione.»

Il suo tono è evasivo. Mi rendo conto che non ha la minima intenzione di dirmelo.

«No, non ne parliamo a ricreazione. Noi adesso andiamo al bar ed entriamo alla seconda ora.»

«Ma tu stai fuori!» Dice a voce alta, dandomi una spinta e superandomi.

La seguo infastidito e poi la fisso per tutto il tempo delle lezioni. Non la mollo un attimo e la stringo in una morsa di attenzione costante. Alla ricreazione, si alza e viene direttamente da me, stizzita.

«Dio, se sei pesante! Dai, restiamo qui, tanto escono tutti.»

Si siede sul mio banco. La guardo molto preoccupato, mentre aspettiamo che l'aula si svuoti.

«Gianni, Silvia, per favore, potreste uscire anche voi? Io ed Elisa dobbiamo parlare» dico ai compagni ancorati al banco come cozze, con tono più duro che cortese.

Credo che i due vorrebbero protestare, ma si scontrano con la mia faccia da psicopatico e sbuffano uscendo.

«E quindi?» le chiedo, una volta soli. Elisa continua a fissarmi per cercare qualche scappatoia. «Oh, allora?»

Tira un sospiro profondo e sembra ormai rassegnata. Trascina lentamente e rumorosamente una sedia davanti a me. Si accomoda.

«Ho giurato che non te lo avrei detto» dice, portandosi una mano sulla fronte.

«Eli...»la redarguisco col tono teso e tremulo. Sto per sbottare e lei sa bene che se dovesse accadere sarebbero cazzi amari per tutti.

«Ok, è successo l'anno scorso» dice portandosi i capelli all'indietro e poi aspetta, lasciando decantare la frase. «Quando tu e Arianna vi siete baciati» aggiunge, come se fosse il tassello definitivo che dovrebbe sbloccarmi la memoria.

«Quando Arianna ha baciato me» preciso.

«Sì, pure Arianna me lo ha confermato.»

Rido in modo cattivo.

«Cazzo, Eli, davvero hai dovuto chiedere la conferma? Non ti fidi di quello che ti ho raccontato?»

«All'inizio ti ho creduto. Ma visto che non ricordi cosa è successo dopo... no, non mi sono più fidata di quello che mi avevi raccontato.»

«Cosa sarebbe successo dopo.» Il fiato mi esce a stento.

«Dopo, ti sei sentito molto in colpa verso Arianna, hai bevuto, per la prima volta da quando ti conosco, e sei andato da Filippo a raccontargli tutto. Eravamo alla festa in spiaggia, ti ricordi? Lo hai trascinato dietro agli scogli.»

«Ok, forse. Ero completamente sbronzo, non mi ricordo niente. Ma qui parliamo di un altro bacio, mi pare» inizio a perdere la pazienza.

Elisa si avvicina a me e abbassa la voce, perché la porta della classe è aperta.

«Ti sei sfogato con lui e gli hai raccontato che ti sentivi un pezzo di merda, perché di Arianna non te ne fregava niente. Eri molto agitato e puntualizzavi che non le avevi dato un bacio a stampo, ma proprio alla francese. Filippo dice che eri andato in fissa con quella frase e gli ripetevi L'ho baciata alla francese, di continuo. Lui si è messo a ridere e tu ti sei incazzato.» Si ferma e smette di guardarmi. «No, Cri, dai, non posso. Devi chiedere a Filippo. Oppure cerca di ricordare da solo, cazzo.»

Adesso la strozzo. Cerco di mantenere la calma e tiro un sospiro perché non capisco il motivo di mandarla per le lunghe.

«Eli, ho avuto un blackout totale, lo capisci o no? Non potrò mai ricordare niente. E' fisiologico. Non ho rimosso per convenienza.»

«Cri, ascoltami.» E ora mi guarda dritto  negli occhi. «Sono cose vostre.»

Cose nostre? Forse non sono più tanto sicuro di voler sapere.

«Eli, ti rendi conto che adesso sono in paranoia completa?»

Lei si alza e io la trattengo per un polso con troppa forza, tanto che lei mi fissa, perplessa. La lascio subito andare. Cazzo, devo controllarmi, sto diventando troppo aggressivo ultimamente.

«Scusa, t'ho fatto male?»

Lei fa cenno di no, massaggiandosi il polso. Le ho fatto male.

«Filippo non vuole parlarmi più, vuole tenermi alla larga. Secondo te, mi metto a chiamarlo e a chiedergli questa cosa... che non so nemmeno cosa, poi?»

Non posso aver baciato Filippo. E se anche fosse, in che modo e con quale dinamica e con quali intenzioni, poi. Potrebbe essere soltanto una grossa stronzata.

«Prima di tutto: è una cosa importante da sapere? O stiamo parlando di cazzate.»

«Secondo me, è bene che tu lo sappia. Ma non da me. Ci sono risvolti per cui metterei in seria difficoltà Filippo, e non posso tradire la sua fiducia.»

So che non si tratta di una priorità di affetti, ma mi sento lo stesso deluso e ferito. Mi capita con facilità, di recente.

«Se è come dici, perché Filippo non me ne ha parlato?»

«Perché, Cri, credimi... Filippo ha davvero sbagliato, quella sera. E non ha mai saputo come affrontare il discorso con te. Lui dice che quando te lo racconterà, tu troncherai l'amicizia.»

Faccio una risata isterica.

«Allora il problema è già risolto.»

Basta, non ci voglio pensare, inutile partorire sceneggiature creative di quello che potrebbe essere successo. E poi sono imparanoiato, adesso. Molto, parecchio, spaventosamente imparanoiato.

Eli mi guarda quasi con tenerezza. Mi abbraccia e mi dice:

«Io non posso dirti altro, ma secondo me c'è qualcosa che non ti racconti, Cri».

E suona la campanella sopra questa frase a effetto che mi torna in mente ogni tre per due.

Perfino stasera, in camera, mentre mi sparo in cuffia Still don't know my name di Labrinth, sento ancora la voce di Elisa che mi ripete quella frase.

Ha lasciato una scoria scomoda, dentro la mia testa e il pensiero torna sempre lì, a lavorarla.

Senza dirmi niente, Elisa mi ha detto tutto.

E' chiaro che ho "fatto qualcosa", durante la sbronza. Non sarò stato io, siamo d'accordo, forse sarà stato un "me" liberato dalle inibizioni della sobrietà, di cui non ricordo niente, ma che esiste comunque dentro di me, e che non ho affatto intenzione di conoscere, né di svegliare dal torpore.

Forse Elisa ha ragione: meglio saperla da Filippo, la verità. Non edulcorata, non filtrata.

E preferibilmente MAI.

GabbianiWhere stories live. Discover now