Poesie a memoria

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Mi sveglio, lunedì, con lo stesso mal di testa con cui sono andato a dormire. Se collassare per due ore può significare aver dormito.

Non apro nemmeno gli occhi, che vengo arpionato dal pensiero di Filippo. Non è un'idea compiuta e definita, è solo un concentrato di dolore diffuso e di respiro rarefatto. E rabbia. E' a questa che voglio aggrapparmi, come antidoto, l'unico che conosco per questo tipo di veleno.

Mi metto seduto sul letto e respiro. Ho paura che il distacco con Filippo inneschi di nuovo tutto, che svegli quel mostro nero che mi bracca da tre anni e che ora è in letargo. Ma che c'è, lo avverto. E credo che ci sarà per sempre.

Respiro. Mi concentro sull'ossigeno che fluisce nei polmoni. Il livido non mi pulsa più. Appoggio i piedi nudi sul pavimento. Mi focalizzo sulla sensazione di freddo e sui brividi che corrono sulla pelle. Devo radicarmi nel presente. Qui e ora. Ma decido subito che l'unica strategia urgente, adesso, sia evitare di morire di fame. Ieri sono riuscito a mangiare solo mezzo biscotto.

Entro in cucina, galleggiando nella luce sbiadita che filtra attraverso la tenda. Deve esserci un tempo di merda, fuori. Ma il silenzio in casa è benevolo.

Apparecchio la tavola come dovessi banchettare e ci metto sopra qualsiasi cosa mi sembri commestibile per la colazione: marmellata, miele, burro, succo di frutta, pancarré, fette biscottate, biscotti, latte, caffè. Tanto caffè.

Mentre infilo il coltello nel barattolo nella confettura, mi arriva una notifica. E' un messaggio di Alex. Presumo sia l'ora della ricreazione.

"Stamattina tua madre mi guarda di continuo, in classe. Perché?"

Senza emoji, senza niente. Quindi so già che qualcosa non gli quadra per niente.

Finisco di spalmare la marmellata sulla fetta biscottata e cerco di riflettere se possa essere un caso. Di sicuro non lo è. Si sarà fatta mille domande, dato che non le ho dato nessuna spiegazione e starà cercando di ricomporre i pezzi.

Dato che visualizzo senza rispondere, Alex continua:

"C'entra il litigio con Filippo? Elisa ha scritto a Fra. Ma non avevate già litigato? E quando è successa questa cosa? Lui non è venuto a soccorrerti, sabato sera, lo so che non era con Fra e gli altri. Quindi è successo dopo. E' venuto a casa tua, vero? Si può sapere che cazzo vuole? E' per questo che non hai voluto vedermi? Lo voglio sapere. Cosa c'è tra te e Filippo."

Qui e ora.

Mangio la fetta biscottata e percepisco la friabilità rompersi sotto i denti. Mi concentro sulla dolcezza stucchevole. Mi lecco le dita e poi riprendo il cellulare in mano. Tiro un respiro e rispondo.

"Sì, è venuto a casa mia. E sì, avevamo già litigato. Abbiamo solo continuato e finito male. Non ci parleremo più. Basta, non lo nominiamo più."

Scrivo le frasi senza troppa consapevolezza, come una poesia imparata a memoria, perché se mi soffermassi a riflettere sul loro significato, non riuscirei a respirare.

Alex non risponde. Vorrebbe parlarne liberamente, lo so. Non gli piace la mia continua censura su Filippo, perché intuisce la dimensione del mio malessere. Sa che c'è dell'altro.

"Domani vado da Jack Tatoo, per prenotare un tatuaggio. Voglio farmi dei gabbiani."

Spero almeno che questa notizia lo rassereni. E forse sì, perché mi risponde:

"E dove te li vuoi tatuare?"

"Pensavo lungo il fianco. Ma dimmi tu. Sei tu l'esteta."

"Devo chiudere, adesso. Oggi ne parliamo. DI PERSONA, però."

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