Io avrei baciato chi?

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Alex è seduto cavalcioni su di me, sul divano di casa mia e mi sta baciando.

Avrei voglia di trascinarlo in camera, ma mia madre arriverà a momenti. E poi non vorrei dargli l'impressione che la dimensione del nostro rapporto sia solo fisica. Ma devo trattenermi in modo esagerato per restare seduto qui, mentre Alex mi morde i lobi e di certo non fa niente per distrarre questo mio pensiero martellante.

«Mi piace che mi baci con gli occhi chiusi» mi dice.

Lo allontano da me. Per un attimo, mi perdo come un coglione nel suo sguardo. È una trappola azzurra che mi stana e devo starci attento.

«Quindi, tu mi baci con gli occhi aperti» considero, sorridendo.

«Ogni tanto, solo per vedere se li apri» ride.

E' bellissimo quando ride. Gli prendo la faccia tra le mani e gli bacio il sorriso, mi piace farlo, mi piace anche il contatto con i suoi denti. Dio, mi piace tutto di Alex.

«Ma se andassimo in camera tua?» mi chiede, facendo aderire i palmi sulle mie gambe e accarezzandomi sopra i jeans, avanti e indietro, dal ginocchio all'inguine, per rendere più esplicite le sue intenzioni se mai ce ne fosse bisogno.

«Mia madre dovrebbe tornare tra mezz'ora» obietto.

Il suo sguardo diventa malizioso e mi posa un bacio umido sull'orecchio. Lo sento sorridere.

«Ma guarda che mezzora, per te, in questo stato, è un'eternità.»

Scoppio a ridere perché ha ragione. Non me lo faccio ripetere due volte e con uno scatto mi tiro su dal divano, mentre lui si sposta per farmi alzare. Lo prendo per mano, tirandolo verso di me e inizio a baciarlo, mentre ci spostiamo in camera.

Non facciamo in tempo a crollare sul letto che il citofono suona. Alex affonda la testa sulla mia spalla, contrariato, mentre io impreco in aramaico.

«Ma tua madre non ha le chiavi?»

«Le avevo chiesto di suonare» rispondo.

Alex resta interdetto. Quando vado al citofono, in effetti, è mia madre.

«Cazzo, ma così è come averle detto che stiamo insieme.»

«Tanto lo ha già capito.»

«No, dai, io vado via.»

«E perché? Mica ti interroga» scherzo.

Alex resta sulla porta della mia camera, in palese imbarazzo.

«Ciao ragazzi!»

Lui saluta con la solita formalità.

«Ciao, ma', noi stiamo in camera.»

«Sì, ok. Io ho da fare qui in cucina» mente, per darci tutta la nostra libertà.

«Ti senti a disagio?» gli chiedo, una volta sigillati in camera. Chiudo pure a chiave, non si sa mai.

«Eh, sì. Tu no?"

«No» dico aprendo la mia playlist e alzando il volume delle casse. Poi sorrido e lo bacio. Alex risponde al bacio, ma è teso.

«Dai, no, ci sente. Perché non mi dai il libro, invece?»

«Non ci sente, no, ho messo la musica apposta! Ma ok, va bene.» Lo assecondo per farlo stare tranquillo e gli prendo il libro che avevo già messo da parte. Ci ho messo un'eternità a scegliere il titolo, anche perché non conosco il suo rapporto con la lettura, né che gusti abbia. E forse è un po' troppo iniziare con Saramago, ma tant'è.

«Eccolo» dico, porgendoglielo.

«Cecità?» legge il titolo.

«Lo hai mai sentito?»

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